“Made in Italy Summit”, l’Italia nel nuovo assetto geopolitico

Nataliya Bolboka
05/10/2022
Tempo di lettura: 8 minuti

Una serie di congiunzioni che mai si sarebbe pensato potessero coincidere. Crisi energetica, guerra, inflazione, minaccia nucleare, incertezza sulle forniture di gas che si vanno ad aggiungere a crisi climatica e alla crisi post pandemica.

Il 2022 doveva costituire l’anno della ripartenza, dopo due anni difficili dovuti a una pandemia cui nessuno era preparato. Lo scenario geopolitico, invece, si è rivelato completamente differente.

È questo il contesto in cui si è aperta la prima giornata del “Made in Italy Summit”, che si inserisce all’interno del percorso Made in Italy: Driving Innovation, Sustainability and Resilience, nato dalla partnership tra Il Sole 24 Ore, Financial Times e Sky TG24.

Tre editori internazionali che collaborano portando avanti incontri di alto profilo, dove alcuni dei “più
autorevoli esponenti del mondo istituzionale e i rappresentanti delle principali eccellenze aziendali italiane” affrontano i temi di innovazione e resilienza all’insegna del digitale e della sostenibilità, dal punto di vista politico e aziendale.

Il mondo si trova in un momento cruciale della storia, caratterizzato da ansia e incertezza. Tuttavia, come
ha affermato Paolo Magri, vice presidente esecutivo ISPI, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, gli
scenari peggiori non si sono ancora verificati. In quel caso, infatti, non staremmo qui a discuterne.
I prezzi folli sono sicuramente il problema che si ripercuote maggiormente sui cittadini e sulle loro tasche,
ma, ha continuato Magri, “bisogna superare la nottata”. La storia è maestra e per uscire dalla recessione all’orizzonte è necessario un nuovo assetto economico, raggiungibile solo con prezzi alti che col tempo
determineranno una riduzione dei consumi.

In questo contesto in Italia, dove la politica entra in nuova fase dopo le elezioni, nonostante le difficoltà, a
gennaio 2022 l’export aumenta del 22,6 per cento su base annua e cresce il pil del 3,4 per cento. Anche le
previsioni sono modeste.

Come ha affermato Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, le imprese italiane si adattano bene agli scenari, dimostrando una resilienza tipicamente italiana.

“Il contesto internazionale nel quale ci troviamo è fortemente complesso e instabile – ha detto il presidente di Confindustria. “Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da eventi dirompenti come la pandemia e la guerra che hanno completamente stravolto l’equilibrio internazionale e nazionale a cui eravamo abituati. All’inizio di questo 2022 la speranza era di continuare il rimbalzo realizzato dalla nostra industria manifatturiera nel 2021. Ci troviamo invece all’ottavo mese di invasione russa dell’Ucraina che ha aggiunto nuovi enormi impatti asimmetrici sull’economia italiana, europea e mondiale. Le nostre imprese sin qui si sono rilevate capaci di risultati eccezionali, penso ai 581 miliardi di export nel 2021 e ai buoni andamenti dell’export nei primi due trimestri del 2022 che resta, per i 2/3 manifatturiero. Una dimostrazione concreta del fatto che le nostre imprese non si abbattano davanti alle difficoltà, non smettono mai di migliorare i processi produttivi e i prodotti e si adeguano al variare della domanda estera con una duttilità e con una sostituzione dei mercati migliore dei nostri competitor europei come la Germania, già in recessione – ha continuato Bonomi. “La punta di diamante del nostro made in Italy, il bello e ben fatto che va dal design fino alla meccanica rappresenta una parte consistente delle esportazioni complessive dell’Italia ed è trasversale a tutti i principali comparti dell’export dei beni finali di consumo. Il nuovo contesto geopolitico però ha messo in grande evidenza il tema della vulnerabilità delle filiere di fornitura e dell’autonomia strategica del nostro paese e dell’Europa”.

Il presidente di Confindustria ha ricordato anche che “l’Italia è un paese trasformatore privo di risorse energetiche e minerarie in cui migliaia di imprese si posizionano nella parte intermedia e medio alta delle catene globali del valore di fornitura. Russia e Ucraina detengono una quota elevata di numerose commodity. Si tratta di input a monte delle catene globali del valore utilizzati in numerose produzioni a valle per cui gli effetti di colli di bottiglia si amplificano lungo le filiere fino ai beni di consumo e di investimento. Con le forti difficoltà che ha vissuto il commercio mondiale in seguito alla serie dei lockdown via via succedutisi all’indomani dell’irrompere della pandemia, e con l’improvvisa carenza di questi input assistiamo al tramonto definitivo della fase storica in cui, per i paesi industrializzati, il problema di come soddisfare i fabbisogni della domanda si poneva solo in termini commerciali e non anche produttivi e questo è un punto centrale della questione. I concetti di autonomia strategica di determinate filiere come quelle legate ai dispositivi medici, alla mobilità elettrica, alle tecnologie di comunicazione ultraveloce, alle energie rinnovabili e di dipendenza critica dalle forniture estere ad esse collegate sono entrate nel corso di questi ultimi due anni all’interno del dibattito politico internazionale ed europeo – ha continuato il presidente di viale dell’Astronomia. “In un contesto, come quello attuale, in cui assistiamo ad un ripiegamento del processo di globalizzazione, all’accorciamento delle catene internazionali di fornitura e alla loro regionalizzazione, come Italia e come Europa possiamo ritagliarci un ruolo importante perseguendo l’autonomia strategica se sapremo spingere ancor più sull’innovazione in particolare sulla transizione digitale ecologica con il rinnovo delle competenze ad ogni livello. Le imprese, infatti, devono posizionarsi nella parte alta di queste catene. Diversamente, rischiamo di perdere l’opportunità o scivolare verso produzioni a minor valore aggiunto. Con l’accelerazione di fenomeni di reshoring di produzioni precedentemente delocalizzate si apre in prospettiva una nuova fase di sviluppo industriale per i paesi avanzati perché la distanza geografica e soprattutto politica è tornata a giocare un ruolo significativo nelle scelte produttive e commerciali”.

Bonomi ha rimarcato la dicotomia tra economie emergenti ed economie avanzate. “Con il precipitare delle relazioni tra Occidente e Russia per la guerra in Ucraina, e l’aumento delle tensioni tra Occidente e Cina rispetto al rischio di un nuovo conflitto a Taiwan, risulta sempre più marcata la dicotomia tra due parti del mondo. Una che coincide, almeno in gran parte, col gruppo delle economie emergenti e l’altra ben distinta, se non addirittura contrapposta geopoliticamente ed economicamente, con il gruppo delle economie avanzate queste tendenze hanno trovato conferma in settembre a Samarcanda dove si è tenuto l’incontro dell’organizzazione per la cooperazione di Shangai: si tratta di un’istituzione euro-asiatica in ambito politico e commerciale della difesa che, per certi aspetti, fa da contraltare al G7. Sono inclusi paesi del calibro di Cina, India e Russia e potrebbe presto ampliarsi a paesi come Iran e Turchia. Uno dei messaggi sottoscritti dai membri è stato quello di rilanciare e proteggere il sistema degli scambi restituendo un ruolo di primo piano ai principi dell’organizzazione mondiale del commercio continuando nella realizzazione della belt and road initiative”.

Infine Bonomi si è soffermato sulla geopolitica. “Come stiamo vedendo il fattore geopolitico torna a svolgere un ruolo centrale e imprescindibile nelle dinamiche dell’economia: non accadeva dalla Guerra Fredda. La libertà propria delle dinamiche di mercato, che ha portato alla globalizzazione come l’abbiamo finora conosciuta, sta lasciando il passo ad un nuovo equilibrio dove le scelte politiche e geopolitiche dei governi sono centrali e hanno ricadute concrete sulle economie dei paesi e sulle opportunità di business lungo le filiere industriali oggi, più che in un altro momento storico, serve una ferma coerenza e unità internazionale. Risulta imprescindibile, infatti, per la competitività delle imprese e la crescita del nostro tessuto industriale, rafforzare in modo fattivo e stringente i rapporti commerciali, economici e politici con i partner europei e gli alleati occidentali”.

In base ai dati dell’Osservatorio Sace, così come di quelli della Bper Banca, entrambi ospiti nonché main
partners
dell’evento, la situazione delle aziende resta positiva. Almeno per il momento.

Nonostante il sentiment negativo delle imprese, rallentano ma non si fermano gli investimenti. Alcune
aziende stanno addirittura conoscendo i migliori bilanci della loro storia.

Più complicata la situazione per i consumatori. Con l’ulteriore aumento del 59 per cento sull’energia, il
rischio di morosità si fa sempre più concreto. Chi ha contratti a prezzo fisso non ha ancora sentito la vera
batosta, che arriverà però a breve.

“Per far fronte al deflagrante aumento dei prezzi dell’energia soprattutto sul mercato tutelato, il
suggerimento è di guardare alle offerte sul mercato libero che oggi offre ancora tariffe inferiori – dichiara il presidente Enel, Michele Crisostomo. “L’invito vale per le famiglie e soprattutto per le imprese veniamo da anni in cui l’energia non era un grosso problema, ora il mercato deve diventare più sofisticato, puntando anche a misure di risparmio. Vista la situazione, non si deve guardare solo a quanto si consuma ma a come si consuma”.

Per vedere l’intervento di Carlo Bonomi, cliccare QUI.

Per vedere l’intervento di Michele Crisostomo, cliccare QUI.

Nataliya Bolboka