Smart working: stop alla procedura semplificata

Vanessa Pompili
03/04/2024
Tempo di lettura: 3 minuti
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L’inizio di aprile ha segnato il ritorno dello smart working al regime ordinario regolato dalla legge n. 81/2017. Dal 1° aprile 2024, i lavoratori dipendenti non potranno più ricorrere alle semplificazioni previste, fino al 31 marzo, per i soggetti fragili e i genitori con figli under 14.

È il risultato della bocciatura dell’emendamento al decreto milleproroghe che chiedeva di estendere la procedura semplificata oltre fine marzo. Resta comunque possibile accedere allo smart working attraverso la stipula di accordi individuali tra azienda e lavoratori; potrà essere infatti concesso dal datore di lavoro in base a esigenze aziendali.

Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese si assestano a quota 3,585 milioni, registrando una leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022 e un aumento deciso (+541%) rispetto al periodo pre-Covid. Si stima inoltre che nel 2024 il numero di smart worker in Italia raggiungerà i 3,65 milioni.

Condizione principale per l’accesso allo smart working sarà proprio la sottoscrizione di un accordo individuale scritto tra le parti, mentre nella disciplina previgente era sufficiente una semplice e-mail.

Già a febbraio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva sottolineato che: “Superata la fase emergenziale, si è proceduto a un progressivo rientro in presenza e, dunque, alla riduzione del ricorso massivo all’utilizzo del lavoro agile, che da strumento emergenziale si è progressivamente riappropriato della sua reale natura di strumento organizzativo e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

È lo stesso ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che indica lo smart working come particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato, introdotta al fine di incrementare la competitività e di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

Secondo quanto previsto dalla normativa di riferimento, legge 81 del 22 maggio 2017, “i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità. La stessa priorità è riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata”.

I datori di lavoro devono garantire effettiva priorità a queste richieste per non rischiare eventuali “sanzioni indirette”, come l’impossibilità di richiedere la certificazione della parità di genere e l’accesso a bonus contributivi o bandi nazionali.

La comunicazione al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali deve avvenire a opera del datore di lavoro per via telematica con l’indicazione dei nominativi dei lavoratori interessati e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile.

Vanessa Pompili