Superbonus, dopo la revisione dei conti peserà meno sui deficit futuri

Nataliya Bolboka
03/03/2023
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Buone notizie per il Governo Meloni dopo la revisione dei conti nazionali imposti dall’Europa.

Dopo il monito dell’Eurostat, l’Istat ha inserito i crediti d’imposta generati dal Superbonus nella contabilità dell’anno in cui sono stati generati. Infatti, attraverso la cessione e lo sconto in fattura, il credito diventa “pagabile”. Ciò significa che è da intendersi come spesa pubblica dell’anno in cui è stato formato e non può essere spalmato sugli anni di effettivo utilizzo come inizialmente contabilizzato.
In base ai nuovi conteggi vanno riviste anche le entrate. Dal momento che il credito fiscale non è più considerata come minore entrata nell’anno di utilizzo, anche queste subiscono un aumento.

Stando alla revisione dei conti, dunque, nel 2020 il rapporto deficit-Pil sale dal 9,5 al 9,7 per cento e dal 7,2 al 9 per cento nel 2021. Nel 2022, invece, si attesta all’8 per cento, ovvero più di 2 punti percentuali rispetto al 5,6 per cento stimato nella Nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza). Per l’esattezza 2,4 punti che corrispondono a circa 47 miliardi in più per il solo 2022 e che salgono a 90 miliardi se si considerano gli ultimi tre anni.

Come tiene a specificare l’Istat “l’impatto complessivo della misura agevolativa sul deficit delle Amministrazioni pubbliche è il medesimo, sia che la stessa sia registrata come minore entrata tributaria, sia che venga registrata come maggiore spesa. Muta, invece, il profilo temporale”, riporta Il Fatto Quotidiano.
Ma pesando sugli anni passati, i 90 miliardi saranno tolti dal saldo di bilancio degli anni tra il 2023 e il 2032.

Quindi, per il 2023 peseranno solo i crediti fiscali sorti fino al 16 febbraio, ovvero quando il Governo ha ordinato la cessione del credito e dello sconto in fattura, senza contare le mancate entrate derivanti da crediti di anni precedenti. Attraverso una stima sommaria, il rapporto deficit-Pil nel 2023 dovrebbe ridursi dello 0,4 per cento rispetto a quello programmato e addirittura diminuire dello 0,8 per cento nel 2024 e nel 2025, lasciando al Governo Meloni maggiori disponibilità economiche.

Nataliya Bolboka