Barilla e Davines per “Bello e Buono”: alla scoperta dell’agricoltura rigenerativa

Vanessa Pompili
01/06/2023
Tempo di lettura: 7 minuti
Prato

Due eccellenze del Made in Italy, che vengono da mondi diversi tra loro, uniscono le loro esperienze per tutelare l’ambiente. Nasce così “Bello e Buono” un progetto triennale dedicato all’agricoltura rigenerativa, con l’obiettivo di sviluppare sistemi e pratiche agricole che favoriscano la biodiversità, la rigenerazione dei suoli, sia dal punto di vista ambientale che sociale. Parliamo di Barilla e Davines Group, due aziende leader nel campo alimentare e della cosmetica, accomunate da una visione dell’agricoltura sostenibile e poco invasiva.

L’accordo nasce dal bisogno condiviso di curare e prestare maggior attenzione alle aree agricole, dove il suolo negli ultimi anni ha perso il suo naturale equilibrio a causa di coltivazioni intensive e dell’uso non responsabile di fitofarmaci. Per ripristinarlo e arricchirlo della sostanza organica persa negli anni, Barilla e Davines hanno scelto di puntare sull’agricoltura rigenerativa.

A pochi chilometri da Parma, presso le sedi di Barilla e di Davines, sono state predisposte delle aree dedicate al progetto “Bello e Buono”. Dedicati 10mila metri quadri di terreni in cui i team di ricerca agronomica delle due aziende hanno avviato la sperimentazione della coltivazione in rotazione di cereali e piante destinate al buon cibo, come il grano tenero, il grano duro e il cece, e alla produzione di essenze utilizzate dall’industria cosmetica, come la melissa, la calendula e la lavanda. Una pratica, quella della rotazione, che consiste nell’alternare anno dopo anno le colture sullo stesso terreno, seguendo uno schema preciso che permetta alle diverse coltivazioni di avvantaggiarsi l’una dell’altra. L’iniziativa ha lo scopo di dimostrare come la qualità, la struttura e la fertilità del suolo, la gestione dell’acqua e la biodiversità siano influenzate e migliorate dalle pratiche agricole utilizzate.

La ricerca permette la misurazione dell’impatto di diverse pratiche agricole sull’aumento della sostanza organica del suolo, primo indicatore della sua fertilità, e della biodiversità. Si vuole inoltre valutare il peso della coltivazione di colture appartenenti a filiere diverse sull’economia di un’azienda agricola.

L’accordo mette in rilievo la forte sinergia tra la “rigenerazione” del suolo, attraverso le pratiche agricole, e la “rigenerazione” dell’uomo che beneficia sia della parte cosmetica che di una dieta alimentare più sana. Infine, tra gli obiettivi vi è quello di diffondere le pratiche rigenerative alla coltivazione delle colture tipiche del nostro territorio. L’empowerment degli agricoltori, la diffusione di una cultura universale e il consenso unanime sulle pratiche da adottare saranno elementi fondamentali affinché il processo verso un uso della terra responsabile e l’aumento della biodiversità avvenga velocemente.

L’agricoltura biologica rigenerativa comprende un insieme di pratiche agronomiche che favoriscono e promuovono processi ecologici naturali e quindi migliorano la salute del suolo e la sua capacità di fornire una serie di servizi ecosistemici come la produzione di cibo, la fissazione del carbonio e la regolazione di acqua e nutrienti nei suoli agricoli. Queste pratiche rigenerative includono il minimo disturbo del suolo, l’utilizzo di colture di copertura, le rotazioni colturali, l’utilizzo di fertilizzanti organici e la promozione della biodiversità negli agroecosistemi.

“Barilla da tempo promuove il processo di transizione verso sistemi di coltivazione più sostenibili, in grado di ridurre gli impatti ambientali e preservare la biodiversità: l’agricoltura rigenerativa è uno di questi – ha dichiarato Elena Bertè, agronomy research manager del gruppo Barilla. “Il nostro approccio è basato sulla ricerca, lo studio e la misurazione, al fine di porre delle solide basi scientifiche per migliorare l’ambiente in cui viviamo attraverso le nostre filiere ed i nostri prodotti. Il termine rigenerativo esprime di per sé il concetto di ‘ripristino’ dell’equilibrio della terra e della conservazione della biodiversità; la transizione verso questo sistema di coltivazione è un processo che richiede tempo e in cui il coinvolgimento e la valorizzazione del ruolo dell’agricoltore saranno fondamentali ed imprescindibili”.

Barilla ha già iniziato ad esplorare le potenzialità dell’agricoltura rigenerativa: con il suo brand Wasa ha avviato un progetto pilota, in collaborazione con Indigo e Svensk Kolinlagring, che ha coinvolto dodici agricoltori in Germania e Svezia, con l’obiettivo di supportare i coltivatori di segale nell’adozione di tecniche “rigenerative” per il suolo. Inoltre, l’azienda di Parma da anni è impegnata anche in progetti dedicati all’agricoltura sostenibile, che nel 2021 si sono concretizzati in importanti traguardi: il 70 per cento delle materie prime strategiche (grano duro, grano tenero, segale, pomodoro, basilico, cacao e olii vegetali) viene acquistato responsabilmente, con una crescita del +11 per cento che fa seguito al + 19 per cento del 2020, a conferma quanto le filiere sostenibili siano anche le più resilienti; 10mila aziende sono coinvolte in progetti di agricoltura sostenibile, che garantiscono a Barilla la qualità delle materie prime acquistate e agli agricoltori di pianificare il lavoro con maggior sicurezza. Ai tre disciplinari per la coltivazione sostenibile del grano duro e del grano tenero (Decalogo per la Coltivazione Sostenibile del Grano Duro di Qualità, Carta del Mulino e Carta di Harrys) si è aggiunta anche la Carta del Basilico, che garantisce sostenibilità sociale e ambientale, per una filiera italiana e certificata ISCC PLUS di un ingrediente chiave di sughi pronti e pesti Barilla. Come il basilico, anche il pomodoro viene coltivato, laddove possibile, vicino agli stabilimenti di produzione, per ridurre al minimo il tempo tra la raccolta e la lavorazione del prodotto. Il sostegno all’agricoltura locale tocca anche la pasta, di cui Barilla è leader mondiale nelle vendite. Il 90 per cento del grano duro, ingrediente chiave di tutte le marche di pasta del gruppo, viene acquistato dal mercato locale e il 47 per cento mediante contratti di coltivazione.

Davines Group, a sua volta, ha iniziato un progetto strategico con il Rodale Institute negli USA per creare il primo centro di agricoltura biologica rigenerativa in Italia ed in Europa guidato da un’industria cosmetica. La collaborazione ha l’obiettivo di promuovere attività di ricerca, educazione e divulgazione per dimostrare i molteplici benefici dell’agricoltura biologica rigenerativa sulla salute del suolo e sulla qualità di ingredienti organici attivi estratti dalle piante. Davines vuole contribuire in modo significativo alla transizione ecologica aiutando gli agricoltori ad applicare pratiche biologiche rigenerative che hanno un impatto positivo sulla biodiversità degli agro-ecosistemi e la loro capacità di fornire importanti servizi eco-sistemici come la fissazione del carbonio nel suolo e la regolazione dell’acqua e dei nutrienti nei terreni agricoli, sulle filiere produttive aiutando gli agricoltori che contribuiscono a migliorare la salute del suolo e sul benessere umano grazie alla creazione di paesaggi agricoli bio-diversi, più resilienti ai cambiamenti climatici e capaci di produrre cibo sano (‘il buono’) per l’industria alimentare ma anche ingredienti organici attivi di alta qualità (‘il bello’) per l’industria cosmetica. Il nuovo hub internazionale di educazione, ricerca e divulgazione è stato chiamato “European Regenerative Organic Center” (EROC) ed è situato vicino al Davines Village a Parma su una superficie di circa 17 ettari.

“Il 60-70 per cento di tutti i suoli europei è definito non in salute o in condizioni di degrado a causa di pratiche agricole non adatte, dell’inquinamento, urbanizzazione e per l’effetto dei cambiamenti climatici – ha ricordato Dario Fornara, research director di EROC (European Regenerative Organic Center) del gruppo Davines. “La perdita significativa di sostanza organica e di biodiversità nei terreni agricoli rispecchia pienamente questo degrado. La soluzione sta nella riscoperta di pratiche agricole che favoriscono (e non impediscono) i processi biogeochimici naturali che avvengono nell’ecosistema suolo. Pratiche agricole biologiche rigenerative hanno questa capacità di favorire l’accumulo di carbonio organico nel suolo, di aumentare la diversità biologica dei terreni e di creare agro-ecosistemi più resilienti ai cambiamenti climatici”.

Vanessa Pompili