Quel professore che addolcisce i nostri amari giorni

Domenico Mamone
02/01/2022
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Sono soprattutto i professori come Pietro Carmina a tenere acceso il fuoco della speranza per il nostro futuro. Principalmente per quello dei più giovani. La sua lettera di commiato agli studenti in occasione del suo pensionamento, intelligentemente recuperata e divulgata agli italiani dal Presidente Mattarella per il discorso di fine anno, è un capolavoro di umanità e saggezza che restituisce centralità a quella “buona scuola” costituita soprattutto di “buoni professori”. Ed il nostro Mezzogiorno, in tal senso, è una miniera inesauribile di capacità, sensibilità e trasmissione di saperi.

“Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha; non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente”. Così “ammoniva” i suoi amati studenti il docente di storia e filosofia del liceo classico “Foscolo” di Canicattì, scomparso tragicamente lo scorso 11 dicembre insieme ad altre otto persone nel crollo delle palazzine di via Trilussa a Ravanusa (Agrigento). Ha lasciato ai suoi alunni – e a noi tutti – un testamento morale che vale certamente più di tanti progetti materiali o di tanti consumati slogan politici per l’avvenire delle giovani generazioni.

“Ai miei ragazzi, di ieri e di oggi. Ho appena chiuso il registro di classe. Per l’ultima volta. In attesa che la campanella liberatoria li faccia sciamare verso le vacanze, mi ritrovo a guardare i ragazzi che ho davanti. E, come in un fantasioso caleidoscopio, dietro i loro volti ne scorgo altri, tantissimi, centinaia, tutti quelli che ho incrociato in questi ultimi miei 43 anni”. E ancora: “Con alcuni persistono, vivi, rapporti amichevoli, ma il trascorrere del tempo e la lontananza hanno affievolito o interrotto, ahimè, quelli con tantissimi altri. Sono arrivato al capolinea e il magone più lancinante sta non tanto nell’essere iscritto di diritto al club degli anziani, quanto nel separarmi da questi ragazzi”.

Di professori Carmina, per fortuna, ce ne sono tanti nelle aule scolastiche. E saremo tutti più rassicurati sul futuro dei nostri figli finché ci sarà un sagace Presidente della Repubblica capace di cogliere ed offrire alla platea degli italiani le proficue sentenze del docente siciliano. Un po’ da libro “Cuore”, quel testo spesso vituperato da certo “modernismo” sfasciavalori (che ha fatto tanti danni) e che invece andrebbe ritirato fuori dai cassetti per recuperare i principi base del vivere civile. Ha scritto il professor Carmina, rivolgendosi ai suoi ragazzi: “A tutti credo aver dato tutto quello che ho potuto, ma credo anche di avere ricevuto di più, molto di più. Vorrei salutarvi tutti, quelli che incontro per strada, quelli che mi siete amici sui social, e, tramite voi, anche tutti gli altri, tutti, e abbracciarvi ovunque voi siate. Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita; una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista. Ho imparato qualcosa da ciascuno di voi, e da tutti la gioia di vivere, la vitalità, il dinamismo, l’entusiasmo, la voglia di lottare”.

Grazie maestro di vita per i suoi inviti a combattere l’indifferenza, per lo sprone a rischiare pur mettendo in conto la possibilità di sbagliare, per le raccomandazioni a non bruciare tempo con lo smartphone investendolo invece nella lettura, nel viaggio, nella curiosità. “Io ho fatto, o meglio, ho cercato di fare la mia parte, ora tocca a voi – ha scritto. “Il pullman è arrivato. Io mi fermo qui”. No, professore, con le sue apprezzabili parole il viaggio sarà eterno.

Domenico Mamone