Inps, i pensionati migranti di ieri e di oggi

Vanessa Pompili
16/10/2023
Tempo di lettura: 7 minuti
Anziani

Un’Italia spopolata e longeva, con sempre più pensionati che decidono di emigrare all’estero. La partenza degli anziani verso altre nazioni è un tema di grande attualità, vedi il Portogallo, al centro del convegno “Italia delle partenze e di ritorni – i pensionati migranti di ieri e di oggi” organizzato da Inps e Fondazione Migrantes.

L’incontro ha permesso di scandagliare le motivazioni che spingono i pensionati italiani a lasciare il nostro paese. “L’Inps ha iniziato ad analizzare in maniera più puntuale e sistematica l’argomento da dodici anni – ha spiegato Susanna Thomas, della direzione centrale pensioni Inps – da quando il fenomeno è diventato più significativo. In questo lasso di tempo il trend è stato assolutamente incostante, alternando periodi di forte crescita ad altri di decremento. Sicuramente ha inciso la pandemia: fino al 2019 i numeri di chi decideva di trasferirsi altrove si attestavano a circa 5.600 – 5.700 partenze, nel 2020 e nel 2021 si è scesi ad una media di circa 3.600 pensionati, per poi risalire, nel 2022 a oltre 4.600 partenze. L’argomento è stato affrontato partendo dalla distinzione tra pensionati italiani e pensionati stranieri. Questi ultimi hanno avuto un trend in forte crescita e nel 2022 hanno rappresentato il 40 per cento del totale dei pensionati che hanno lasciato il nostro Paese. Per quanto concerne i soli pensionati italiani, la prima motivazione analizzata, quella della ricerca di paesi esotici, non ha avuto alcun riscontro significativo a livello statistico. La seconda motivazione, relativa alla ricerca di paesi che offrono vantaggi economico-fiscali non è del tutto soddisfacente perché, a parte la Spagna, le altre destinazioni registrano arrivi poco consistenti dal punto di vista statistico e soprattutto è basso il numero delle donne che vi si sono trasferite. Queste in particolare scelgono come mete la Svizzera, la Germania, la Spagna, gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Francia, il Belgio e in parte la Gran Bretagna. Conteggiando anche gli uomini, questi sono i paesi che insieme risultano i più significativi dal punto di vista statistico. La caratteristica comune è quella di aver accolto i giovani lavoratori italiani. I pensionati italiani che vi si sono trasferiti sono i genitori di coloro i quali hanno trovato lavoro e si sono stabilizzati in questi paesi numeri peraltro sottostimati, in quanto non tutti trasferiscono la residenza dall’Italia, volendo mantenere l’assistenza sanitaria italiana”.

Da segnalare che la Spagna non attira solo pensionati attratti dai vantaggi delle isole Canarie, ma anche molti genitori perché è un paese che ha accolto e continua ad accogliere numerosi giovani lavoratori italiani. “Per contenere il fenomeno delle migrazioni di pensionati – ha concluso la Thomas – la soluzione migliore è far rientrare i giovani lavoratori in Italia”.

Argomentazione sostenuta anche da Delfina Licata, della Fondazione Migrantes, che afferma come “la mobilità continui ad essere abitata sia come elemento strutturale che lega a dinamiche nazionali tradizionali, sia come elemento nuovo che porta sempre più giovani annualmente a partire (il 42 per cento delle partenze annuali per la sola motivazione espatrio riguarda giovani tra i 18 e i 34 anni). Eppure, gli anziani, tra gli italiani e le italiane in mobilità, continuano ad avere un ruolo da protagonisti: il 21,2 per cento dei 6 milioni di connazionali residenti stabilmente e ufficialmente all’estero ha più di 65 anni. Le donne sono il 52,2 per cento. L’analisi degli anziani italiani iscritti all’Aire (Anagrafe residenti iscritti all’estero) porta a fare un salto all’indietro di circa venti anni: è evidente, ad esempio, il protagonismo del continente americano, soprattutto dell’America Latina, con Argentina e Brasile che sono i paesi con il numero maggiore di anziani residenti. Il 52,2 per cento proviene dal Meridione, più esattamente da Sicilia, Campania, Calabria. La nostra attuale mobilità è, invece, euroamericana e le regioni più dinamiche risultano Lombardia e Veneto”.

Lavoro per i figli e vantaggi per loro stessi, sono le motivazioni principali che muovono i pensionati italiani verso l’estero. Esemplare è il caso del Portogallo che dal 2009 offre vari sgravi fiscali agli stranieri che hanno deciso di trasferirsi nel Paese. Il programma è stato introdotto nel periodo della crisi finanziaria, proprio per attirare investitori e professionisti.

L’afflusso di stranieri, se ne contano 89 mila a luglio 2023, ha provocato un rapido aumento dei prezzi delle case, lasciando molti portoghesi senza la possibilità di trovare un alloggio a prezzi accessibili. Questo problema ha causato un diffuso sentimento di malessere nella popolazione. Da qui l’annuncio, di qualche giorno fa, da parte del primo ministro Antonio Costa dell’ingiustificabilità delle agevolazioni fiscali per i residenti stranieri.

Lo storico delle migrazioni, Toni Ricciardi, ha dimostrato come le direttrici migratorie di ieri spieghino le pensioni di oggi. L’analisi è partita dal ricordare la stagione degli accordi in emigrazione che l’Italia siglò con molto paesi all’epoca e principalmente con Stati europei, a partire dal 1946 con il Belgio, 1947 con la Francia, fino a toccare i due accordi che ne segnarono la storia migratoria del secondo dopoguerra, Svizzera nel 1948 e Repubblica Federale Tedesca nel 1955. “Questa fase della storia dell’emigrazione italiana – ha affermato Ricciardi – è stata caratterizzata dagli accordi, dalla stagionalità della permanenza, dai progetti migratori che ne mutarono la durata e l’essenza della Provincia italiana dalla quale i flussi principali provennero. Il rapporto con i luoghi d’origine, con i luoghi della partenza, non fu solo testimoniato durante gli anni dell’emigrazione attraverso le rimesse che, in molte realtà territoriali, rappresentarono i primi momenti di modernità e cambiamento”. Nell corso della sua esposizione, Ricciardo ha affrontato il caso della Svizzera, “primo paese erogatore di pensioni in Italia, quasi due miliardi l’anno, dal quale sono rientrate quasi 300mila persone. Da questo punto di vista è interessante notare come la presenza nella Confederazione, dove ancora oggi vive la terza comunità italiana nel mondo (700mila), abbia interessato significativamente la provincia italiana. Infatti, in province come Avellino, Bergamo, Catania, Catanzaro, Como e Lecce, la percentuale sul totale delle pensioni erogate da Inps, non scende mai al di sotto del 54 per cento, a testimonianza dell’impatto che la migrazione ha avuto ieri, con le partenze, e oggi con i ritorni che contribuiscono in molti casi a mantenere in vita minuscoli comuni della penisola italiana”.

Per la comprensione del fenomeno migratorio, importante anche conoscere il numero e gli importi delle pensioni che le istituzioni previdenziali estere erogano in Italia. “Operando il confronto con alcuni paesi sul numero di pensioni che questi erogano nel nostro territorio – ha illustrato Daniele Russo, dirigente della direzione centrale pensioni Inps – e che al contrario l’Inps paga nel loro, si è rilevato che i paesi che storicamente hanno rappresentato le mete privilegiate dei migranti italiani e che sono vicini ai luoghi di origine, come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, ma anche Olanda e Austria, sono quelli che pagano un rilevante numero di pensioni in Italia, a coloro, cioè, che, conclusa l’esperienza lavorativa all’estero, hanno deciso di far rientro nei nostri confini. Al contrario, in quelli più lontani, come Australia, Stati Uniti e Canada, dove gli italiani migrati hanno preferito rimanere perché la lontananza ha contribuito a ridurre i legami con il nostro Paese, l’Inps registra un consistente numero di pensioni da pagarvi”.

“Chi emigra – ha dichiarato il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi – deve poter contare sulla possibilità di valorizzare tutti i periodi contributivi accumulati in qualsiasi parte del mondo e senza preclusioni derivanti da barriere territoriali. L’Inps ha adeguato i propri sistemi e la propria organizzazione per attuare i regolamenti europei cui l’Italia ha aderito e le convenzioni bilaterali con Paesi extraeuropei che sono state stipulate, per assicurare la tutela dei propri assicurati/pensionati anche all’estero, anche nelle circostanze eccezionali, non programmate e imprevedibili, come nel caso di una pandemia o di un conflitto. L’obiettivo prioritario, per l’Inps, è quindi di consentire al lavoratore migrante di affrontare con maggiore tranquillità il trasferimento e l’inizio di una nuova attività lavorativa altrove, con tutte le garanzie tipiche previste in Italia, e di evitare che possa sentirsi, o sia, lavoratore di “serie b” rispetto ai lavoratori originari del paese ospitante. Ecco perché la portabilità dei diritti previdenziali rappresenta un elemento di giustizia sociale irrinunciabile”.

Vanessa Pompili