Agricoltura, subito l’esenzione Irpef

Domenico Mamone
06/02/2024
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Due prime “conquiste” sono l’aumento dei fondi destinati all’agricoltura nel Pnrr, da cinque ad otto miliardi, ed il rinnovo, a differenza di Francia e Germania, degli incentivi al gasolio. Ma si tratta soltanto di “segnali” rispetto ad interventi urgenti e strutturali per il settore primario, messo in ginocchio da tanti fattori, dettagliatamente illustrati dai nostri giornalisti negli organi d’informazione dell’Unsic.

La maggior parte delle risposte al disagio dei nostri coltivatori debbono arrivare da Bruxelles. L’Unione europea, tramite la Pac, non è immune da colpe che si protraggono da tempo. Ad esempio, l’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni agricoli è insensato, la transizione ecologica di certo non si può fare così. Eppoi basta con la montagna di soldi alle grandi aziende, lasciando le briciole alle imprese individuali o ai “piccoli” coltivatori.

Ma il governo italiano deve fare la sua parte: un errore è stata la mancata proroga – dopo ben sette anni – dell’esenzione Irpef per i redditi dominicali e agrari, introdotta nell’ultima legge di Bilancio, che ha finito per accentuare le difficoltà di un settore già stretto tra aumenti dei costi di produzione e, di conseguenza, ulteriormente ridotti margini di guadagno.

Gli agricoltori stanno esprimendo anche l’esigenza di cambiamento nella rappresentanza. I tanti problemi attuali sono frutto anche di chi ha malgestito per anni l’agricoltura in questo Paese, trasformando la comunità agricola soprattutto in un serbatoio di voti.

Quindi attenzione: finché la protesta sarà animata da gruppi di agricoltori “reali” e indipendenti, le possibilità di ottenere cambiamenti saranno concrete. Anche perché l’opinione pubblica sta dalla parte degli agricoltori, gli applausi unanimi al loro passaggio sulle strade consolari ne è testimonianza. Viceversa, il rischio di strumentalizzazioni da parte dei “soliti noti”, che vedono ridursi il proprio strapotere, o di Masanielli d’occasione rischia di replicare la mesta fine di altri movimenti di protesta.

Domenico Mamone