Presentato il Rapporto annuale sul turismo dell’olio 2023

Nataliya Bolboka
10/04/2024
Tempo di lettura: 5 minuti
ulivo, oleoturismo

È stato presentato nei giorni scorsi, in occasione della 32esima edizione del Concorso nazionale Ercole Olivario, dedicato alla valorizzazione dell’extravergine d’oliva, il Rapporto annuale sul turismo dell’olio 2023. Con circa un milione di imprese, oltre 250 milioni di piante, più di 550 varietà diverse e 43 Dop riconosciute, il valore della produzione olivicola sfiora i due miliardi di euro l’anno.

Prodotto dai grandi benefici per la salute, la cura della persona e il benessere generale, l’olio extravergine di oliva viene utilizzato non solo in cucina, ma anche in spa, centri benessere e prodotti estetici. Da qui la diffusione dell’oleoturismo, esperienza ancora poco pratica ma che sta prendendo sempre più piede e soprattutto con ampi margini di crescita.

Il report analizza quindi la capacità attrattiva del comparto e le best practice individuate tra le aziende italiane che hanno avviato un progetto di accoglienza turistica. In base ai dati il 15 per cento dei turisti italiani ha già preso parte, negli ultimi tre anni, alla visita in un’azienda olearia, percentuale che sale al 19 per cento nel caso del turista orientato alle esperienze enogastronomiche.

In particolare, si tratta dell’11 per cento della fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni e solo il 10 per cento della fascia tra i 25 e i 34 anni, mentre tra gli over 65 anni la percentuale sale al 23 per cento. Allo stesso tempo emerge un forte appeal dell’olio extravergine, dei suoi luoghi di produzione e della sua cultura. Patrimonio importante da mettere a frutto nei prossimi anni.

“Questi dati colpiscono se confrontati coi dati di interesse che abbiamo mappato, che dimostrano una potenzialità di sviluppo davvero altissima, con l’offerta che può pensare di diversificarsi in base agli interessi degli italiani – ha spiegato la professoressa Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto. – “La leva principale che spinge il turista a prendere in considerazione una visita in frantoio o in azienda olivicola è la shopping/tasting experience: il 72 per cento degli intervistati vorrebbe acquistare il prodotto a prezzi interessanti (74 per cento tra i turisti enogastro) e il 70 per cento amerebbe degustare l’olio e le differenti tipologie prodotte in azienda in abbinamento a prodotti e cibi del luogo (72 per cento tra i turisti enogastro).

Molto consistenti anche le risposte legate alle esperienze di turismo attivo: il 70 per cento vorrebbe vedere come si produce l’olio, il 64 per cento desidera partecipare alla raccolta delle olive e il 65 per cento sogna una cena a lume di candela tra gli oliveti. Inoltre, il 57 per cento amerebbe provare dei centri benessere che offrono trattamenti legati all’olio e il 70 per cento vorrebbe provare, al ristorante, diverse tipologie di olio in abbinamento ai vari piatti degustati durante la cena.

Da evidenziare, infine, il forte collegamento tra olio e patrimonio storico italiano: il 73% per cento dei turisti enogastronomici vorrebbe visitare un frantoio storico, il 72 per cento ambirebbe al soggiorno in una dimora storica con oliveto e orciaia al proprio interno e il 59 per cento vorrebbe poter visitare un museo nazionale dedicato all’olio extravergine di oliva”.

“Il turismo dell’olio è una grande opportunità per dare ‘valore’ al prodotto finito olio extravergine di oliva.  Dobbiamo raccontare l’olio e far percepire il plus di valore che l’olio extravergine di oliva ha, non solo in quanto alimento nutraceutico, ma anche e soprattutto per i valori che interpreta e rappresenta: paesaggio, ambiente, storia, cultura, biodiversità con le oltre 550 cultivar che rappresentano oltre il 40 per cento della biodiversità a livello globale, un patrimonio di inestimabile valore che dobbiamo valorizzare e salvaguardare”, ha commentato Michele Sonnessa, presidente di Città dell’olio.

“Il turismo dell’olio è anche un’opportunità di rilancio di luoghi e comunità, quali le Città dell’olio italiane. Per noi l’olivo è il simbolo della difesa di uno stile di vita e di una battaglia per la sopravvivenza dei nostri paesi. Le oltre 480 Città dell’olio italiane sono per lo più piccoli comuni, sotto i 5.000 abitanti, per il 90 per cento situate nelle aree interne, che vivono una situazione paradossale di abbandono olivicolo, ma anche di abbandono urbano, perché l’economia locale non ce la fa a sostenere la sopravvivenza delle persone in questi territori. Difendere l’olivo in questi territori vuol dire preservare la presenza umana. 

Fenomeni di abbandono delle olivete (il 30 per cento in Toscana, il 60 per cento in Liguria sono gli unici dati certi che abbiamo, ma sono tuttavia significativi) si traducono in paesaggi che perdono la loro valenza. Per fare questo abbiamo costituito un Tavolo interdisciplinare di lavoro con esperti accademici e mondo della produzione per lavorare insieme per una Legge nazionale di contrasto all’abbandono olivicolo. Perché il turismo dell’olio non può prescindere dal paesaggio”, ha dichiarato il presidente Sonnessa.

“La presentazione del Rapporto 2023 conferma che l’oleoturismo è un importante strumento di crescita per le imprese della filiera. I flussi di turisti sempre più attenti alla sostenibilità ambientale, alla tutela del paesaggio, ad una sana alimentazione, possono trovare proprio nelle imprese olivicole esperienze che richiamano questi valori, legate all’olio evo di qualità”, ha affermato Nicola Di Noia, direttore di Unaprol e amministratore unico della Fondazione Evooschool.

Concludendo: “Per cogliere queste opportunità occorre un cambio culturale. Bisogna formare nuovi professionisti del settore, in grado di lavorare sull’accoglienza dei clienti, sullo sviluppo di nuovi servizi e di utilizzare le nuove tecnologie. La formazione è una delle leve principali per chi vuole approcciare allo sviluppo dell’oleoturismo”.

Nataliya Bolboka