Numerosi Paesi emergenti adottano programmi di riforme verdi. Tra gli esempi figurano:
– Il programma di riforme verdi della Cina, che vede il paese impegnato in una transizione verso un’economia più ecosostenibile e a basse emissioni di carbonio. Il paese è di gran lunga il maggior produttore mondiale di pannelli solari e turbine eoliche; oltre il 90% di tutti i pannelli solari a livello mondiale proviene dalla Cina. Le autorità cinesi mirano a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060.
– Il Brasile è impegnato a combattere la deforestazione in Amazzonia e ha fissato obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra. Il paese sta inoltre investendo nelle fonti rinnovabili come l’energia idroelettrica, eolica e solare. Queste rappresentano quasi il 45% della domanda di energia primaria del Brasile, il cui settore energetico presenta quindi una delle minori intensità di carbonio al mondo. La rete elettrica nazionale brasiliana è alimentata per quasi l’80% da fonti rinnovabili. Per realizzare questi obiettivi ambiziosi servono investimenti ingenti nell’energia eolica e solare, nei veicoli elettrici, nelle reti elettriche intelligenti e in altre tecnologie verdi. In aggiunta alle significative quote di mercato nell’eolico e nel solare, Cina e Corea hanno grandi produttori di automobili e batterie con una presenza considerevole nella catena di fornitura globale dei veicoli elettrici. Paradossalmente, il rafforzamento della resilienza climatica può essere un processo ad alta intensità di materie prime.
Alcuni aspetti delle iniziative di resilienza climatica richiedono un impiego considerevole di materie prime come acciaio, legname, leghe metalliche, metalli delle terre rare, litio, silicio e plastica. I paesi emergenti produttori di materie prime come Cina, Brasile, Cile, Indonesia, Sudafrica e Corea saranno probabilmente i beneficiari economici della transizione energetica. Le prospettive dei mercati emergenti sono strettamente legate alle mutevoli dinamiche del commercio globale. L’aumento del protezionismo, le tensioni commerciali e i cambiamenti nelle catene di fornitura comportano sia rischi che opportunità per le economie emergenti. Anche il panorama geopolitico è interessato da una rapida evoluzione. Le tensioni commerciali, le alleanze regionali e la competizione tecnologica si ripercuoteranno sui mercati emergenti al pari dei cambiamenti interni.
Ad esempio, si prevede che l’India diventerà il più grande mercato emergente nel prossimo decennio, probabilmente intorno al 2030, superando la Cina. Questo sorpasso sarà favorito dalla crescita demografica, dalla vigorosa espansione economica, dal dividendo demografico, dal continuo perseguimento delle riforme di mercato, dalla tecnologia e dall’innovazione, e dallo sviluppo delle infrastrutture. In particolare, un numero sempre maggiore di imprese sta adottando la strategia “Cina più uno”, per diversificare l’attività produttiva o gli approvvigionamenti al di là della Cina con l’aggiunta di almeno un altro paese alla propria catena di fornitura. Questo approccio punta a mitigare i rischi associati all’eccessiva dipendenza dalla Cina, come l’aumento del costo del lavoro, le tensioni geopolitiche o le interruzioni delle supply chain. In sintesi, il prossimo decennio sarà un periodo positivo di trasformazione per i mercati emergenti.
Dal punto di vista sia economico che geopolitico si assiste a uno spostamento del potere verso i mercati emergenti come il Brasile, il Messico, la Grande Cina, la Corea del Sud, l’India e alcune zone del Sud-Est asiatico. Per gli investitori questo è un momento quanto mai opportuno per aumentare l’esposizione ai mercati emergenti e cogliere la seconda ondata di crescita del loro percorso evolutivo.
(a cura di Wim-Hein Pals, Head of Emerging Markets Equities di Robeco)
Abstract by http://www.verinieassociati.com