Meteo: Italia spaccata tra siccità ed alluvioni

Vanessa Pompili
13/10/2022
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Se il maltempo di questi giorni sembra non dare tregua, alcune aree della penisola sono ancora in sofferenza idrica, con tutte le conseguenze che ne derivano per l’agricoltura e le imprese.

A rilevare la spaccatura territoriale è l’Anbi – Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, attraverso i dati elaborati dal suo Osservatorio per le risorse idriche.

“Mentre è ancora siccità su larga parte d’Italia cresce il rischio alluvioni – avvertono dall’Anbi. E ricordano che “la prevenzione civile comincia dall’ordinaria manutenzione”.

In Nord Italia, l’attesa di precipitazioni intense e regolari per riequilibrare il grave deficit idrico del 2022 continua a protrarsi, sistematicamente disattendendo le speranze di piogge provvidenziali ed aumentando contestualmente il rischio idrogeologico su corsi d’acqua oggi irriconoscibili, come ad esempio per l’ormai ex “catino d’Italia” del Friuli Venezia Giulia (Udine, Pordenone, Trieste): da inizio ottobre non si è finora registrato un significativo evento meteo.

La percezione dell’alto pericolo idraulico si ha evidente, osservando la condizione del Piemonte dove, ad una timida ripresa della Stura di Lanzo si contrappone la persistente asciutta di corsi d’acqua, temuti per il regime torrentizio ad alto rischio come la Bormida e l’Orba; nella confinante Valle d’Aosta, dove le precipitazioni settembrine sono state inferiori alla media, si sono dimezzate le portate della Dora Baltea.

“Molti degli alvei oggi in secca sono stati, nel recente passato, protagonisti di disastrose esondazioni; i Consorzi di bonifica monitorano il territorio di competenza, ma va sollecitata l’attenzione anche delle comunità locali, perché un territorio arido è uno straordinario acceleratore della velocità delle acque di pioggia, le cui previsioni hanno dimostrato di non poterne determinare con precisione né la quantità, né le modalità” ha ricordato con preoccupazione Francesco Vincenzi, presidente Anbi.

Esemplare della grave crisi idrica, che si sta continuando a registrare nell’Italia settentrionale, è la situazione della Lombardia, dove permane in sofferenza il fiume Adda, nonostante il “sacrificio” del lago di Como, che sta rilasciando una portata quasi doppia di quella in entrata, immolandosi ad un crescente deficit che, in assenza di piogge, ne fa facilmente presagire l’insostenibilità; sono dimezzate anche le riserve idriche della regione, dove i bacini montani contengono solo il 30 per cento dell’acqua, che normalmente hanno in questo periodo.

Tutti i grandi laghi del Nord sono prossimi ai livelli minimi, quando l’anno scorso segnavano percentuali di riempimento pari almeno al 60 per cento (oggi il lago d’Iseo è al 6,4 per cento, il Lario è al 10,6 per cento, il Maggiore è al 20 per cento, il Benaco al 22,1 per cento).

In Veneto calano i livelli dei fiumi, pregiudicando la ricarica delle falde mai così basse in tempi recenti: in gran parte del trevigiano, nella fascia occidentale della provincia di Venezia, nella parte settentrionale del padovano ed in alcune zone del medio-basso Polesine, è indicata una condizione di siccità estrema.

Il fiume Po è quasi ovunque nuovamente sotto il minimo storico: al rilevamento di Pontelagoscuro si sfiora ancora la soglia limite per contrastare l’intrusione salina, registrando una portata inferiore di quasi il 75 per cento a quella registrata lo scorso e addirittura -87 per cento sul 2020.

Per i fiumi appenninici dell’Emilia Romagna, l’estate non sembra finire con portate ferme ai valori tipici dei periodi più siccitosi con il livello della Trebbia, che ristagna attorno ai 35 centimetri.

Dopo gli exploit di fine settembre-inizio ottobre, le portate dei fiumi toscani registrano ora cali generalizzati.

Lo scenario cambia man mano, che si scende verso Sud.

Nelle Marche, i corsi d’acqua principali si mantengono ad un buon livello idrometrico con andamento settimanale positivo per Tronto, Nera, Sentino, mentre in calo sono Potenza ed Esino.

Analizzando i dati pluviometrici, l’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche evidenzia un asse latitudinale, che va dall’alluvionata Senigallia alla livornese San Vincenzo, su cui in settembre si sono rovesciate le maggiori precipitazioni, che sulle località toccate in Umbria hanno registrato una media di 167 millimetri, a conferma dell’ormai consolidata localizzazione degli eventi estremi. Nella stessa regione sono in calo i livelli del fiume Tevere, ma soprattutto del lago Trasimeno, che oggi segna metri –1,54 contro una media di -0,72 metri.

Nel Lazio, in linea con quanto verificato a monte, calano i livelli del fiume Tevere, così come del Sacco e del lago di Nemi, mentre crescono le portate di Liri ed Aniene.

Buoni, seppur in calo, sono i flussi negli alvei dei fiumi campani, tra cui spicca la buona performance del Garigliano.

Le alte temperature proseguono la necessità di apporti irrigui per le campagne di Basilicata e Puglia, i cui bacini hanno visto calare i volumi trattenuti rispettivamente di 6 e 5 milioni di metri cubi in una settimana.

In Calabria, analoga situazione si registra nel crotonese, dove l’invaso di Sant’Anna è al minimo in anni recenti.

Infine, la Sardegna, i cui invasi trattengono complessivamente una quantità d’acqua inferiore alla media del decennio, ma sono bastati solo una trentina di millimetri di pioggia per allagare Orosei.

“È evidente che le situazioni soprattutto urbanistiche sono differenti, ma è altrettanto vero che la prevenzione civile parte ovunque dall’ordinaria manutenzione – ha concluso Massimo Gargano, direttore generale di Anbi. “Per questo ci appelliamo ad amministrazioni comunali e cittadini perché, in una situazione di conclamato rischio come l’attuale, mantengano alta l’attenzione sull’efficienza delle reti idrauliche nei centri urbani ad iniziare dalla pulizia di caditoie e fossi anche privati: la caduta autunnale delle foglie, infatti, può trasformarsi in un drammatico tappo al fluire delle acque in condizioni di criticità”.

Vanessa Pompili