L’Unione europea ha approvato l’AI act: i commenti

Giampiero Castellotti
15/03/2024
Tempo di lettura: 3 minuti
Ai

Mercoledì scorso il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva l’AI Act, disegno di legge che apre la strada all’entrata in vigore, nel corso dell’anno, delle prime norme che regolano l’Intelligenza artificiale a livello mondiale. L’AI Act dovrebbe diventare legge ufficiale entro la metà del 2024, dopo l’approvazione da parte degli Stati membri dell’Unione europea. Le sue misure saranno introdotte gradualmente nell’arco di due anni.

“Questa complessa e ricca norma è incentrata sulla sicurezza dei consumatori valutando i sistemi di IA in base al rischio che possono avere sui diritti dei cittadini: le applicazioni più rischiose sono soggette a maggiori controlli o a veri e propri divieti – spiega su Avvenire padre Paolo Benanti, tra i maggiori esperti della materia in Italia. “La legge vieta alcuni usi specifici dell’IA come la polizia predittiva, il riconoscimento delle emozioni nelle scuole e nei luoghi di lavoro, i sistemi di punteggio sociale e il riconoscimento facciale a distanza da parte della polizia (in quest’ultimo caso esiste un’eccezione nella prevenzione dei crimini gravi). L’approvazione dell’AI Act non è soltanto un fatto storico ma un momento esemplare di un’Europa che vuole mettere al centro la dignità umana”.

Antonino Caffo è tra i giornalisti più esperti della materia. Intervistato da Rainews ricorda innanzitutto che “le prime bozze della legge si concentravano sui sistemi di intelligenza artificiale che svolgevano compiti strettamente limitati, come la scansione di curriculum e domande di lavoro”. Aggiunge, quindi, che “la sorprendente ascesa dei modelli di intelligenza artificiale per scopi generali, esemplificata da ChatGPT di OpenAI, ha spinto i politici a lottare per tenere il passo. Hanno aggiunto disposizioni per i cosiddetti modelli di intelligenza artificiale generativa, la tecnologia alla base dei sistemi di chatbot che può produrre risposte, immagini e altro ancora uniche e apparentemente realistiche. Gli sviluppatori di modelli di intelligenza artificiale per scopi generici, dalle startup europee a OpenAI e Google, dovranno fornire un riepilogo dettagliato di testo, immagini, video e altri dati su Internet utilizzati per addestrare i sistemi e rispettare la legge sul copyright dell’Unione europea”.

L’avvocato Andrea Lisi, esperto di digitalizzazione, privacy e diritto dell’informatica e presidente di Anorc Professioni, evidenzia come l’AI Act nasca intimamente collegato al GDPR nell’obiettivo primario “di proteggere i diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e la sostenibilità ambientale dai sistemi di IA, promuovendo nel contempo l’innovazione. E molte norme del GDPR, come l’articolo 22 dello stesso, ne hanno anticipato lo spirito. Alla base di queste normative c’è un principio fondamentale: l’accountability. Il nostro futuro digitale dipenderà da come verrà alimentato, garantito e interpretato tale principio”.

Secondo l’esperto, in particolare, “se dovesse essere burocratizzato e svuotato il principio di accountability, inteso come principio di (auto-) responsabilizzazione documentata, delegando alle Authority un pieno, minuzioso e sostanziale ruolo di regolamentazione secondaria, i rischi saranno altissimi. Secondo Lisi infatti, ciò potrebbe paralizzare in Europa lo sviluppo tecnologico – già attualmente con il freno a mano tirato – in ambito di IA e digitalità. Inoltre – continua l’esperto – occorre fare particolare attenzione nel porre argini stringenti ai processi di innovazione digitale perchè i divieti in ambito tecnologico sono (quasi) sempre pericolosi quanto i pericoli che vorrebbero evitare. Così come vanno sempre bilanciati bene gli organismi indipendenti di normazione e controllo che vengono inseriti nei nostri processi democratici. La valorizzazione dei dati sarà una conquista lenta e non ovvia – conclude l’esperto.

Ad ogni modo, l’approvazione dell’AI Act rappresenta un passo fondamentale per l’ordinamento Ue, senza dimenticare, però, l’importanza e la valorizzazione dei dati che devono essere messi al centro del futuro digitale europeo.

Giampiero Castellotti