Agricoltura rigenerativa: il ruolo centrale del mais

Vanessa Pompili
31/01/2024
Tempo di lettura: 3 minuti
Mais

Il mais come coltura del futuro, per un’agricoltura più sostenibile sia per l’ambiente sia per l’economia. Il ruolo chiave di questo antico cereale è stato al centro dell’appuntamento annuale organizzato dal Crea Cerealicoltura e Colture industriali presso la sede di Bergamo che ha visto la partecipazione di ricercatori e dei principali attori della filiera maidicola.

“L’agricoltura rigenerativa pone una rinnovata attenzione al suolo, alla sua sostanza organica, alla fertilità dei terreni e dei sistemi seminativi – ha affermato Nicola Pecchioni, direttore del Crea Cerealicoltura e Colture industriali. “Occorre più ricerca in tal senso: è determinante, soprattutto nei momenti di crisi, se si vuole puntare ad una crescita nel medio periodo. Non basta il supporto alla coltivazione e alle filiere”.

La campagna maidicola 2023 conferma lo stato di sofferenza del comparto – Nonostante il buon andamento delle rese, la campagna maidicola 2023 registra, per la prima volta negli ultimi 160 anni, una superficie coltivata che si aggira sotto la soglia dei 500mila ettari. La produzione raccolta, sia pure risalita da 4,7 a 5,3 milioni di tonnellate, rimane quindi largamente insufficiente e inferiore al 45% del fabbisogno nazionale, mentre il costo complessivo del prodotto importato nel 2023/2024, sia pure in calo, dovrebbe aggirarsi intorno a 1,7 miliardi di euro. Difficile il quadro di riferimento economico per il 2024: le prospettive sono infatti improntate verso un ulteriore calo delle superfici, pari al 6% secondo l’indagine preliminare Istat sulle intenzioni di semina e con punte superiori al 12% nel Nord Est del Paese.

Il rilancio del mais nell’ottica di un’agricoltura rigenerativa – L’agricoltura rigenerativa nasce dalla necessità di un sistema agricolo più sostenibile da un punto di vista sia ambientale (controllo dell’emissione dei gas serra) sia economico (approvvigionamenti delle materie prime agricole). Si tratta, un’agricoltura integrata e aggiornata con l’approccio olistico dell’agricoltura biologica, senza limiti all’adozione di innovazioni tecnologiche nella nutrizione, nella difesa e nel miglioramento genetico, che incorpora gli obiettivi della carbon farming e una visione più vicina al mercato e ai consumatori.

Il mais potrebbe rappresentare la coltura chiave per sostenere il bilancio carbonico delle aziende agricole in quanto ha una capacità produttiva superiore a quella di tutti gli altri diffusi seminativi nazionali (frumento, soia, girasole) e possiede la capacità di lasciare residui colturali dopo la raccolta e di incorporarli nel terreno in termini di sostanza organica. Infine, ha un’ottima capacità di sequestro di gas serra in termini di anidride carbonica.

Il ruolo delle nuove biotecnologie – I risultati del monitoraggio del contenuto di micotossine in granella condotto dalla Rete qualità mais, coordinata dal Crea Cerealicoltura e Colture industriali di Bergamo, ha evidenziato che il 7% dei campioni analizzati presenta un contenuto in aflatossine superiore ai 20 microgrammi/chilogrammo (Regolamento EU 574/2011), un dato estremamente inferiore a quanto rilevato per la campagna maidicola 2022, nella quale il 26% dei campioni era al di sopra di tale valore. Lo sviluppo di resistenze e/o tolleranze agli stress passa necessariamente attraverso il miglioramento genetico e la scelta delle varietà più idonee a tali scopi. Ciò è reso possibile anche grazie al lavoro della Rete nazionale di confronto varietale, che annualmente fornisce informazioni utili sulla base dei dati ottenuti puntualmente e in maniera accurata per supportare questa scelta.

Vanessa Pompili