Nel dinamico ambiente di lavoro odierno si sta verificando un’affascinante convergenza: per la prima volta in assoluto, ci sono cinque generazioni distinte che alimentano l’innovazione e guidano il successo. Stiamo parlando di Baby Boomer (nati tra il 1946 e il 1964), Generazione X (1965-79), Millennial (1980-96), Generazione Z (1997-2012) e Generazione Alpha (dal 2012 in poi). Questo panorama multigenerazionale offre opportunità uniche ai datori di lavoro ma presenta anche diverse difficoltà.
Ciò accade in un momento in cui il mondo del lavoro – in parte a causa della pandemia – è semplicemente irriconoscibile rispetto a quello del passato. I confini tradizionali sono sfumati: oggi i ventenni possono essere manager e i cinquantenni stagisti. La tecnologia ha, ovviamente, avuto un ruolo nell’accelerazione.
Un recente studio dell’ADP Research Institute (“People at work”) ha evidenziato le diverse differenze esistenti tra generazioni.
Il report, condotto su oltre 32.000 lavoratori in 17 Paesi, circa 2000 in Italia, analizza la percezione che i dipendenti hanno dell’attuale mondo del lavoro e di ciò che si aspettano e sperano di ottenere dal proprio datore di lavoro in futuro.
I lavoratori italiani più giovani, in particolare, cercano uno scopo piuttosto che il puro stipendio. La generazione Z (1997-2012), ad esempio, desidera sempre più svolgere un lavoro che ritiene possa fare la differenza. I giovani vogliono lavorare per un datore di lavoro in cui credono e desiderano una cultura diversificata e inclusiva in ufficio. Sono più interessati alla flessibilità dell’orario di lavoro (33%) che alla sicurezza del lavoro (27%).
I Millennial (1981-96) e la Generazione X (1965-79), nel frattempo, pensano in modo differente. Più della metà (55%) della Gen X e il 53% dei Millennial desidera uno stipendio competitivo, e poco meno della metà (42%) della Gen X e il 39% dei Millennial desidera la sicurezza del lavoro. In molti modi, queste generazioni si trovano al crocevia tra il vecchio e il nuovo.
I Baby Boomer (1946-1964) non guardano l’orologio e preferiscono “tenere la testa bassa”. Vogliono uno stipendio competitivo (55%), ma anche godersi il proprio lavoro (60%). Probabilmente usano la stampante dell’ufficio e non si fidano del cloud. Anche se spesso trascurati dai datori di lavoro, sono molto leali perché provengono da un’epoca in cui le dinamiche lavorative erano più rigide.
Sebbene le cinque generazioni si scontrino su più fronti, uno dei più notevoli è quello del lavoro a distanza dove sembra esserci una profonda divergenza di opinioni. Oltre un membro ogni 3 della Generazione Z (39%) è insoddisfatto della flessibilità oraria offerta dal proprio datore di lavoro attuale e il 37% della flessibilità del luogo di lavoro. Mentre il 44% dei baby boomer è soddisfatto della flessibilità di orari e luogo offerti. L’insoddisfazione delle generazioni più giovani non deve essere ignorata dai leader delle risorse umane. Molto meno leali dei lavoratori più anziani, molti tra i più giovani hanno dichiarato pubblicamente che prenderebbero in considerazione la possibilità di cercare un nuovo lavoro se il loro datore di lavoro ordinasse loro di lavorare in ufficio a tempo pieno.
Ciò è in parte dovuto al fatto che le generazioni più giovani vedono la loro vita personale e quella lavorativa come completamente intrecciate. Mentre un baby boomer non si sognerebbe di condividere i dettagli della propria vita personale con i colleghi, la generazione alfa è cresciuta in un’epoca in cui ogni pasto che consumano è condiviso su Internet affinché tutti possano vederlo.
Sebbene esistano differenze profondamente radicate tra il modo in cui le generazioni cresciute con Internet e quelle che non lo hanno fatto vivono e lavorano, è importante che le aziende e gli uffici HR trovino un terreno comune. Per fare ciò, dovrebbero lavorare duramente per allineare le strategie attorno ai valori, alla sicurezza psicologica, al riconoscimento, ai benefici, al benessere, alle opportunità di carriera e alla realizzazione lavorativa.
Con la crisi del costo della vita che esercita una pressione crescente su molti lavoratori, non è mai stato così importante che il personale venga pagato correttamente e in tempo. Tuttavia, il 56% della Generazione Z e il 49% dei Millennial affermano di essere talvolta sottopagati. “Solo” il 45% dei boomer lo pensa.
“Per sfruttare la miriade di vantaggi di una forza lavoro multigenerazionale, i manager delle risorse umane dovranno anche adottare un approccio più personalizzato al reclutamento, alla ricompensa e alla fidelizzazione delle persone. Ciò potrebbe includere, ad esempio, lo svolgimento di sondaggi regolari e discussioni individuali (con dipendenti e potenziali clienti) per comprendere le esigenze e le aspirazioni di ognuno e quindi adattare di conseguenza programmi e attività. Adottando questo approccio personalizzato ed empatico, le aziende possono creare una forza lavoro più inclusiva e coinvolta, favorendo la collaborazione e la produttività tra i dipendenti di diverse generazioni. Con il giusto approccio, gli strumenti, la formazione e l’apprendimento continuo, gli individui di ogni generazione possono prosperare sul lavoro, ora e in futuro – dichiara Lucia Bucci, division vice president HR di ADP.