Settore salumi e carni: bene l’export ma freno da inflazione e conflitto ucraino

Giampiero Castellotti
22/06/2022
Tempo di lettura: 11 minuti

I salumi si confermano un vero comfort food in questo periodo di incertezza. Ma se il 2021 ha visto una a ripresa dei consumi, sia in Italia (più 5,4 per cento in volume) che all’estero (export più 15,2 per cento a volume, più 12 per cento a valore) oltre che della produzione (più 7 per cento in volumi e più 6,2 per cento in valore), rispetto al 2020 sono cresciuti anche esponenzialmente i costi di produzione e le difficoltà del settore.

Le aziende del comparto sono oggi allo stremo: risultano fra le più colpite dai rincari, perché l’utilizzo di energia nei processi di lavorazione e conservazione è altamente impattante e a peggiorare le prospettive si sono aggiunti i casi di peste suina africana fra i cinghiali in Italia. Un fatto, questo, che sta danneggiando gravemente le esportazioni, sia in Europa che nei Paesi terzi, che durante il 2021 hanno rappresentato un traino fondamentale.

“Lo scorso anno abbiamo avuto ottimi segnali di crescita, come testimoniano le vendite in GDO e quelle on line; nonostante le mancate occasioni di consumo fuori casa abbiano ancora penalizzato la domanda interna rispetto ai livelli pre-pandemia, la disponibilità al consumo dei salumi si è attestata a 17 chili, corrispondente a un consumo medio reale pro capite di circa 11,3 chili/anno.

In forte aumento è risultata la domanda estera, che ha beneficiato della ripresa delle attività e delle minori restrizioni, rispetto al nostro Paese, adottate in diversi Stati partner sia all’interno della Ue sia fra i Paesi terzi, trainati dal boom degli invii verso gli Usa, che hanno registrato uno straordinario più 53 per cento in quantità e più 43,3 per cento a valore. – ha commentato Ruggero Lenti, presidente Assica durante la conferenza stampa di presentazione dell’assemblea annuale nell’ambito del Progetto “Trust Your Taste, Choose European Quality” co-finanziato dall’Unione europea. “Con l’incremento dei costi di produzione, la guerra in corso, i casi di peste suina africana sul territorio nazionale e i timori per nuove ondate del Covid-19 in autunno, lo scenario attuale desta serie preoccupazioni. Le aziende hanno finora retto, riducendo progressivamente i propri margini. È importante sottolineare infatti come l’incremento dei costi dei fattori produttivi e dei servizi non si sia tradotto in un incremento dei prezzi unitari dei salumi, che anzi hanno evidenziato nel 2021 un rientro rispetto all’anno precedente. L’incremento dei prezzi delle commodity e di tutti i costi di produzione è stato dunque assorbito dalle aziende del settore, ma l’aumento anche dei costi della materia prima ha determinato una situazione non più sostenibile. Per quanto riguarda l’impatto della peste suina africana sull’export, poi, i dati del primo trimestre evidenziano ancora una crescita, ma l’analisi dei mercati rivela che i Paesi Terzi che non applicano la regionalizzazione stanno registrando una battuta d’arresto: meno 27,6 per cento sia a volume sia a valore. Un dato che ci ricorda quanto sia urgente intervenire su questo fronte. In uno scenario sempre più incerto e volatile è necessario dunque percorrere nuove strade insieme alle Istituzioni per assicurare alle aziende la stabilità necessaria ad operare, investire e innovare. La crisi determinata dall’incremento delle commodity ci spinge ad accelerare sul fronte della sostenibilità energetica, ma i cambiamenti in atto sono tanti e vanno tutti governati. Il settore, come dimostrano i dati 2021, è vivo e reattivo: la qualità dei nostri prodotti è riconosciuta in Italia e sempre più apprezzata all’estero: dobbiamo quindi lavorare tutti insieme per difendere questo grande patrimonio del food Made in Italy.

I CONSUMI IN ITALIA
Il consumo apparente pro capite, considerato l’andamento della popolazione e la minore presenza dei turisti, si è attestato intorno ai 17 chili contro i 16,2 del 2020 (più 5,4 per cento) corrispondente a un consumo medio reale pro capite di circa 11,3 chili/anno. Nel 2021 tutte le principali categorie di salumi hanno evidenziato una crescita. I consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati, favoriti dal rimbalzo della domanda interna e dalla ripresa di quella estera, sono saliti a 222.400 tonnellate (più 6,1 per cento); quelli di prosciutto cotto sono tornati a quota 274.800 tonnellate (più 4,8 per cento). Sono risultati in aumento anche i consumi di mortadella e wurstel (più 4,2 per cento per 190.800 tonnellate) e quelli di salame attestatisi a 81.500 tonnellate (più 4,4 per cento). Hanno evidenziato un deciso recupero anche i consumi di bresaola saliti a 25.800 tonnellate dalle 24.200 dell’anno precedente (più 6,7 per cento) e quelli degli “altri salumi”, attestatisi a 219.800 ton (più 7 per cento).

La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,1 per cento del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,9 per cento da mortadella/wurstel al 18,8 per cento, dal salame all’8 per cento e dalla bresaola al 2,5 per cento. Chiudono gli altri salumi al 21,7 per cento.
Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente pro-capite è salito a 28,4 da 27,2 chili dell’anno precedente (più 4,4 per cento), corrispondenti a circa 18,8 chili/anno di consumo reale.

LA PRODUZIONE
Nel 2021, la produzione di salumi è tornata a crescere, dopo l’importante flessione registrata nel 2020 a causa della pandemia, e ha chiuso i dodici mesi attestandosi a 1,169 milioni di tonnellate da 1,093 del 2020 (più 7 per cento). In aumento è risultato anche il valore della produzione salito a 8.420 milioni di euro (più 6,2 per cento) da 7.927 milioni del 2020.

In merito ai singoli salumi, nel 2021, la produzione di prosciutti crudi stagionati, dopo la profonda flessione del 2020, ha evidenziato un robusto più 8,2 per cento attestandosi a 282.500 ton e un più 7 per cento in valore per 2.263 milioni di euro. Il rimbalzo dei prosciutti crudi è stato sostenuto da vari fattori: il ritorno della domanda interna su un sentiero di crescita, la forte ripresa della domanda estera per la categoria e la necessità di ricostituire le scorte dopo il difficile 2020 in cui la pandemia ne aveva determinato una forte contrazione. Deciso aumento anche per la produzione di prosciutto cotto, salita a 288.200 ton (più 6,3 per cento) per 2.026 milioni di euro (più 4,8 per cento). La quota di prosciutti crudi e cotti, prodotti leader del settore, ha evidenziato un lieve miglioramento in quantità rispetto all’anno precedente, attestandosi a 48,8 da 48,7 per cento del 2020, ma ha evidenziato una lieve flessione a valore, fermandosi a quota 50,9 da 51,1 per cento dell’anno precedente.

Trend positivo anche per la produzione di mortadella, salita a 163.800 tonnellate (più 4,3 per cento) per 710,2 milioni di euro (più 4,2 per cento) e per quella dei wurstel, arrivati a quota 60.800 ton (più 3,2 per cento) per un valore di 188,5 milioni di euro (più 0,6 per cento).

Nel 2021, la produzione di speck si è attestata a quota 33.600 ton (più 2,8 per cento) per un valore di 352 milioni di euro (più 1,6 per cento). In forte aumento è risultata anche la produzione di salame, attestatasi a 120.200 tonnellate (più 10,3 per cento) per un valore di 1.077 milioni di euro (più 8,6 per cento). Un contributo molto positivo alla crescita della categoria è arrivato dalla domanda estera cresciuta in modo significativo sia a volume sia a valore.

Ha registrato, invece, un andamento cedente la pancetta che nel complesso dei dodici mesi ha visto la produzione fermarsi a quota 45.800 tonnellate (meno 4,0 per cento) per un valore di 230,8 milioni di euro (meno 5,1 per cento). In calo anche la produzione di coppa con 39.000 ton. (meno 1 per cento) per 309 milioni di euro (meno 2 per cento). Molto bene, infine, la bresaola che ha chiuso l’anno con un più 8,9 per cento in quantità per 29.500 tonnellate e un più 7,1 per cento in valore per 473,9 milioni di euro.

IMPORT – EXPORT
Il 2021 è stato un anno ottimo per le esportazioni e ha segnato, secondo l’Istat, un nuovo record: 197.759 ton per un fatturato di 1.836 milioni di euro, registrando un aumento a due cifre sia a volume (più 15,2 per cento) sia a valore (più 12 per cento). Grazie a questo importante traguardo, le esportazioni dei salumi italiani hanno recuperato la flessione del difficile 2020 e hanno abbondantemente superato i livelli pre-pandemia, registrando un più 7,9 per cento in quantità e un più 15,6 per cento a valore rispetto al 2019.

Il saldo commerciale del settore ha registrato un più 15,7 per cento rispetto al 2020, salendo a 1.623 milioni di euro.

Per quanto riguarda le aree geografiche, hanno evidenziato una solida crescita sia le esportazioni verso l’Unione europea a 27 sia, soprattutto, quelle verso i Paesi terzi, trainate dal boom degli invii verso gli Usa. All’interno dell’Unione europea tutti i nostri principali partner commerciali hanno mostrato un aumento importante della domanda: nel complesso dei 12 mesi, le spedizioni verso i partner comunitari hanno evidenziato un più 13,6 per cento in quantità per 135.969 tonnellate e un più 10,4 per cento in valore per circa 1.207 milioni di euro. Ottimo 2021 anche per gli scambi con i Paesi extra UE che, con arrivi di salumi italiani per 61.790 tonnellate per un valore di 629 milioni di euro, hanno registrato un più 18,9 per cento a volume e un più 15,3 per cento a valore.

Tra i prodotti, nel 2021 sono tornate a correre le spedizioni di prosciutti crudi stagionati, che archiviano il difficile 2020 con un più 17,6 per cento in quantità e un +14,7 per cento a valore.

Importante risultato anche per le esportazioni di salami (più 18,9 per cento a volume e più 14,3 per cento a valore), di bresaola, (più 16 per cento in quantità e un più 14,3 per cento a valore) e soprattutto dei prosciutti cotti, che con invii per 22.058 tonnellate e 164,3 milioni di euro, chiudono l’anno con un più 23,9 per cento in quantità e con un +14,5% in valore e registrano la migliore performance fra le varie tipologie di salumi. Discreto il risultato di mortadella e wurstel (più 5,8 per cento a volume e più 4 per cento a valore) mentre gli invii di pancetta stagionata registrano un più 3,1% in quantità ma un meno 6,6 per cento a valore.

Nel primo trimestre del 2022, le esportazioni di salumi italiani hanno registrato ancora una crescita: più 5,4 per cento in quantità per un totale di 44.780 tonnellate e +9% in valore per 431,5 milioni di euro. Un dato importante che conferma l’apprezzamento per i nostri salumi e che avrebbe potuto essere ancora più robusto senza il freno rappresentato dalla PSA. Molto bene le esportazioni verso l’Unione europea: più 6,4 per cento per un totale di 31.323 tonnellate esportate e più 9,1 per cento per un fatturato di 291 milioni di euro. Perdono slancio, invece, le esportazioni verso i Paesi Terzi (più 3,1 per cento a volume e più 8,7 per cento a valore) che, nonostante gli ottimi risultati di USA (più 38,6 per cento a volume e più 38,4 per cento a valore) e Regno Unito (più 16 per cento volume e più 17,9 per cento a valore) scontano il rallentamento di molti altri importanti partner, in particolare i Paesi asiatici che non applicano con riferimento alla PSA il principio di regionalizzazione.

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“Trust Your Taste, Choose European Quality”, il progetto promosso da Assica con l’obiettivo di migliorare il grado di conoscenza e consumo consapevole dei prodotti agricoli Ue, attraverso la promozione della cultura produttiva della carne suina e dei salumi, valorizzando gli alti standard europei e la grande tradizione storica che contraddistingue questo comparto. Il Progetto ha durata triennale (2021-2024), si svolge in Italia e Belgio e gode del co-finanziamento dalla Commissione Europea nell’ambito del Regolamento (UE) 1144/2014 (Azioni di informazione e di promozione riguardanti i prodotti agricoli nel mercato interno).

Assica, Associazione industriali delle carni e dei salumi, è l’organizzazione nazionale di categoria che, nell’ambito della Confindustria, rappresenta le imprese di macellazione e trasformazione delle carni suine. Nel quadro delle proprie finalità istituzionali, l’attività di Assica copre diversi ambiti, tra cui la definizione di una politica economica settoriale, l’informazione e il servizio di assistenza ai circa 180 associati in campo economico/commerciale, sanitario, tecnico normativo, legale e sindacale. Competenza, attitudine collaborativa e affidabilità professionale sono garantite da collaboratori specializzati e supportate dalla partecipazione a diverse organizzazioni associative, sia a livello nazionale che comunitario. Infatti, sin dalla sua costituzione, nel 1946, Assica si è sempre contraddistinta per il forte spirito associativo come testimonia la sua qualità di socio di Confindustria, a cui ha voluto aderire sin dalla nascita, di Federalimentare, Federazione italiana delle Industrie Alimentari, di cui è socio fondatore, del Clitravi, Federazione europea che raggruppa le Associazioni nazionali delle industrie di trasformazione della carne, che ha contribuito a fondare nel 1957.

Giampiero Castellotti