“Willow Project” negli Usa, le critiche degli ambientalisti

Leonardo Mamone
19/03/2023
Tempo di lettura: 5 minuti
Petrolio

Lo scorso 13 marzo negli Usa l’amministrazione di Joe Biden ha approvato il “Willow Project”, progetto destinato all’estrazione di petrolio nello Stato dell’Alaska.

L’azienda petrolifera ConocoPhillips intende infatti aumentare la produzione di petrolio nella già esistente area di trivellazione nel nord dell’Alaska (National Petroleum Reserve) di 95.506 chilometri quadrati; secondo la compagnia, grazie al progetto si potranno produrre fino a 180mila barili al giorno.

Le trivellazioni dell’azienda hanno avuto inizio nel 1999, successivamente all’acquisto della prima porzione di terreno nella riserva e sono state condotte investigazioni per la scoperta di nuovi pozzi petroliferi. Queste sono andate a buon fine e la nuova zona è stata chiamata “Willow”.

Nel 2018, il secondo anno dell’amministrazione Trump, sono state scoperti tre ulteriori pozzi petroliferi.

Inizialmente ConocoPhillips Alaska aveva proposto cinque siti di perforazione come parte del progetto, ma il Bureau of Land Management degli Stati Uniti (Ufficio per la gestione del territorio) ne ha approvati tre, riducendo dunque l’uso di acqua dolce ed eliminando tutte le infrastrutture relative ai due siti di trivellazione respinti: 18 chilometri di strade, 32 chilometri di oleodotti e 54 ettari di ghiaia.

L’ex vicepresidente americano Al Gore, ambientalista, ha definito una “scelta irresponsabile” l’autorizzazione delle trivellazioni, in quanto genereranno un inquinamento che “metterà a rischio non solo i nativi e altre comunità locali”. Inoltre tale scelta, secondo Al Gore, è incompatibile con l’ambizione di raggiungere un futuro a emissioni zero.

“Willow” ha naturalmente il sostegno dell’industria petrolifera e del gas, ma è duramente osteggiato dai gruppi ambientalisti, che vogliono abbandonare rapidamente i combustibili fossili per combattere il cambiamento climatico. Già in molti sui social si sono attivati per manifestare il proprio dissenso mediante una petizione online; in questi giorni circa un milione di lettere sono state inviate alla Casa Bianca chiedendo al presidente di riflettere in merito alla decisione presa.

L’utilizzo del petrolio di Willow produrrebbe l’equivalente di oltre 263 milioni di tonnellate di gas serra nei 30 anni di vita del progetto, all’incirca pari alle emissioni combinate di 1,7 milioni di autovetture nello stesso periodo di tempo. La decisione circa l’approvazione del progetto stride alquanto con le affermazioni di Biden durante il “Vertice dei leader sul clima” del 2021, durante il quale disse: “Gli i scienziati ci dicono che questo è il decennio decisivo in cui dobbiamo prendere decisioni che possono evitare le peggiori conseguenze della crisi climatica […] non basta lavorare per un’economia prospera ma anche giusta, pulita e sostenibile. L’America rappresenta il 15 per cento delle emissioni, e credo che noi che rappresentiamo le maggiori economie mondiali, dobbiamo dare il massimo […] Gli Stati Uniti non aspettano: agiremo non solo a livello di governo federale, ma anche nelle nostre città e nei nostri stati, nelle piccole e grandi aziende, in tutti i campi”.

Secondo le promesse del presidente, gli Stati Uniti avrebbero dovuto tagliare le emissioni tra il 50 e il 52 percento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005.

Vengono dunque meno le promesse fatte in campagna elettorale, quando ha annunciato che avrebbe fermato le trivellazioni su terreni statali, prevedendo di far diventare gli Stati Uniti un baluardo della lotta contro il cambiamento climatico.

L’indignazione verso il progetto appena approvato non viene solo dalle comunità dei nativi che risiedono in Alaska (Inupiat, Yupik, Aleut, Tlingit, Haida, Eyak e Tsimshian), ma anche da oltreoceano.

I nativi sono preoccupati per gli effetti del riscaldamento globale in quanto influisce sul loro stile di vita, ad esempio rendendo più difficile la caccia a balene, foche, trichechi e altri cibi tradizionali poiché cambia i modelli di migrazione dei mammiferi marini che dipendono sui flussi di ghiaccio; in più il diradamento del ghiaccio marino può causare la caduta di persone in acqua.

L’Inuit Circumpolar Council, un gruppo che rappresenta le popolazioni indigene dell’Artico, sostiene che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia per i loro diritti umani.

Per quanto riguarda la comunità globale in rete (su Change.org è stata lanciata una petizione che ha ormai raccolto quasi tre milioni di firme), soprattuto su TikTok girano numerosissimi video con l’hashtag #StopWillowProject. Inoltre sono state organizzate manifestazioni davanti alla Casa Bianca in segno di protesta.

La presidenza Biden ha risposto nei giorni scorsi di poter trovare una sorta di accordo approvando una versione rivisitata del progetto, con meno siti di trivellazione del previsto e promettendo di espandere le protezioni ambientali in altre zone dell’Alaska. Ciò, però, sembra non aver convinto i migliaia di ambientalisti che protestano soprattutto nel Paese.

I punti cardine della protesta sono tutti relativi ai possibili impatti sulla crisi climatica, sull’Artico e l’ambiente; reputano, infatti, che il progetto sia una “catastrofe” ecologica, poiché impatterà sulla tundra e le migrazioni degli animali, come i caribù, e rilascerà in atmosfera emissioni annuali equivalenti a 76 nuove centrali elettriche a carbone funzionanti in un solo anno. Inoltre, per realizzare il progetto serviranno nuove infrastrutture, dai ponti alle strade, che potrebbero danneggiare i già delicati equilibri degli ecosistemi artici.

FONTI

https://tg24.sky.it/mondo/2023/03/15/the-willow-project-cosa-e

https://apnews.com/article/alaska-oil-drilling-biden-environment-climate-c39147c8ae1797aab9cb27219bf92675

https://www.ilpost.it/2023/03/13/biden-stati-uniti-trivellazioni-petrolio-alaska/

https://en.wikipedia.org/wiki/Willow_project

Leonardo Mamone