L’importanza delle foreste periurbane

Giampiero Castellotti
03/04/2024
Tempo di lettura: 3 minuti
Mancuso
Stefano Mancuso

La Fondazione per il Futuro delle Città, insieme all’Università di Firenze e all’Università Cà Foscari di Venezia ha lavorato ad uno studio che dimostra la capacità delle vaste aree periurbane del pianeta di ospitare tra i 106 e i 241 milioni di alberi.

Lo studio, pubblicato in anteprima su Nature Cities, è stato condotto da un gruppo di esperti, coordinati da Stefano Mancuso, scienziato e botanico di fama internazionale, nonché professore presso l’Università di Firenze e direttore scientifico della Fondazione per il Futuro delle Città.

Ciò che emerge dalla ricerca è che le vaste aree periurbane del pianeta, transizione tra le periferie e la campagna, spesso degradate o inutilizzate, potrebbero ospitare tra 106 e 241 milioni di alberi. Escludendo le aree attualmente coltivate, potrebbero trovare spazio foreste periurbane con una quantità stimata tra i 34 e 101 miliardi di alberi.

Quanto descritto determinerebbe molteplici benefici, tra cui la riduzione delle emissioni di CO2, il miglioramento della qualità dell’aria e conservazione della biodiversità.

Utilizzando dati satellitari, il gruppo di ricerca formato da Stefano Mancuso, Saverio Francini, Gherardo Chirici, Leonardo Chiesi, Paolo Costa e Guido Caldarelli, è riuscito a identificare con una risoluzione di soli 500 metri e a livello globale le aree disponibili in una fascia di 10 chilometri dalle città. Emerge quindi come soli 20 Paesi potrebbero ospitare il 78% delle foreste periurbane.

Il progetto elaborato dalla Fondazione per il Futuro della città condurrebbe a risultati concreti nella lotta agli effetti del cambiamento climatico.

Nell’anno 2023 si sono registrate le temperature più alte di sempre, oltre a estensioni minime del ghiaccio marino antartico, e un aumento degli eventi climatici estremi in tutto il mondo, inclusa l’Italia, con ondate di caldo, inondazioni, siccità e incendi.

“Per contrastare il riscaldamento globale, la soluzione teoricamente è semplice: ridurre le emissioni di gas serra, in particolare di CO2, e al contempo assorbire il surplus di CO2 dall’atmosfera” – afferma Stefano Mancuso, che continua: “Tuttavia, ridurre le emissioni comporta profondi impatti economici e richiede tempo, oltre che un impegno globale che al momento è difficile da garantire. D’altra parte, l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera tramite la riforestazione non presenta ostacoli tecnici significativi e può offrire enormi benefici ambientali e occupazionali”.

La proposta di piantare mille miliardi di alberi, accettata al G20 del 2021, dunque, potrebbe giocare un ruolo chiave nella lotta al cambiamento climatico, con numerosi co-benefici.

Informazioni su Stefano Mancuso
Stefano Mancuso è professore ordinario di Arboricoltura generale e Fisiologia vegetale presso l’Università degli Studi di Firenze. È il fondatore e il direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV), con sedi a Firenze e a Kitakyushu. Riveste un ruolo di pioniere nei settori della biologia vegetale, della tecnologia e innovazione vegetale, e si può affermare con sicurezza che sia uno degli scienziati più autorevoli nel suo campo a livello mondiale. Nel 2002 è stato insignito del Premio europeo per l’Innovazione e la Ricerca. Nel 2007 è stato segnalato come Esperto internazionale di conoscenze tradizionali per lo sviluppo sostenibile – UNCCD (Convention delle Nazioni Unite contro la desertificazione). Nel 2010 è stato il primo scienziato italiano ad essere invitato come speaker in un TED Global a Oxford, e nel 2011 Stefano Mancuso e le sue idee sono stati selezionati per il Bright Green Book delle Nazioni Unite. Nel 2013 il New Yorker lo inserisce nella classifica degli “world changers”. È autore di pluripremiati testi sulle piante, dal best seller “Verde brillante”, tradotto in 19 lingue, a “Plant revoluztio” vincitore del Premio Galileo, alla “Nazione delle piante”, all’ultimo “Fitopolis, la città vivente”.

Giampiero Castellotti