Venti di opposizione sull’Europa

Domenico Mamone
20/06/2022
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Dalla Francia un campanello d’allarme per l’Unione europea. Mentre Emmanuel Macron incassa la più bruciante delle sconfitte nonostante avesse chiesto ai francesi una maggioranza “forte e chiara” per una “Francia davvero europea” (la pattuglia dei suoi deputati all’Assemblea nazionale scende da 341 a quota 245, con la maggioranza assoluta a 289), le opposizioni di destra e di sinistra ottengono risultati esaltanti: Marine Le Pen passa da 8 a 89 deputati e nell’area dell’estrema destra c’è anche qualche altro sovranista eletto; a sinistra Jean-Luc Mélenchon ottiene 131 seggi.

Per la Francia è una situazione nuova e certamente difficile per la governabilità, tanto più in una fase internazionale tra le più complicate degli ultimi tempi, tra guerra in Ucraina, inflazione e conseguenze della pandemia. E si tratta anche di un severo monito per Bruxelles ad appena tre anni dalle elezioni europee che avevano segnato la netta affermazione degli europeisti e la sconfitta per sovranisti (salvo in Italia e in qualche Paese dell’Est Europa), euroscettici e forze di sinistra.

Ma in tre anni i mutamenti economici e sociali sono stati notevoli. L’acuirsi delle molteplici crisi alimenta l’astensione – in Francia non ha votato un elettore su due – e favorisce le forze politiche più radicali, tanto a destra quanto a sinistra.

In Italia si voterà, salvo sorprese, nel 2023 e, benché orfani del boom di una formazione anti-sistema come si presentò il Movimento Cinque Stelle nel 2018, raccogliendo un terzo dei voti (e ben 333 parlamentari) e praticamente senza una sinistra radicale fortemente rappresentativa, lo scontro sarà tra le forze più filoeuropeiste e più fedeli al governo Draghi, Partito democratico e centristi in testa, e le destre di Meloni e Salvini, con Forza Italia e gli altri “cespugli” di centrodestra che pur essenziali per la coalizione, avranno molto probabilmente, stavolta, un ruolo residuale.

C’è da capire, principalmente, quanti italiani ripongano ancora la fiducia in Mario Draghi. Sull’appannamento della luna di miele, dopo un 2021 segnato da buoni indicatori di ripresa economica (compreso l’ottimo rialzo del Pil al 6,6 per cento e la decrescita di deficit e debito), pesano un’economia verso la stagnazione, l’aumento del costo della vita (benché determinato da congiuntura internazionale), il ritorno delle politiche rigoriste, ma anche la scelta di inviare armi all’Ucraina che, secondo i sondaggi, vede contraria la maggior parte degli italiani ritenendolo soprattutto un favore alla potente industria bellica.

Insomma, le urne francesi rappresentano davvero un campanello d’allarme per la politica europeista che dovrebbe accelerare verso la transizione energetica, la lotta ai cambiamenti climatici, l’inclusione e il riequilibrio sociale. 

Domenico Mamone