La stima dei danni in Romagna

Domenico Mamone
16/06/2023
Tempo di lettura: 4 minuti
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Il Duomo di Ravenna

Dell’alluvione che ha danneggiato una parte rilevante della Romagna ormai si parla poco a livello nazionale, benché ancora tante persone non siano rientrate nelle proprie abitazioni, rese inservibili dalla furia delle esondazioni dei fiumi. È la legge della cronaca: qualche giorno di grande attenzione e poi il nulla.

Eppure l’ennesimo fenomeno collegato al meteo ha nuovamente acceso interrogativi su come affrontare i cambiamenti climatici in atto e sulla necessità di “attrezzarci” per convivere con trasformazioni ambientali ormai innegabili. Tema che non può essere affrontato ad intermittenza, unicamente all’indomani delle tragedie. In fondo anche le temperature di maggio e giugno, decisamente sotto la media del periodo, indicano un’anomalia rilevante.

Per comprendere quanto tutto ciò possa avere rilevanza anche economica, è sufficiente soffermarci sulla stima dei danni.

Nelle scorse ore, infatti, una delegazione della regione Emilia-Romagna è stata ricevuta dal governo. Ne facevano parte il presidente della regione Stefano Bonaccini, l’assessora Irene Priolo, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale (in rappresentanza dell’Unione Province Italiane) e il sindaco di Cesena Enzo Lattuca, in rappresentanza dell’associazione dei comuni italiani (Anci). Le istituzioni locali hanno presentato il conto: una prima stima dei danni causati dall’alluvione è stata fissata in complessivi otto miliardi e 860 milioni. Quasi la metà dei danni – 4,3 miliardi di euro – riguarda gli argini dei fiumi e dei canali, nonché le strade e le infrastrutture pubbliche. Un’altra quota riguarda i danni segnalati da cittadini e aziende, intorno a 1,2 miliardi di euro, ma con tendenza al rialzo. L’altro settore in ginocchio è quello agricolo: le aziende coinvolte sono 12mila per 1,1 miliardi di euro tra perdita di produzione, terreni e animali morti.

Finora sono stati impegnati 1,8 miliardi di euro per i primi interventi, ben 6.300 quelli previsti o già in cantiere.

L’Emilia-Romagna, si sa, è una delle regioni più dinamiche e ricche del nostro Paese. Lasciarla “azzoppata” avrebbe ripercussioni in tutto lo Stivale. Ecco perché tutti gli interventi sono necessari e urgenti. L’efficienza degli emiliani-romagnoli è già emersa all’indomani del terremoto che colpì la zona di Mirandola, con problematiche risolte in tempi relativamente brevi. Ora anche la stima è stata effettuata in tempi-record per cui si spera che l’attenuazione del dramma sia immediata.

La regione ha chiesto al governo anche un sostegno economico per assumere nuovo personale: almeno 70 tra progettisti e direttori dei lavori per gli interventi urgenti di ripristino delle opere idriche, altri 80 per interventi contro il dissesto idrogeologico e il ripristino delle strade provinciali e comunali.

«I primi 230 milioni di euro messi a disposizione li abbiamo già spesi – ha detto il presidente Bonaccini. «E anche sui rimborsi, vanno garantite subito famiglie e aziende: abbiamo avviato d’intesa con la Protezione civile nazionale il percorso per fare arrivare rapidamente i primi 5 mila euro, con un primo acconto di 3mila già entro metà luglio, ma ora sono necessari oltre 500 milioni per le imprese per i primi acconti da 20mila euro».

Il governo sta già finanziando i primi interventi per la messa in sicurezza dei fiumi e per il ripristino delle strade danneggiate dalle frane e dalle esondazioni. La sfida è quella di passare dall’emergenza ad una ricostruzione ben pianificata.

Resta ancora aperta la questione della nomina del commissario straordinario, figura essenziale in questi casi in quanto ha poteri speciali per un periodo limitato di tempo, agendo in deroga ad alcune norme (ad esempio in materia di contratti pubblici) così da accelerare determinate e vitali operazioni.

Come Unsic non verrà mai meno l’attenzione sul processo di ripartenza di un territorio dove il nostro sindacato è presente con numerosi uffici.

Domenico Mamone