L’Iran e le bambine avvelenate

Vanessa Pompili
27/02/2023
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Scuola Musulmana

Una mossa pianificata per portare alla chiusura delle scuole femminili di Qom, la città iraniana a Sud Ovest di Teheran, importante centro sciita. Dopo mesi di “avvelenamenti silenziosi”, finalmente ieri il viceministro della Salute Youness Panahi “ha implicitamente confermato che l’avvelenamento è stato intenzionale”. A dare la notizia è l’agenzia di stampa iraniana Irna chespiega come già da fine novembre i media locali riportavano di casi di avvelenamento respiratorio in centinaia di bambine di circa dieci anni nelle scuole della città.

Un Iran estremista che si accanisce su tutto l’universo femminile, partendo proprio dalle più piccole esponenti, le bambine impegnate sui banchi di scuola. Perché le donne non devono avere la possibilità di accedere all’istruzione, strumento di conoscenza che accresce la consapevolezza dell’oppressione. Le scuole e le università viste dal regime conservatore come pericoli perché è proprio là che germoglia l’opposizione politica all’autorità iraniana. Un chiaro esempio è quello suggerito dal vicino Afghanistan che ha vietato l’istruzione femminile.

Secondo l’agenzia Irna, il 14 febbraio scorso i genitori delle alunne iraniane si sono riuniti davanti al governatorato della città per “chiedere spiegazioni”, mentre oggi il viceministro della Salute Youness Panahi ha rivelato che “è emerso che alcuni individui volevano che tutte le scuole, soprattutto quelle femminili, fossero chiuse”.

L’avvelenamento – ha poi spiegato – è stato causato da “composti chimici disponibili non per uso militare, e non è né contagioso né trasmissibile”. I ministeri dell’Intelligence e dell’Istruzione si sono limitati a dire che stanno collaborando per trovare la fonte dell’avvelenamento.

Vanessa Pompili