Prospettive economiche e strategie di investimento nell’area euro

Redazione
30/10/2024
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Economia

Nonostante la debolezza delle prospettive di crescita, la maggiore resilienza e stabilità dell’area dell’euro rende interessanti gli investimenti europei nel reddito fisso. Dopo l’inizio della pandemia nel 2020, la crescita nell’area dell’euro è stata debole. La regione ha registrato una flessione più profonda e una ripresa più tiepida rispetto alla maggior parte degli altri Paesi sviluppati. La vicinanza dell’area dell’euro al conflitto tra Ucraina e Russia l’ha resa più vulnerabile all’aumento dei prezzi dell’energia, le misure di sostegno fiscale sono state meno generose rispetto agli Stati Uniti e i mutui a breve termine hanno amplificato l’impatto della politica monetaria restrittiva. A prima vista, molti degli effetti dirompenti della pandemia sono ormai svaniti. Come altre economie sviluppate, l’area dell’euro appare più “normale” che in qualsiasi altro momento dall’inizio della pandemia.

L’inflazione complessiva è tornata all’obiettivo della BCE. Tuttavia, le prospettive rimangono fragili. Dal punto di vista ciclico, la debolezza della Cina e dell’attività manifatturiera globale sta pesando sull’attività economica, soprattutto in Germania, mentre le famiglie hanno esaurito le scorte dei risparmi accumulati durante la pandemia. Strutturalmente, la crescita della produttività rimane debole e, a differenza della maggior parte degli altri Paesi, la spesa per investimenti nell’area dell’euro è crollata negli ultimi due anni.

L’ex presidente della BCE Mario Draghi ha recentemente pubblicato un elenco completo di raccomandazioni politiche volte a migliorare le prospettive di crescita a lungo termine. Tuttavia, è improbabile che la maggior parte di esse venga attuata e, per quelle che lo saranno, dubitiamo che possano alterare in modo significativo la traiettoria della crescita in tempi brevi. Nel complesso, prevediamo che la crescita nell’area dell’euro rimarrà lenta, attestandosi intorno all’1%, un valore prossimo al tasso di crescita di lungo periodo. Anche se non prevediamo una recessione imminente, il rischio di una recessione rimane elevato, non da ultimo a causa dell’incertezza sulle prospettive del commercio globale alla luce delle prossime elezioni americane. Anche gli squilibri economici nella regione sono diminuiti. Molti degli squilibri esterni che esistevano prima della crisi finanziaria si sono attenuati. Dopo un decennio di avanzi delle partite correnti, l’area dell’euro è ora un prestatore netto nei confronti del resto del mondo, con maggiori asset internazionali rispetto alle passività. Anche la crescita economica ha registrato una convergenza all’interno della regione: dall’inizio della pandemia, i Paesi che prima erano in ritardo, in particolare la periferia, hanno superato i Paesi core e la Germania in particolare.

Più in generale, l’assenza di significative tensioni finanziarie negli ultimi anni è un segno di resilienza. È vero che la crescita è stata debole, ma gli spread sovrani sono rimasti generalmente stabili nonostante le numerose sfide, tra cui: una guerra ai confini della regione, i tagli alle forniture di gas della Russia, l’aumento dei tassi d’interesse, il crollo di Credit Suisse e l’elezione di un governo di estrema destra in Italia. È difficile immaginare shock più avversi di quelli affrontati negli ultimi anni per mettere alla prova la tenuta dell’area dell’euro. Le prospettive a lungo termine della politica monetaria sono più nebulose. Dov’è il tasso neutrale di politica monetaria, o r-star? Sebbene l’incertezza rimanga elevata, non ci aspettiamo che i tassi di interesse tornino ai livelli precedenti alla pandemia. Le aspettative di inflazione si sono riancorate più in alto e i rischi di inflazione appaiono ora più bilanciati intorno all’obiettivo del 2% rispetto a prima della pandemia. Inoltre, gli spread delle obbligazioni sovrane sono oggi generalmente più stretti, in parte grazie a un quadro istituzionale più solido.

In questo contesto, gli investimenti a reddito fisso in Europa continuano ad essere interessanti. Sebbene le valutazioni dei tassi d’interesse a breve termine per la BCE appaiano sostanzialmente corretti, ci aspettiamo che la curva dei rendimenti continui a irripidirsi con la normalizzazione della politica monetaria. Pertanto, i tassi di interesse a lungo termine potrebbero aumentare rispetto a quelli a breve termine. La distinzione tra paesi core e periferici in termini di spread obbligazionari è diventata più sfumata e probabilmente rimarrà tale. La recente volatilità politica in Francia ha fatto sì che i costi di prestito francesi siano ora pari a quelli spagnoli, il che sembra giustificato. Nel frattempo, grazie al miglioramento del quadro istituzionale, gli spread dei titoli di Stato italiani (BTP) rimarranno probabilmente più stabili, offrendo vantaggi di diversificazione ai portafogli di investimento.

(A cura di Nicola Mai, economista e analista del credito sovrano e Peder Beck-Friis, economista di PIMCO)

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