Fragole: cresce il consumo ma cala la produzione

Vanessa Pompili
12/06/2023
Tempo di lettura: 3 minuti
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Salgono i prezzi e calano i consumi dei prodotti ortofrutticoli. Nonostante tutto, gli italiani non rinunciano alle regine della primavera, le fragole. Continuano a scegliere i piccoli e gustosi frutti rossi e acquistano fragole biologiche e con un packaging finale sostenibile.

È quanto emerso dal workshop promosso dall’azienda lucana Nova Siri Genetics (NSG) in collaborazione con Nomisma. Non solo buone notizie, ma anche qualche criticità che si trovano ad affrontare i fragolicoltori, prima tra tutti i cambiamenti climatici, la scarsità di risorse idriche e la necessità della riduzione del ricorso agli agrofarmaci.

“Il confronto e lo studio dei trend produttivi e di mercato sono necessari – ha spiegato Carmela Suriano, direttore Emea – per far sì che la ricerca non solo risponda alle esigenze attuali del settore, ma comprenda e preveda anche gli scenari futuri e anticipi le soluzioni. È fondamentale, infatti, analizzare e interpretare il cambiamento per garantire ai produttori di vincere le sfide presenti sul mercato”.

Per quanto riguarda la produzione, in Italia esistono dinamiche territoriali diversificate a seconda del sistema adottato: a ridursi sono soprattutto le fragole in piena aria, un risultato negativo dovuto al decremento registrato nel polo del Nord Est, che con Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige copre due quinti della produzione nazionale.

Di contro, per le fragole in serra la diminuzione è più contenuta: -17 per cento in un decennio (contro il -33 per cento per piena aria), trainato in questo caso dal calo produttivo sia del polo Campano-Lucano che da quello Veneto, con le rese che nel complesso si mantengono stabili.

Il settore è in una fase di profondi cambiamenti e l’offerta varietale deve adeguarsi alle esigenze della produzione e del mercato. “Ormai molte varietà utilizzate dai produttori non hanno più le performance produttive che consentono loro di essere concorrenziali sul mercato – ha specificato Carmela Suriano. “Quindi è fondamentale l’individuazione di genotipi in grado di far fronte agli sbalzi climatici sempre più ricorrenti”.

Si affacciano sul mercato produttivo nuovi player, quali Grecia e Marocco, oltre a Turchia e Spagna che superano ormai l’Italia per volume di fragole raccolte.  

“Nonostante con il ritorno alle varietà precoci stiamo recuperando quote di mercato che avevamo perso, il fatto grave è che siamo importatori di fragole: significa che abbiamo un potenziale inespresso, mentre con l’export potremmo avere grandi possibilità” continua Suriano. “Se per anni si è puntato solo sulla quantità, oraè giunto il momento di ragionare anche su qualità e sostenibilità: si tratta di un processo che avverrà diversamente nei vari Paesi ma fa parte della struttura stessa della fragolicoltura. Inoltre, la fragolicoltura del bacino del Mediterraneo deve essere considerata un’area di produzione unica per fornire il mercato globale per molti mesi l’anno”.

C’è poi un altro elemento da considerare, quello della sostenibilità. Secondo quanto rilevato dall’ Osservatorio Nomisma sul packaging del largo consumo, il consumatore di fragole pone particolare attenzione sia al prodotto e alla relativa filiera produttiva che al suo packaging finale, con un italiano su due che in futuro cercherà prodotti senza eccessi di imballaggio e con confezioni sostenibili.

“In un contesto così sfidante per il comparto fragolicolo – ha osservato Chiara Volpato, senior project Nomisma – risulta imperativo strutturarsi per essere in grado di rispondere alle minacce, ma soprattutto alle opportunità dell’attuale quadro di mercato, attuando strategie di innovazione per una maggiore sostenibilità sia in termini economici che ambientali della filiera, ottimizzando le performance produttive e il profilo reddituale delle produzioni colturali”.

Vanessa Pompili