Disabilità e lavoro, a Rimini riparte “Milleorti”

Giampiero Castellotti
15/04/2024
Tempo di lettura: 6 minuti
Milleorti

Torna per il quarto anno consecutivo l’iniziativa nata dalla collaborazione tra l’azienda riminese Alberghi.it, l’associazione Crescere Insieme Odv, la cooperativa sociale Il Millepiedi. Grazie al supporto di una ventina di hotel situati sulla Riviera Romagnola e presenti sul portale di promozione alberghiera Alberghi.it, il mondo del turismo si impegna a favore della sostenibilità sociale condividendo l’adozione di alcuni orti presso l’Area Verde Inclusiva di Casa Macanno a Rimini, sostenuta economicamente dal 2023anche dal Comune di Rimini

Gli orti vengono curati da persone con disabilità intellettiva di vario genere, guidate da tre educatori. Mentre si prepara il raccolto si stimolano diverse abilità a partire dalle potenzialità di ciascuno: dalla capacità di collaborare con gli altri ai piccoli calcoli matematici necessari a rispettare la distanza tra le piante, dalla gestione del tempo alla comprensione dei ritmi stagionali.

L’obiettivo è prepararsi all’autonomia lavorativa che potrà garantire un futuro dignitoso a ciascuno, in base alla conoscenza delle proprie attitudini, capacità e limiti.

«In questi 6 anni di Milleorti per la Città, progetto in cui si inserisce dal 2021 Milleorti per il Turismo – racconta Eugenio Quartulli, educatore della cooperativa Il Millepiedi e coordinatore del gruppo di lavoro – abbiamo visto accadere tanti piccoli miracoli. Ci sono persone che sono rifiorite attraverso le relazioni che sono nate qui, altre che hanno imparato a disciplinarsi o a esprimersi».

Nell’Area Inclusiva di Casa Macanno si fa attenzione alle persone, ma anche all’ambiente. La terra viene coltivata secondo i principi dell’orto sinergico, si evitano pesticidi chimici e si risparmia il più possibile l’acqua attraverso irrigazione controllata e tecniche tradizionali come la Pacciamatura.

Ora si lavora ai prossimi obiettivi, come la raccolta dell’acqua piovana e la collaborazione con le scuole per i progetti di alternanza scuola-lavoro, ma la sfida più grande resta quella delle assunzioni. «Vorrei che si creasse una rete in grado di rassicurare gli hotel che intendono assumere o proporre tirocini a questi ragazzi. Possono essere lavoratori validi e verrebbero affiancati per tutto il tempo necessario da un tutor-educatore in modo da non mettere in difficoltà l’albergatore/azienda che vuole impiegarli».

«Da tempo sensibilizziamo i nostri albergatori sul tema delle assunzioni – commenta Lucio Bonini, socio fondatore di Alberghi.it con Andrea Sacchetti – ma il tempo contratto della stagione estiva può complicare la gestione di un possibile inserimento lavorativo. In questa situazione è fondamentale la presenza di un tutor che affianchi la persona con disabilità favorendone l’inserimento nello staff di lavoro, mediando la comunicazione e ottimizzando i tempi di lavoro».

Sabrina Marchetti: gli ostacoli per l’inserimento al lavoro

Intervista a Sabrina Marchetti, presidente onorario dell’associazione “Crescere Insieme” Odv.

Qual è la preoccupazione più grande per un genitore che ha un figlio con Sindrome di Down?
Dopo la salute, arriva il pensiero sul futuro: che ne sarà di lui/lei dopo la fine del percorso scolastico? Cosa accadrà dopo la nostra morte? Chi si occuperà di loro? L’aspirazione è che abbiano una vita autonoma, gratificante, ricca di esperienze ed amicizie.

Cosa succede dopo i 18 anni?
A 18 anni, i genitori (e non tutti sono consapevoli) perdono la patria potestà sul figlio e la presa in carico dei nostri ragazzi non può essere esclusivamente affidata ai servizi sociali. Per questo c’è un’alternativa all’inabilitazione e all’interdizione: la nomina di un amministratore di sostegno (AdS) attraverso il giudice tutelare, grazie a una legge del 2004. Questo lascia autonomia di scelta rispetto alle decisioni che il figlio può prendere da solo e a quelle che invece devono essere prese dal genitore o dall’Amministratore nominato dal Giudice stesso. Ad esempio, si può stabilire che il ragazzo gestisca lo “spillatico” della sua pensione di accompagnamento, ma che sia il genitore ad amministrare il patrimonio e a prendere decisioni sulle questioni di salute. Il genitore dovrà poi rispondere di tali decisioni al giudice tutelare.

Se non si nomina un amministratore di sostegno cosa succede?
In questo caso, sarà nominato d’ufficio dal Giudice su segnalazione dei servizi sociali che, in affiancamento all’amministratore, agiranno per garantire la sopravvivenza e le cure mediche necessarie. Come associazione abbiamo il compito di controllare che venga garantito il benessere della persona, ma anche di informare i genitori sulle opzioni disponibili, perché possano scegliere cosa fare in modo consapevole. Il tema del “dopo di noi” sarà al centro anche di un convegno che si terrà a maggio a Rimini, dove cercheremo di coinvolgere più famiglie possibili.

Cosa fa “Crescere Insieme” per favorire l’autonomia?
A 12-13 anni partono i laboratori di socializzazione in appartamento. Sulla base del carattere e delle attitudini vengono formati gruppi di 4-5 ragazzi che prima si conoscono nei laboratori pomeridiani e poi provano gradualmente a convivere nel week end sotto la supervisione di un educatore. È un passaggio importante, in famiglia i nostri ragazzi sono al centro dell’attenzione e tendono a sviluppare una forte autostima: attraverso la convivenza con gli altri imparano a regolare le loro emozioni e ad aiutarsi a vicenda. Di pari passo, portiamo avanti il percorso sul piano lavorativo attraverso stage formativi, tirocini, esperienze come Milleorti per la Città e Milleorti per il Turismo. Stiamo programmando di attivare anche un hub formativo per mettere alla prova i nostri ragazzi e verificarne le abilità, in modo da capire quali mansioni sono adatte a loro e indirizzarli al possibile posto occupazionale ideale.

Che ruolo ha la famiglia in questo percorso?
Il Parent Training che da alcuni anni stiamo sperimentando è essenziale per avere una visione della persona a 360° ma è delicato: costringe la famiglia a fare i conti con le proprie illusioni e delusioni, implica l’accettazione dei limiti dei propri figli e la necessità, in alcuni casi, di valutare percorsi alternativi al lavoro. Ci sono famiglie che sovrastimano le capacità dei propri figli e altre che le sottovalutano completamente. In realtà, solo partendo dall’osservazione neutra della persona si può capire concretamente se l’inserimento nel mondo del lavoro e/o l’autonomia abitativa sono la strada giusta e in quale contesto.

Quali sono gli ostacoli più grandi all’inserimento nel mondo del lavoro?
I pregiudizi. Non è realistico pensare che una persona non possa farcela solo perché ha la Sindrome di Down, ma nemmeno che i nostri ragazzi siano tutti simpatici e performanti. Ognuno ha la sue capacità, che devono essere valorizzate e affiancate. In più, le assunzioni di persone con disabilità si rifanno alla legge n. 68/1999, che obbliga le aziende ad assumere disabili ma non le sostiene. Ad esempio, manca la possibilità di fare un passo indietro: per licenziare la persona devono esserci le giuste cause, ma come possono valere le stesse regole che valgono per i cosiddetti “normodotati”? Bisognerebbe affrancarsi dall’’idea che assumere una persona con disabilità sia fare un’opera di bene e cominciare a crederci davvero, ad esempio mettendo in conto percorsi di formazione ad hoc per le aziende.

Giampiero Castellotti