Export Made in Italy: in dieci anni triplica l’agroalimentare biologico

Vanessa Pompili
13/09/2023
Tempo di lettura: 2 minuti
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Aumentano le vendite dei prodotti agroalimentari biologici italiani sui mercati internazionali, raggiungendo nel 2022 la quota dei 3,4 miliardi di euro, con un incremento del 16 per cento rispetto al 2021. I numeri del bio Made in Italy testimoniano l’apprezzamento dell’agroalimentare tricolore all’estero, con una crescita sul lungo periodo e con un valore quasi triplicato se paragonato al 2012.

È l’immagine che ci rende l’indagine condotta tra luglio e agosto 2022 da Nomisma per Ice Agenzia e FederBio su un campione di 290 imprese alimentari e vitivinicole italiane.

Osservando nel dettaglio i dati rilevati, emerge che l’81 per cento delle esportazioni riguarda il food, che ha visto un incremento del +16 per cento rispetto all’anno precedente. Rilevante anche il ruolo del vino che pesa per il restante 19 per cento dell’export bio, ossia una quota ben maggiore di quanto avviene con l’export agroalimentare in generale, dove l’incidenza del wine sul totale delle esportazioni si ferma al 13 per cento.

I mercati principali in Europa per il food italiano bio sono la Germania, indicata dal 63 per cento delle aziende, la Francia e il Benelux. Per quanto riguarda il vino, invece, a guidare è ancora il mercato tedesco, seguito dai Paesi Scandinavi e dal Benelux. Al di fuori dei confini comunitari la fanno da padrone Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito sia per il food che per il wine.

La forza del biologico italiano all’estero è, per il 66 per cento delle aziende campione, la qualità dei prodotti unita al generale interesse del consumatore straniero per il Made in Italy (60 per cento). 

Sono considerati elementi di successo anche l’equivalenza del marchio bio europeo, l’elevata spesa media pro-capite per i prodotti biologici e le garanzie associate ai prodotti agroalimentari biologici.

Rilevati anche i punti deboli del settore, individuati principalmente nei costi legati alle attività di promozione sui mercati internazionali, le normative/burocrazie locali e la concorrenza di prezzo da parte delle imprese locali ad ostacolare la vendita dei prodotti bio all’estero.

Vanessa Pompili