Torino, “Haori”, gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone

Giampiero Castellotti
05/02/2025
Tempo di lettura: 5 minuti
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La mostra Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone apre al pubblico il 12 aprile, offrendo una singolare esplorazione della cultura materiale giapponese attraverso circa 50 haori e juban (le giacche sovrakimono e le vesti sotto kimono maschili), nonché alcuni abiti tradizionali da bambino, provenienti dalla collezione Manavelloin dialogo con installazioni di artisti contemporanei.

La mostra non ha attualmente precedenti né in Italia né in Europa e si pone quindi come una novità assoluta nel panorama delle proposte aventi come tematica l’arte dell’estremo Oriente.

Le raffigurazioni che decorano gli abiti presentati non sono solo esempi di preziosa manifattura, ma documenti e testimonianze che approfondiscono il Giappone del primo Novecento, un periodo cruciale segnato da trasformazioni sociali, culturali e politiche, tra modernizzazione accelerata e tensioni imperialiste. All’interno del percorso espositivo sono presentate opere di artisti contemporanei come strumenti di analisi e riflessione, invitando il pubblico a orientarsi in un’epoca storica di relazioni complesse tra Giappone, Cina e Corea ancora poco conosciuta in Italia.

Il progetto espositivo si avvale della consulenza curatoriale di Silvia Vesco (docente di Storia dell’Arte Giapponese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia), Lydia Manavello, You Mi (curatrice indipendente e attualmente docente di Arte ed Economia all’Università di Kassel), in collaborazione con il Direttore del MAO, Davide Quadrio, le curatrici Anna Musini e Francesca Filisetti, con l’assistenza di Francesca Corrias.

Svelare, non esibire, suggerire senza palesare. A questi principi si ispira la millenaria cultura giapponese che, sull’equilibrio in perenne divenire fra pieni e vuoti e sul senso dell’armonia, tesse ancor oggi la propria esistenza.

L’abbigliamento concorre a definire i ruoli e gli spazi in cui si configura e si muove la complessa società nipponica; in questo contesto grande interesse ha sempre destato il kimono femminile, mentre l’ambito degli indumenti maschili è stato ancora poco indagato.

Meno appariscenti ma assai interessanti, le vesti da uomo costituiscono, in realtà, una parte consistente del ricco apparato tessile giapponese. Nell’eleganza austera del completo cerimoniale o nella sobrietà di un abito da vivere tutti i giorni, i kimono da uomo racchiudono e definiscono un universo che si rende accessibile solo nel contesto domestico o nel segreto di un incontro amoroso. A rivelare l’anima di chi li indossa sono i soggetti che impreziosiscono gli interni delle giacche o l’intera superficie dei sotto kimono: immagini seduttive o narrative, sempre sofisticate, abilmente tessute o dipinte, elaborate con minuzia o appena suggerite da qualche tratto d’inchiostro, raccontano la cultura del Sol Levante con riferimenti alla letteratura e all’arte della guerra, al mondo naturale e alla sfera divina. Tradizionalmente considerati espressione dell’intimità quotidiana, gli haori e le juban presentati in mostra assumono un nuovo significato e diventano un’occasione per affrontare temi di grande attualità, fra cui le questioni legate all’espansione giapponese del XX secolo in Asia e alle implicazioni politiche e sociali che ne caratterizzarono il contesto storico. Tra queste anche la propaganda, affidata non solo ai tradizionali mezzi di comunicazione ma, in modo tanto sorprendente quanto pervasivo, proprio agli abiti, tra i quali anche quelli da bambino, cui è dedicata un’apposita sezione in mostra.

L’esposizione esplora, dunque, l’immaginario comune del Giappone in Occidente, ancora legato a una visione tradizionale e romantica, in contrapposizione alla percezione di un Giappone diverso, a tutt’oggi poco conosciuto, che è quello che trapela dagli abiti maschili; le immagini che li caratterizzano da un lato celebrano il mito dell’Occidente, dai plurimi volti, dall’altro mirano ad enfatizzare l’orgoglio nazionale nipponico, entrambe culminati nell’evoluzione tecnologica e nella strenua difesa della propria identità, prima e durante il secondo conflitto mondiale.

Questa eredità, lungi dall’essere cancellata dal tempo, sopravvive ancor oggi in Paesi e realtà al di fuori del Giappone ma allora coinvolti, e di essa le installazioni e i video contemporanei in mostra offrono una tangibile testimonianza, arricchendo il racconto con riflessioni sul tempo passato e presente. Fra i lavori all’interno del percorso espositivo il video A Needle Woman e le sculture Bottari di Kimsooja (Taegu, Corea, 1957), che indagano il rapporto tra individuo e società, con particolare attenzione all’idea di ibridismo culturale e linguistico, ponendo l’accento su come il nomadismo e la migrazione plasmino l’identità personale e collettiva; la grande installazione Kotatsu (J. Stempel) di Tobias Rehberger (Esslingen, Germania, 1966) che, unendo due tradizioni agli antipodi come quella giapponese e quella tedesca, affronta il tema della morte e della trasformazione. Infine il video Kishi the Vampire di Royce Ng (Hong Kong, 1983), che riscrive la storia di Kishi Nobusuke (primo ministro giapponese dal 1957 al 1960) come una storia di vampiri, utilizzando questo personaggio storico per proporre una rilettura fantastica dell’economia politica tra Giappone, Corea e Cina del XX secolo; a quest’opera fa eco il film Tungus, 通古斯 di Wang Tuo (Changchun, China, 1984) che tratta gli stessi temi attraverso una ricerca storico-artistica che intreccia fatti storici, archivi culturali, finzione e mitologia in narrazioni speculative.

In linea con la programmazione del MAO, la mostra è concepita come un organismo vivo e, per tutta la sua durata, presenta un programma musicale e performativo, a cura di Chiara Lee e freddie Murphy. A giugno 2025 sarà presentato il catalogo della mostra in lingua italiana e inglese, con saggi critici inediti e un ampio apparato iconografico, edito da Silvana Editoriale.

Installation view, Rabbit Inhabits the Moon, MAO Museo d'Arte Orientale Torino, ph PerottinoGiacca sovrakimono informale (haori) maschile con nave in partenza da una banchina, Giappone, 1920-1940 Crespo di seta nero; fodera in taffetà di seta decorata con mascherina (katayuzen) e rifinita a pennello a mano liberah. 110 x l. 130 x 52,5, Collezione privata, inv. n. 5.HA.11 Foto: Alessandro Muner

Giampiero Castellotti