
Preoccupazione c’è, inutile negarlo. Le muscolose sfide economiche e geopolitiche di Donald Trump a tutto tondo, dal Messico al Canada fino alla Cina e all’intera Europa, il rafforzamento del ruolo internazionale della Russia e il piano di riarmo da 800 miliardi lanciato dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen sono tutte notizie clamorose che non preannunciano nulla di buono. A meno che non vogliamo riesumare il celebre aforisma di Mao Tse Tung secondo cui “grande è la confusione sotto il cielo per cui la situazione è eccellente”, con riferimento, però, alla ricchezza della dialettica di cui oggi non c’è traccia.
In poche settimane ci siamo accorti che il presidente statunitense è maestro assoluto nello sconvolgere equilibri internazionali, anche attraverso mosse rischiose, ricatti talvolta efficaci e diplomazia messa sotto i piedi. Tattiche che fanno parte del personaggio – in particolare della scaltrezza dell’imprenditore – e sono in fondo in linea con le promesse elettorali basate sul “sogno americano” e su quella supponenza “made in Usa” fondata sulla convinzione della propria funzione dominante sul mondo. Salvo poi impattare in un Vietnam o in un Afghanistan.
In realtà, le azioni di questi giorni mirano a riconquistare proprio quel ruolo primario a livello internazionale in quanto c’è consapevolezza che gli Stati Uniti – oggi con un debito record di 36mila miliardi di dollari – negli ultimi anni abbiamo perso quote di potere politico ed economico. E la causa, secondo il tycoon, sarebbero vecchi e nuovi “nemici”, Cina ed Europa in primis.
Previsioni sugli esiti delle scelte della Casa Bianca sono difficili da fare. Indubbiamente una maggiore incertezza dell’economia mondiale, con il rischio di una ripresa dell’inflazione e la conseguente riduzione dei consumi, potrebbe accrescere i problemi per tutti (statunitensi compresi), anziché cercare di risolverli. Inoltre la ridefinizione delle relazioni commerciali tra nazioni finirà per privilegiare partner diversi proprio dagli Stati Uniti.
Di certo, però, il superattivismo di Trump ha messo a nudo le debolezze del nostro continente e il suo accentuato declino. E non saranno certo gli 800 miliardi destinati ad armi e divise a rendere migliore il nostro mondo. Anzi, sono risorse sottratte alla nostra ordinaria quotidianità.
G.C.