
All’indomani della crisi finanziaria globale (GFC) del 2008-2009 quasi tutti pensavano che, dopo due crolli del 50% registrati dal mercato azionario nell’arco di un decennio, il dominio degli Stati Uniti fosse finito. Il futuro sarebbe stato nelle mani dei paesi emergenti. Nel decennio successivo questa previsione pressoché unanime non avrebbe potuto dimostrarsi più sbagliata.
Dal 2011 a oggi l’MSCI World Index ha nettamente sovraperformato l’MSCI EM Index. Le banche centrali dei mercati sviluppati hanno fatto ricorso al quantitative easing (QE) e a tassi d’interesse artificialmente bassi per contrastare gli effetti della GFC. Il basso costo del denaro ha incentivato l’assunzione di prestiti, l’aumento della leva finanziaria e i riacquisti di azioni da parte delle aziende statunitensi, con la conseguente espansione dei multipli di valutazione (P/E) e la sovraperformance dei mercati sviluppati. Dal 2014 in poi, inoltre, il biglietto verde si è rafforzato, intaccando la competitività relativa delle esportazioni dei mercati emergenti. I prezzi delle materie prime sono diminuiti e le apprensioni geopolitiche si sono intensificate, mentre la pandemia di Covid ha creato nuove difficoltà.
La Cina ha rallentato. In questo contesto, i mercati emergenti hanno sottoperformato.
Siamo dell’avviso che i prossimi dieci anni saranno più gratificanti per gli investitori nei mercati emergenti. Tre tendenze essenziali potrebbero definire la nuova era dei mercati emergenti.
1. Probabilmente non avranno bisogno di ammodernare costose infrastrutture esistenti o vecchi sistemi profondamente radicati.
2. Hanno popolazioni giovani esperte di digitale.
3. Mentre nei mercati maturi è il settore privato che tende a farsi carico dell’innovazione, in alcuni grandi mercati emergenti i governi collaborano attivamente con le aziende e sostengono le iniziative imprenditoriali nel campo delle nuove tecnologie allo scopo di coltivare i talenti e le competenze locali.
Secondo le stime, entro il 2030 due terzi della popolazione mondiale risiederanno nelle città, nella maggior parte dei casi in megalopoli che ospitano più di 10 milioni di persone.
Tuttavia, questo processo di urbanizzazione comporta sia sfide che opportunità. I governi devono investire in infrastrutture solide, come trasporti, energia, acqua e servizi igienico-sanitari. Città intelligenti, trasporti sostenibili e reti logistiche efficienti saranno fondamentali per la competitività economica. Le carenze infrastrutturali sono tuttora un ostacolo significativo alla crescita di molti mercati emergenti. In molti mercati emergenti si registrano crescenti preoccupazioni per l’impatto ambientale provocato dalla rapidità della crescita economica, dell’urbanizzazione e dello sviluppo.
(a cura di Wim-Hein Pals, Head of Emerging Markets Equities di Robeco)