Banca d’Italia: continua la ripresa economica dell’Italia

Vanessa Pompili
08/11/2023
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L’anno 2022 ha confermato la ripresa economica iniziata nel 2021, con una crescita significativa in tutte le macroaree del Paese. Le regioni del Nord Est e del Centro hanno registrato i maggiori incrementi, grazie alla dinamicità dei settori produttivi e dei servizi.

È la premessa generale che accompagna il documento “L’economia delle regioni italiane – Dinamiche recenti e aspetti strutturali” pubblicato il 7 novembre 2023 dalla Banca d’Italia.

Secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) che prende in considerazione la prima metà del 2023, si rileva invece una contrazione dell’attività economica in tutte le regioni italiane, dovuta al calo della domanda interna ed estera. Gli investimenti si sono indeboliti, anche se sostenuti dagli incentivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr); in prospettiva, le vendite rimarrebbero stazionarie.

L’espansione dell’occupazione è continuata nei primi sei mesi dell’anno in corso, con maggiore intensità al Centro Nord. Nonostante il diffuso calo del tasso di disoccupazione, permangono ampi margini di forza lavoro inutilizzata, specialmente nelle regioni meridionali. La dinamica delle retribuzioni, debolmente positiva lo scorso anno, si è rafforzata durante il 2023, per effetto dei rinnovi contrattuali in alcuni comparti manifatturieri, maggiormente concentrati nelle regioni centro-settentrionali.

L’inflazione, seppure in calo dall’inizio dell’anno, ha eroso il reddito disponibile delle famiglie, frenandone i consumi. La perdita di potere d’acquisto è stata più elevata per i nuclei con minore capacità di spesa, in particolare nel Nord Est e nelle Isole.

I rincari hanno inoltre accresciuto il rischio di povertà energetica, una condizione più diffusa nelle regioni meridionali. Il credito bancario alle imprese è calato e quello alle famiglie ha rallentato. Le banche sono diventate più selettive nella concessione dei prestiti: pesano l’indebolimento del quadro economico e il più alto costo della provvista. Gli scambi sul mercato immobiliare si sono progressivamente indeboliti e i nuovi mutui si sono ridotti, soprattutto a seguito dell’aumento del costo dei finanziamenti. Il tasso di deterioramento del credito rimane ovunque su livelli ancora contenuti. Gli investimenti pubblici sono cresciuti e sono destinati a irrobustirsi con la progressiva attuazione del Pnrr.

Imprese – Nel 2022 l’attività economica è cresciuta in maniera robusta nel Paese, trainata da un andamento particolarmente vivace nel settore delle costruzioni e nel terziario; quello dell’industria, su cui hanno pesato maggiormente i rincari dei beni energetici, è invece stato positivo solo al Centro.

In tutti i settori si sono attenuate le difficoltà di approvvigionamento degli input intermedi, così come le pressioni sui costi connesse con i rincari energetici. L’incertezza legata all’evoluzione del quadro geopolitico rimane tuttavia elevata. La quota di imprese che prevedono di chiudere l’esercizio in utile nel 2023 è aumentata ovunque. Il rapporto tra le attività più liquide e i debiti a breve scadenza è diminuito nel 2022, ma continua a collocarsi su valori nettamente superiori a quelli registrati nel periodo precedente la pandemia. I prestiti bancari alle imprese hanno progressivamente rallentato e nel primo semestre del 2023 si sono ridotti in ogni macroarea.

Il 2022 e i primi nove mesi del 2023 sono stati caratterizzati da numerosi eventi meteorologici estremi e da temperature elevate nel confronto storico. Le anomalie climatiche possono avere effetti negativi sull’attività delle imprese. Secondo Sondtel, la quota di aziende industriali e dei servizi con almeno 20 addetti interessate negli ultimi tre anni da episodi atmosferici straordinari è stata pari al 20 per cento al Centro Nord e all’8 nel Mezzogiorno. Questa incidenza è più alta fra le imprese che già nel 2019 giudicavano la propria esposizione a tali fenomeni nel triennio successivo come abbastanza o molto rilevante; è consistente anche fra quelle che la giudicavano nulla o trascurabile.

Nel 2022 il tasso di natalità netto delle imprese, calcolato come differenza tra i tassi di natalità e di mortalità, è sceso dal picco dell’anno precedente allo 0,6 per cento nel Nord Est e a circa l’1 nelle restanti macroaree. Al calo ha contribuito la contrazione del tasso di natalità, più pronunciata al Sud e nelle Isole. Proseguendo la decrescita in atto da almeno un decennio, questo tasso si è portato ovunque su livelli più bassi rispetto al 2019, ma con una riduzione maggiore nel Mezzogiorno. È al contempo salito il tasso di mortalità, restando tuttavia su livelli ancora inferiori a quelli precedenti la pandemia in tutte le ripartizioni, anche grazie alle misure di sostegno alle imprese e alla forte ripresa dell’attività economica.

Vanessa Pompili