“I romeni in Italia tra vecchi stereotipi e nuovi orizzonti”, la conferenza in Campidoglio

Nataliya Bolboka
23/01/2023
Tempo di lettura: 3 minuti

Tra gli anni 1990 e 2020, considerando i numeri dei flussi migratori, la Romania perde oltre 3 milioni di abitanti. Ciò significa che in media ogni cinque minuti un individuo lascia il paese, per un totale di 275 persone al giorno. Sono i dati statistici sulla comunità romena in Italia e del volume bilingue “Radici a metà – 30 anni di immigrazione romena in Italia”.

Il dossier è stato presentato il 23 gennaio alla Sala della Protomoteca in Campidoglio, durante la conferenza “I romeni in Italia tra vecchi stereotipi e nuovi orizzonti”, cui hanno preso parte anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e Gabriela Dancău, ambasciatore di Romania in Italia.

L’indagine, promossa dall’Istituto di Studi Politici S. Pio V e realizzata dal Centro Studi e Ricerche Idos, analizza 30 anni di migrazioni internazionali dalla Romania.
In Italia i romeni costituiscono la più grande comunità straniera. In base ai dati Istat, al 1° gennaio 2021 erano 1.076.412 , pari al 20,8 per cento degli stranieri totali. Fino al 2000 le principali comunità romene si trovavano in Germania e Ungheria, primato che ad oggi è detenuto da Italia e Spagna.

Italia e Romania, d’altronde sono legati da secoli, da quando i romani occuparono la Dacia e vi si insediarono, fondendosi con la popolazione locale. Nonostante siano passati due millenni, la parentela è ancora forte. La stessa lingua romena deriva da un’evoluzione del latino. Non è un caso che i romeni imparino tanto facilmente l’italiano.

L’inserimento dei cittadini romeni non è stato un percorso facile. Nel 2007, in seguito all’adesione della Romania all’Unione europea, molti comuni italiani hanno inasprito i requisiti per la registrazione anagrafica, limitando così il diritto di residenza e facendo ricorso alle ordinanze come strumento di esclusione.
In quell’anno i pregiudizi romenofobici si sono diffusi ampiamente all’interno della società italiana, tanto da definire il 2007 come “l’annus horribilis dei romeni in Italia”.

Ad oggi però la situazione è cambiata e sono molti gli elementi che indicano una forte integrazione della popolazione romena. Dall’indagine del Centro Studi e Ricerche Idos, tra il 2008 e il 2020 oltre 90mila romeni hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Tra il 2000 e il 2019 sono in Italia sono nati 203.70 bambini romeni di seconda generazione, che costituiscono un grande “valore aggiunto nella odierna società globalizzata”. Nel 2019 sono stati celebrati oltre 3.300 matrimoni misti tra italiani e romeni. È aumentata anche l’integrazione scolastica con oltre 250 mila minorenni che frequentano la scuola italiana, mentre l’80 per cento dei romeni che si iscrivono all’università hanno conseguito la maturità in Italia. Indice di un’integrazione che dura da molti anni.

Nonostante le difficoltà, “una parte importante della comunità si sente inclusa e pienamente accettata nella società italiana; il legame creatosi nel tempo ha reso l’Italia quasi una seconda patria, sentimento che è evidente soprattutto tra i giovani, per i quali è sostanzialmente impossibile definirsi interamente romeni o italiani”.

Nataliya Bolboka