Alluvione Emilia-Romagna: a rischio la vendemmia 2023

Vanessa Pompili
04/07/2023
Tempo di lettura: 5 minuti
Vigneto

A quasi due mesi di distanza dall’alluvione che ha messo in ginocchio 44 comuni dell’Emilia Romagna, colpendo altrettanti paesi con smottamenti e frane, si tracciano i primi bilanci per capire quale sarà il futuro della vendemmia 2023. È Riccardo Isola, nell’articolo “Salvi dal fango, colpiti dalle fitopatie. Ora, misure di sostegno” apparso qualche giorno fa su Il Corriere vinicolo a cercare di capire “quanto e come gli eventi alluvionali – si legge nell’inchiesta giornalistica – hanno impattato su vigneti e cantine, gli effetti si avranno sulla prossima vendemmia e iniziare, soprattutto, a capire quali strumenti, finanziari e non, devono essere messi in atto per restituire a quei territori la piena operatività”.

Secondo le prime valutazioni presentate dai grandi gruppi cooperativi e dai consorzi, per la vendemmia 2023 si attende un calo produttivo pari al 10 per cento per le zone collinari e del 15-20 per cento per quelle pianeggianti, senza escludere che ci potranno essere ripercussioni anche per gli anni futuri, considerando che alcuni appezzamenti vitati saranno da reimpiantare.

Altro dato importante che emerge, e che desta molta preoccupazione, è la probabile insorgenza di fitopatologie derivanti dai lunghi e ristagni idrici nelle vigne e dal fango, forse anche contaminato da altre sostanze, frane e smottamenti. Si parla di stime e di previsioni che riguardano circa il 40 per cento dei vigneti presenti a nord della Via Emilia e il 10-15 per cento per quelli di collina. Molti di questi versano ancora in condizioni disastrose e sono difficili da raggiungere, e quindi anche da trattare. A forte rischio, le molte coltivazioni biologiche che potrebbero essere colpite da malattie funginee quali peronospora e oidio.

Per comprendere meglio l’entità dei danni e le prospettive future, Riccardo Isola ha raccolto i commenti dei rappresentanti dei grandi gruppi cooperativi e consortili.

Così Marco Nannetti, presidente del gruppo Cevico “la situazione è complessa e lunga nella sua risoluzione, purtroppo in alcuni casi possiamo anche definirla compromessa. Il 40 per cento della superficie di pianura interessata dai vigneti risulta essere stata alluvionata, con vigne sott’acqua e fango per diversi giorni. In collina, poi, frane e smottamenti hanno in alcuni casi divelto filari, in altri reso inaccessibili le vigne. Alcune realtà aziendali hanno subito danni anche nell’ambito tecnico e strumentale. È difficile avere ora un dato certo, serviranno alcune settimane ancora, per capire il danno produttivo in termini percentuali ma sicuramente sarà a doppia cifra. Non ci aspettiamo in Romagna certo una vendemmia con sovrapproduzione, questa non sarà una vendemmia normale e crediamo che anche quelle future registreranno ripercussioni in negativo”.

Per il direttore di Caviro, Simonpietro Felice, “i danni del post alluvione devono essere distinti nelle due aree di riferimento: collina e pianura. Stando alle prime stime, in collina, dove per lo più si coltivano uve rosse, ma anche versioni di bianco premium, la percentuale del vigneto non più produttivo si attesta sul 10 per cento. In pianura, dove predomina il Trebbiano, la percentuale si alza in una forbice che va dal 10 al 20 per cento. Questo porta con sé anche un’altra considerazione. Il 90 per cento del restante patrimonio vegetale sopravvissuto oggi è rigoglioso, in salute e forse vivo come da tempo non lo si vedeva, con conseguente produzione maggiore attesa”.

A pagare le conseguenze anche le piccole aziende artigianali, soprattutto quelle che hanno vigneti situati nelle aree collinari, con dimensioni di superficie vitata, e rese per ettaro, limitate rispetto alla pianura e che quindi avranno ripercussioni ben più forti in termini di impatto economico con la qualità del raccolto a rischio.

“Ad oggi, abbiamo contato una quindicina di frane nelle nostre vigne – ha spiegato Massimo Romani, ad del gruppo Argea di cui fa parte anche l’azienda di Poderi dal Nespoli. “Una di queste ha compromesso quasi 2 ettari di vigneto, altre sono relative alla viabilità aziendale con strade di accesso ai poderi crollate, capezzagne dei vari vigneti danneggiate e danni vari anche alle pareti terrose degli invasi. Alcune vigne sono rimaste isolate e irraggiungibili per diversi giorni, altre lo sono ancora. Questo rende impossibile la lavorazione delle stesse con trattamenti fitosanitari necessari il che rappresenta una incognita rispetto alla prossima vendemmia. Fortunatamente i fabbricati aziendali non risultano danneggiati”.

Più ottimista invece, Roberto Monti, presidente del Consorzio Vini di Romagna. “La somma delle superfici a vigneto dell’area collinare con piante e filari portati via dalle frane, non risultano tantissime. Altrettanto dicasi per le strutture di produzione, i fabbricati danneggiati sono pochi. Nelle aree di pianura il deflusso delle acque è stato abbastanza rapido per almeno buona parte dei vigneti e la vite, se innestata su Kober 5BB, è abbastanza tollerante al ristagno idrico e pertanto le conseguenze negative sono limitate o quasi nulle. Tuttavia ci sono zone dove l’acqua è defluita solo dopo parecchi giorni o altre, quelle più prossime ai fiumi o ai canali esondati, dove l’acqua ha lasciato uno strato di limo di grande spessore, fino a 20 – 40 cm in alcuni punti. In tali casi i problemi sono più accentuati, anche se raramente si arriva alla perdita delle piante”.

Vanessa Pompili