John Cook: “La mia battaglia contro i negazionisti climatici”

Giampiero Castellotti
16/11/2023
Tempo di lettura: 6 minuti
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John Cook, 52 anni, australiano, senior research fellow presso il Melbourne centre for behaviour change dell’Università di Melbourne e professore al Center for climate change communication della George Mason University, è un punto di riferimento internazionale sul tema del cambiamento climatico. È noto soprattutto per Skeptical Science, un blog sulla scienza e sulla politica climatica, da lui fondato nel 2007, che mira in particolare a denunciare la disinformazione sul tema. I suoi lavori, tra cui diversi saggi, sono stati citati da Barack Obama e dall’ex primo ministro britannico David Cameron. Nel 2015 ha promosso un corso online presso l’Università del Queensland sulla negazione della scienza del clima che ha raccolto oltre 25mila iscrizioni.

È stato lui il protagonista dell’incontro “Clima, news e fake news. Orientarsi nella crisi climatica tra scienza e informazione” svoltosi presso il Wwf a Roma e che ha chiamato a raccolta numerosi esperti della materia.

John Cook

“Ho iniziato ad occuparmi del tema a causa delle discussioni con mio suocero che negava i cambiamenti climatici. Incuriosito, ho cominciato a studiare le fonti dei suoi argomenti e da lì è nato il mio dottorato di ricerca sul tema e la mia carriera – ha raccontato Cook. “Con il tempo, al negazionismo si sono affiancate vere e proprie campagne di disinformazione che hanno nella semplificazione il punto di forza e nel web lo strumento principale di penetrazione. Per contrastarle, pur nella complessità, occorrono pensiero critico e autorevolezza delle fonti”.

Cook ha illustrato il suo acronimo “Flicc”, che nasce dal fatto che tutti i negazionisti utilizzano le stesse tattiche retoriche per seminare confusione, per cui ha riassunto cinque tecniche di negazione: falsi esperti, errori logici generali, aspettative impossibili (dette anche “pali mobili”), selettività (“raccolta di ciliegie”) e teorie della cospirazione. All’interno di queste tipologie ha definito 35 tecniche con esempi pratici, come “Ad Hominem”, attaccare invece di affrontare le argomentazioni, o l’uso di un linguaggio ambiguo, o ancora l’ancoraggio ad un’informazione iniziale per formulare giudizi (“2,2 milioni di persone potrebbero essere morte a causa del Covid-19, quindi mantenerlo a soli 130.000 decessi è un buon lavoro”) o l’aneddoto personale (“Fa freddo oggi: che fine ha fatto il riscaldamento globale?”).

L’esperto ha quindi illustrato alcuni suoi lavori sulla disinformazione sui cambiamenti climatici, tra cui uno recente che prende in esame Twitter (http://sks.to/augmentedcards).

Paola Mercogliano

Paola Mercogliano, docente di Meteorologia avanzata presso l’Università di Napoli “Parthenope” e responsabile della Divisione di ricerca Remhi (Modelli regionali e impatti geo-idrologici) presso il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, ha illustrato il progetto Agora, finanziato dal programma comunitario Horizon e di cui Cmcc è coordinatore organizzativo, la cui ambizione principale è la promozione di processi di trasformazione della società attraverso soluzioni innovative di adattamento al clima. Una serie di regioni pilota costituisce l’arena di co-produzione per progettare, sviluppare e implementare soluzioni di adattamento climatico. “Per combattere la disinformazione un ruolo importante è costituito dalle reti già presenti nei territori – ha detto la Mercogliano, evidenziando l’esigenza di un coinvolgimento più esteso possibile di attori, dalla scuola al mondo dell’informazione.

Un focus sulla Capitale l’ha offerto l’architetto Edoardo Zanchini, direttore dell’Ufficio clima del Comune di Roma. Ricordando le annose problematiche della città, ad esempio l’edificazione abusiva di 12mila ettari in zone anche pericolose e l’impatto del maltempo sulla città, l’amministratore capitolino ha denunciato le campagne stampa di surreale demonizzazione del tram portate avanti da un quotidiano romano. Dobbiamo rilevare, però, che nei giorni scorsi è stato aperto il cantiere per una nuova stazione della metro C a piazza Venezia, con disastrose conseguenze per il traffico e per l’inquinamento nel centro storico (con prevedibili tempi biblici), mentre proprio il prolungamento del tram 8 da piazza Venezia al Colosseo costituirebbe l’alternativa più logica, economica e soprattutto sostenibile.

Noto volto televisivo, il ricercatore Antonello Pasini dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche, nonché docente di Fisica del clima all’Università di Roma Tre, ha rilevato come la sensibilità verso il tema sia aumentata, non a caso gli eventi estremi non vengono più visti come qualcosa che riguarda soltanto le nuove generazioni. “Tuttavia resta molto da fare, perché l’informazione si limita quasi sempre alla cronaca, che porta alla inazione, mentre occorrerebbe approfondire le cause – ha detto Pasini. “Un problema è che una buona parte della politica è negazionista, mentre la lotta al cambiamento climatico non dovrebbe avere colore politico. Ora c’è un progetto di legge sul tema che andrà in discussione nella Commissione Ambiente della Camera. Si spera che i decisori dimostrino cultura scientifica”.

In collegamento, Monia Azzalini, ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia, ha illustrato i risultati dello studio delle notizie sui cambiamenti climatici, monitorato per Greenpeace da gennaio 2022. Emergono i picchi di attenzione in occasione degli eventi estremi del clima, come quelli a Ischia, in Romagna e in Toscana e una rilevante presenza di informazione palesemente distorta o incompleta.

Riccardo Luna

Particolarmente interessanti le esperienze raccontate da Riccardo Luna, giornalista di Repubblica, che ha denunciato la mancanza di una cultura del fact-checking, cioè della verifica dei fatti e delle fonti, nel nostro Paese. Ha indicato in Pagella Politica un esempio virtuoso e scomodo per i politici e ha focalizzato le cause del successo delle notizie false. “Una fake è un mezzo facile e soprattutto ha più traffico, sostenuto dagli algoritmi, per cui fa bene anche ai bilanci di un’azienda editoriale – ha detto Luna. “Analogamente hanno successo i titoli ad effetto, forzati. Così come i pezzi che esaltano l’impegno ambientale delle aziende, talvolta reale e talvolta no. I social hanno ormai un ruolo primario, ma di fatto ospitano risse dove si scappa dalla complessità. C’è poi il tema del tempo: se alla quarta settimana di guerra in Ucraina, l’interesse è già scemato, figuriamoci sui cambiamenti climatici. Stiamo perdendo la battaglia, perché i dati da soli non bastano, occorrono obiettivi e storie da raccontare per mobilitare la gente. Ma oggi la gente purtroppo resta un po’ fuori da tutto questo”.

In chiusura Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia, ha ricordato il ruolo determinante dell’informazione sia per chi la produce sia per chi la usa e la condivide. “Il modo in cui il mondo dei media e l’universo dei social media usa l’informazione scientifica su un tema complesso sui cambiamenti climatici, è essenziale per comprendere al meglio come questi influenzino le società e le economie, modifichino l’ambiente e quali siano le soluzioni che possiamo mettere in campo per affrontare con efficacia la crisi climatica”.

L’incontro è stato moderato da Mauro Buonocore, direttore comunicazione e media di Cmcc.

Giampiero Castellotti