Draghi, necessario “un cambiamento radicale” nell’Ue

Nataliya Bolboka
17/04/2024
Tempo di lettura: 5 minuti
Mario Draghi

Nell’Unione europea occorre “un cambiamento radicale”. È questa la posizione dell’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, che lo scorso settembre la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha incaricato di redigere un rapporto sulla competitività dell’Unione.

Per la prima volta Draghi ne ha anticipato alcuni punti in occasione della High-level conference sui diritti sociali a La Hulpe. Secondo l’ex primo ministro il problema principale è che i presupposti su cui è nata e basata l’Ue sono completamente differenti da quelli della sua fondazione. Per mantenere un ruolo di primo piano nella politica globale è necessario un cambio di paradigma.

“La nostra organizzazione, il nostro processo decisionale e il finanziamento sono pensati per il mondo di ieri, pre-Covid, pre-Ucraina, pre-conflagrazione in Medio Oriente, pre-ritorno della rivalità tra grandi potenze. Ci serve un’Unione europea che sia all’altezza del mondo di oggi e di domani. Quindi ciò che propongo nel rapporto che la presidente della Commissione mi ha chiesto di preparare è un cambiamento radicale”, scrive Rainews.

Tra gli obiettivi da raggiungere vi sono la “trasformazione dell’economia europea”, la costruzione di “un sistema energetico decarbonizzato affidabile”, la realizzazione di una “difesa integrata europea”, ma anche una “produzione domestica nei settori più innovativi e una posizione leader nella produzione tecnologica”.

Per farlo è necessario puntare sugli investimenti che, come avviene in altri Paesi, dovranno essere coperti dai risparmi privati. “I risparmi privati sono molto elevati e vengono per lo più incanalati in depositi bancari e non finiscono per finanziare la crescita tanto quanto potrebbero in un mercato dei capitali più ampio. Questo è il motivo per cui avanzare nell’Unione dei mercati dei capitali costituisce una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività”.

Allo stesso tempo manca un industrial deal a livello europeo. “Investiamo meno di Stati Uniti e Cina nel digitale e nelle tecnologie avanzate, compresa la difesa. Ci sono solo quattro top player europei tra i primi 50 aziende globali” ha dichiarato Draghi.  Spiegando: “Ci manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da una competitività iniqua, causa di assimetrie in regole, sussidi e politiche commerciali”. In una tale contesto “senza azioni politiche studiate e coordinate è logico che alcune nostre industrie spegneranno le loro capacità e delocalizzeranno fuori dall’Ue”, riporta Rainews.

In particolare, nel settore della difesa l’Europa risente della mancanza di un’economia di scala, che ostacola lo sviluppo della capacità industriale. “I primi cinque operatori negli Stati Uniti rappresentano l’80 per cento del suo mercato più ampio, mentre in Europa ne rappresentano il 45 per cento. Questa differenza deriva in gran parte dal fatto che la spesa per la difesa dell’Ue è frammentata”.

L’ex presidente del Consiglio è molto critico anche rispetto alle azioni climatiche che non tengono conto della competitività dell’Unione. “Abbiamo giustamente un’agenda climatica ambiziosa in Europa e target rigidi per i mezzi elettrici, ma in un mondo dove i nostri rivali controllano molte delle risorse che ci servono, quest’agenda dev’essere combinata con un piano per garantire la nostra catena di approvvigionamento, dai minerali critici, alle batterie, alle infrastrutture di ricarica”, ha dichiarato.

“Se vogliamo realizzare le nostre ambizioni climatiche senza aumentare la dipendenza dai Paesi su cui non possiamo più fare affidamento, abbiamo bisogno di una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento minerale fondamentale. Attualmente stiamo in gran parte lasciando questo spazio agli attori privati, mentre altri governi guidano direttamente o coordinano fortemente l’intera catena. Abbiamo bisogno di una politica economica estera che offra lo stesso risultato alla nostra economia”.

Di fatto, uno dei problemi principali è che troppo spesso gli Stati membri hanno pensato a competere l’uno con l’altro, piuttosto che ad essere uniti nel raggiungere obiettivi comuni. “Non abbiamo prestato sufficiente attenzione alla nostra competitività esterna come seria questione politica”, ha dichiarato senza mezzi termini.

Per affrontare le sfide che ci attendono e “garantire la coerenza tra i diversi strumenti politici, dovremmo essere in grado di sviluppare ora un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche. E se dovessimo scoprire che ciò non è fattibile, in casi specifici, dovremmo essere pronti a considerare di procedere con un sottoinsieme di Stati membri. Ad esempio, una cooperazione rafforzata sotto forma di un 28° regime potrebbe essere una via da seguire per la Cmu per mobilitare gli investimenti”, cita Rainews.

“I nostri rivali marciano avanti a noi, con un vantaggio, perché possono agire come un unico Paese, con  un’unica strategia, e allineare dietro di essa tutti gli strumenti e  le politiche necessarie – ha dichiarato Mario Draghi. – “Se vogliamo uguagliarli, avremo bisogno di un rinnovato partenariato tra gli Stati membri: una ridefinizione della  nostra Unione, non meno ambiziosa di quella che fecero i padri  fondatori 70 anni fa”.

Dal canto suo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen sembra piuttosto soddisfatta: “Enrico Letta e Mario Draghi hanno parlato delle sfide per la nostra competitività e il mercato unico: i loro report ci mostreranno la strada per il futuro”, ha commentato.

Nataliya Bolboka