Sanità, chi può paga, chi non può aspetta

Leonardo Mamone
04/07/2023
Tempo di lettura: 4 minuti
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Durante il biennio dell’emergenza Coronavirus, nel 2020 e nel 2021, sono state effettuate oltre 12,8 milioni di prime visite e 17,1 milioni di visite di controllo in meno rispetto al 2019.

Sebbene ciò sia già di per sé un problema, ci si aspetterebbe almeno che queste visite siano state recuperate, ma i dati dimostrano che ciò non si è verificato. Nel 2022 sono state effettuate 3,1 milioni di prime visite in meno rispetto al 2019 e 5,3 milioni di visite di controllo in meno.

Tali dati risultano analoghi in tutta Italia, ad eccezione della Toscana, unica regione con un livello positivo (dell’1 per cento), per quanto riguarda le prestazioni sanitarie erogate. Se da un lato la Toscana ha il punteggio “relativamente migliore” dall’altro la Provincia Autonoma di Bolzano detiene i numeri peggiori: 57,3 per cento di elettrocardiogrammi in meno e 60,1 per cento di visite oculistiche in meno rispetto al
2019.

Ciò che si vorrebbe ottenere per gli anni futuri sarebbe dunque di tornare almeno ai medesimi numeri del 2019. Questo traguardo appare alquanto difficile in realtà poiché il Covid ha ucciso 186 mila italiani, di cui la maggior parte affetti da malattie croniche, principali consumatori di sanità e in più molte prestazioni erano necessarie sul momento. In sintesi, tra i soggetti deceduti e coloro che non hanno più bisogno ad oggi di quelle prestazioni sanitarie programmate è difficile recuperare gli appuntamenti mancati, sia poiché risulterebbe inutile o infattibile in caso di coloro che hanno perso la vita durante la pandemia, sia per le interminabili file di attesa.

Assodato il mancato recupero delle prestazioni ci si focalizza su un altro dato non consolatorio, che dunque aggrava la situazione preesistente: l’aumento delle richieste di prestazioni mediche. Sempre in Toscana, unica regione a monitorare per sé questi dati, nel 2022 la richiesta di visite mediche risulta aumentata del 26 per cento, delle visite di controllo del 28 per cento e della diagnostica strumentale
del 17 per cento.

È comunque noto che tra la difficoltà della sanità pubblica italiana figurano certamente i lunghi tempi di attesa e comprenderne le cause aiuterà a risolvere il problema. È bene però anticipare che la situazione non è completamente analoga in tutto il Paese: regioni come la Lombardia sono, infatti, eccellenze nella sanità mondiale. Il giornale The Guardian, riguardo all’Italia, evidenzia che il nostro Paese è in Europa tra quelli in cui la lista di medicinali coperti dal servizio pubblico è tra le più complete in Europa. Il giornale ricorda però che, nonostante non sia richiesta, molti cittadini attivano un’assicurazione privata, soprattutto per saltare le liste di attesa negli ospedali pubblici; proprio riguardo quest’ultimi vi è una sostanziale differenza nell’efficienza tra strutture settentrionali e meridionali, sottolinea il periodico.

Si pensa che tra le cause principali e persistenti, che determinano una “lentezza cronica” degli ospedali vi siano i soldi mancanti e l’insoddisfacente numero di medici.

Per quanto riguarda il primo punto esso risulta abbastanza inverosimile poiché secondo la legge di Bilancio del 2021 sono stati messi a disposizione 500 milioni di euro, destinati ai lavoratori e alle strutture. D’altro lato la spesa pubblica però non sembra essere messa al servizio delle problematiche in quanto il rapporto spesa sanitaria/PIL nel 2023 scende a 6,7 per cento rispetto al 6,9 per cento del 2022, c’è però da evidenziare che in termini assoluti la previsione di spesa sanitaria è di 136.043 milioni di euro, dunque 4.319 milioni di euro in più rispetto al 2022 (più 3,8 per cento). Cartabellotta, noto medico e presidente della fondazione Gimbe, evidenzia che l’incremento nel 2023 è solo apparente: sia perché oltre due terzi (67 per cento) costituiscono uno spostamento al 2023 della spesa sanitaria prevista nel 2022 per il rinnovo contrattuale del personale dirigente, sia per gli effetti dell’inflazione, la quale si attesta a +più 5 per cento, un valore superiore all’aumento della spesa sanitaria che, invece, si ferma a più 3,8 per cento.

Questa situazione di lentezza grava su uno dei diritti principali del cittadino: la salute. Per molte patologie è noto che una diagnosi tempestiva incrementi le possibilità di guarigione, non c’è dunque da stupirsi che attualmente le prestazioni sanitarie, erogate in tempi brevi, inizino a diventare un bene per pochi: dunque chi può permetterselo paga e diminuisce i tempi “in fila”, chi non può invece attende. Proprio secondo gli ultimi dati della Ragioneria generale dello Stato, la spesa che gli italiani sostengono di tasca propria per curarsi è in crescente aumento, in quanto considerando si è passati dai 34,85 miliardi di euro del 2019, ai 37 miliardi del 2021.


FONTI
https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/sanita-liste-d-attesa-visite-ed-esami-ecco-perche-
sono-sempre-piu-lunghe/316d104e-a573-11ed-80b7-8ecdec86f310-va.shtml
https://www.theguardian.com/society/2016/feb/09/which-country-has-worlds-best-healthcare-system-
this-is-the-nhs
https://www.quotidianosanita.it/studi-e-
analisi/articolo.php?articolo_id=113015#:~:text=Il%20rapporto%20spesa%20sanitaria%2FPIL,2022
%20(%2B3%2C8%25).

Leonardo Mamone