Parità di genere, è da migliorare per due terzi delle lavoratrici

Giampiero Castellotti
07/03/2024
Tempo di lettura: 3 minuti
Donna

Flessibilità, personalizzazione della carriera e maggiore allineamento tra lavoro e priorità personali. Ma anche miglioramento delle politiche di inclusione sul posto di lavoro. È quanto emerge dalla ricerca “The Age of Adaptability” di ManpowerGroup che analizza i principali trend del lavoro a livello globale.

Un fenomeno che interessa anche le donne, con l’85% delle lavoratrici che vuole poter scegliere la modalità di organizzazione del lavoro che più si adatta alle proprie esigenze e solo il 7% disponibile a un’occupazione a tempo pieno che escluda il remote working.

Secondo lo studio, infatti, i tre aspetti più richiesti dai candidati sono la settimana lavorativa di quattro giorni (per il 64%), la libertà di scelta dell’orario di inizio e fine lavoro (45%) e la possibilità di lavorare da casa (35%), con solo l’8% delle donne che dichiara, tuttavia, di volerla come modalità esclusiva di lavoro.

Attualmente, le donne rappresentano la metà della popolazione attiva a livello mondiale. In soli tre anni dallo scoppio dalla pandemia, i livelli di occupazione femminile sono tornati a quelli pre-Covid, con un’inversione di rotta rispetto alla “Shecession”, che comportò in periodo pandemico l’abbandono dell’ambiente lavorativo per milioni di donne. Dati positivi che si scontrano però con una bassa presenza femminile in posizioni apicali: meno di un terzo dei ruoli dirigenziali e di leadership, infatti, sono rosa. 

Una carenza di diversità, dunque, che oltre a limitare il potenziale di crescita delle organizzazioni – le aziende con alti livelli di diversity hanno avuto il 39% di probabilità in più di performare meglio rispetto a quelle con scarsi livelli di DEIB (“Diversity, equity, inclusion, and belonging”) – fatica ancora a essere percepita dai leader delle stesse. Il 68% dei dirigenti, infatti, afferma che la propria azienda offre un ambiente inclusivo, ma soltanto il 36% dei loro lavoratori è d’accordo

Alla scarsa rappresentanza in ruoli di potere si aggiunge poi un gap di genere nei settori tecnologici e informatici, dove meno di un terzo della workforce mondiale è rappresentato da donne e in Italia la situazione è ancora più grave: nell’ITC le donne sono il 16% (dato Eurostat), e siamo tra gli ultimi paesi in Europa per inclusione femminile in questo settore (la media europea è del 19%). Se si considera, tuttavia, che lo sviluppo tecnologico e dell’intelligenza artificiale è uno dei principali trend a cui guarda il mondo del lavoro, la forza lavoro femminile se priva delle competenze necessarie rischia di rimanere esclusa dalle posizioni attualmente più ricercate e in crescita.

La fotografia che ci restituisce la ricerca “The Age of Adaptability” vede le donne come portabandiera della “Me economy”, un fenomeno che insieme ai cambiamenti demografici e al progresso tecnologico, sta plasmando un nuovo modello lavorativo in cui al centro ci sono i bisogni individuali delle persone -dichiara Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup“Le donne, sempre più determinate a far sentire la propria voce nel mercato del lavoro in materia di flessibilità, retribuzioni e carriera, rappresentano anche il vero traino della workforce attuale e futura. Dati incoraggianti, dunque, ma da leggere alla luce delle due grandi sfide – la sottorappresentazione femminile nei ruoli di leadership e il gap di genere in ambito tecnologico – che interessano e interesseranno sempre più da vicino le aziende. Creare ambienti di lavoro più aperti e inclusivi è solo una parte della soluzione che passa anche dal garantire e dall’offrire alle donne l’accesso alle competenze chiave per entrare nei settori più ad alto sviluppo, come quelli tecnologici e dell’intelligenza artificiale, che guideranno il futuro mercato del lavoro. Dobbiamo intervenire oggi per cambiare il mondo del lavoro di domani.”

Giampiero Castellotti