PopulaRise, la start up che ha ripensato l’influencer marketing

Nataliya Bolboka
07/02/2024
Tempo di lettura: 6 minuti

I social network e l’avvento degli influencer

Tra storie, reel, caroselli e selfie, i social network sono ormai parte integrante della nostra quotidianità. Li “scrolliamo” mentre facciamo la fila alla cassa, aspettiamo l’autobus, viaggiamo in treno, prima di andare a letto, e perfino mentre mangiamo. Secondo il report “Digital 2023” di We are social, in Italia ogni giorno passiamo in media un’ora e 48 minuti su queste piattaforme. In tale contesto c’è una figura che con i social media ha fatto la sua fortuna: l’influencer, ovvero un personaggio popolare in grado di influenzare l’opinione pubblica. In realtà, seppur con nomi diversi, è sempre esistito.

Gli influencer, infatti, non sono altro che esperti, persone famose o considerate autorevoli in un certo ambito che, in quanto tali, hanno il potere di orientare gusti e costumi delle masse. Se vogliamo i primi esempi di questa figura si possono riscontrare negli antichi oratori, ma anche nei caposcuola di una particolare corrente artistica, filosofica o letteraria, fino ad arrivare alle più moderne icone di stile o ai cosiddetti “opinion leader”. Di fatto, tutti questi possono essere considerati precursori degli attuali influencer.

La differenza principale è che i social, permettendo di raggiungere gruppi sempre più numerosi di persone, ne hanno amplificato enormemente la sfera di influenza. Ha così preso piede una nuova forma di pubblicità, l’influencer marketing, che si avvale di queste figure per influenzare comportamenti e scelte di acquisto dei potenziali consumatori, dietro compenso o in cambio di prodotti. Ovviamente platee di pubblico più ampio, consentono ricompense maggiori, motivo per cui gli influencer hanno iniziato una spasmodica ricerca di follower, che non di rado ha portato qualcuno a prendere delle scorciatoie, pagando pur di raggiungere grandi numeri. Le aziende, d’altronde, non sono state da meno, salvo poi realizzare che follower finti, propri o dell’influencer di turno, non generano alcun ritorno economico. A ciò si aggiungono poi i problemi legati al coinvolgimento di queste personalità in scandali di vario genere, basti pensare alla Ferragni che negli ultimi mesi ha fatto molto parlare di sé.

Come sta cambiando il panorama degli influencer

Come sottolinea Andrea Croce, ceo e founder di PopulaRise, start up che ripensa l’influencer marketing, i brand si sono accorti già da tempo che “risultano molto più performanti i micro-influencer, piuttosto che le grandi celebrità” o gli influencer “dai numeri pompati”. Oggi “c’è un ritorno generale all’autenticità della collaborazione nella comunicazione” e si sceglie “di puntare più su persone comuni, con meno visibilità di massa, ma che riescono a convincere delle community fortemente fidelizzate – spiega. “Ci sono ormai migliaia di micro-influencer che parlano di tematiche specifiche in vari ambiti e sempre più le aziende vanno alla ricerca di queste figure. Chiaramente, però, non essendo così popolari, sono più difficili da scovare”.

In tal senso PopulaRise costituisce un’evoluzione di questo concetto e allo stesso tempo mette in contatto i brand con potenziali ambassador.

Andrea Croce, popularise
Andrea Croce, ceo e founder PopulaRise

PopulaRise, un nuovo influencer marketing

Fondata nel 2021, PopulaRise è una start up che permette a persone comuni di partecipare a campagne di influencer marketing e propone una nuova di forma di comunicazione cliente-centrica.

Il progetto è nato dall’idea “di scomporre le impression generate da un grande influencer, come Chiara Ferragni, e realizzarle non con un singolo, ma con la community”, spiega Andrea Croce, intervistato dalla redazione di Infoimpresa.

Nel 2022 l’azienda è stata selezionata da Nana Bianca, maggior acceleratore italiano, tra oltre 250 start up nella competizione Italian Lifestyle. Grazie a questa esperienza PopulaRise ha potuto affinare ulteriormente la piattaforma. Essa consiste in un software che permette ai brand di gestire campagne che coinvolgono direttamente i loro clienti, trasformandoli in ambassador. In questo modo, consumatori già fidelizzati che hanno acquistato i prodotti dell’azienda e li apprezzano, vengono incentivati a consigliarli ad amici e parenti. “È una forma di pubblicità molto più genuina, autentica e credibile”, continua il manager.

Al contrario dell’influencer marketing tradizionale in cui l’azienda regala i propri prodotti o dà un compenso economico affinché vengano consigliati, in questo caso il processo è inverso. “Trovarsi bene con il prodotto è uno step obbligato” e il suggerimento all’acquisto è molto più efficace perché viene da una persona della propria cerchia e di cui ci si fida.

La partecipazione al Global start up program

Global start up program, Andrea Croce, Popularise
Aperitivo con Damiano Bolzoni, Global start up program

L’innovatività del progetto è valsa a PopulaRise la selezione alla quarta edizione del Global start up program, promosso dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, dall’Ice, Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, e Italian start up. Il programma consiste in un percorso integrato di sviluppo all’estero riservato a startup italiane impegnate nello sviluppo d’innovazioni di prodotti o di servizi. L’obiettivo è rafforzarne le competenze tecniche, organizzative e finanziarie per affrontare nuovi mercati.

Durante il percorso di due mesi, le start up vengono coinvolte in attività di mentoring, eventi di networking, incontri con investitori e corporate, per accrescere le loro capacità di sviluppo professionale. Andrea Croce è volato così a Los Angeles dove, presso la sede Plug and Play nella rinomata Silicon Valley, sta venendo in contatto con il mondo imprenditoriale americano. Il Global start up program è “una grande palestra”, che sta permettendo a Croce di vedere come agiscono le start up americane e di conoscere da vicino la cultura del “fail fast”, che vede il fallimento in un’accezione positiva, come motore di miglioramento. Gli Stati Uniti, inoltre, possiedono una cultura imprenditoriale molto forte, dove ragazzi giovanissimi, a 17/18 anni sono già pronti a fondare la propria azienda. “Probabilmente l’Italia avrebbe bisogno di entrare in quest’ottica e cominciare anche noi a metterci in gioco, per partire fin da giovani – commenta il ceo di PopulaRise. Grazie a mentorship e consulenze per affinare il modello di business, quella in America è per PopulaRise un’esperienza davvero educativa, grazie alla quale conoscere e confrontarsi con realtà simili, cercare partner locali per rendere disponibile il software anche negli Stati Uniti e, più in generale, fare networking in una prospettiva futura.

Un consiglio per le start up italiane

Il consiglio di Andrea Croce per le start up italiane, quindi, è quello di cogliere le opportunità offerte da enti come Ice e, allo stesso tempo, sfruttare appieno il mercato italiano per validare il proprio sistema. Trattandosi di un mercato più piccolo e meno competitivo rispetto, per esempio, a quello americano, può costituire un’ottima cabina di prova. In questo modo, una volta validato in Italia, il sistema avrà più possibilità di suscitare l’interesse di investitori esteri.

Nataliya Bolboka