Ormai le pubblicità che invitano gli italiani ad operare un lascito testamentario solidale sono sempre più frequenti. Soprattutto in tv. Le tante realtà che lavorano nel terzo settore stanno sfruttando sempre più questo strumento per raccogliere fondi. Un tempo si chiedevano agli italiani pochi spiccioli, casomai attraverso una telefonata. Ora si punta direttamente al loro testamento.
Le pubblicità tendono, tra l’altro, alla “personalizzazione”. A parlare sono spesso le responsabili del settore “lasciti testamentari” delle onlus, che in modo diretto invitano il telespettatore a seguire il loro consiglio. Si punta sostanzialmente sulla “coscienza” del telespettatore: fare il lascito alla onlus equivale al Bene assoluto.
Addirittura è stata istituita la Giornata internazionale del lascito solidale (13 settembre) proprio per promuovere maggiormente questo strumento.
Il marketing – sempre più performante – applicato alla solidarietà accende qualche interrogativo: un tempo si diceva di fare del bene e scordarsene. Cioè di non farlo sapere agli altri. Alcuni mecenati del passato facevano così (ad esempio Alberto Sordi).
Le vicende che, viceversa, hanno investito oggi noti influencer hanno purtroppo ribaltato questo antico adagio: fai solidarietà e fallo sapere. O addirittura fai solidarietà – o comunque opera buone azioni, ad esempio anche in campo ambientale – per farlo sapere. Molte aziende fanno così abitualmente: pianto gli alberi e mando un comunicato stampa per farlo sapere al pubblico, cioè ai potenziali consumatori. Ma ora sembra che il discorso investa anche molte organizzazioni umanitarie che sfruttano immagini d’impatto – ad esempio bambini ammalati – per raccogliere fondi. D’accordo, è la loro mission: ma perché se voglio fare del bene non posso procedere con le tante emergenze di prossimità – ad iniziare dalla parrocchia – ma debbo lasciare i miei averi ad organizzazioni internazionali, laddove diventa davvero difficile l’assoluto controllo di ogni azione?
Inoltre il cosiddetto “lascito solidale” sposta, di fatto, il valore materiale di un testamento dalla sfera degli affetti diretti – a cominciare da quelli familiari – a quelli universalistici. Cioè alla famiglia si affianca – o si sostituisce – l’organizzazione umanitaria con la sua promessa di impegno verso i più deboli e sfortunati. Sulla carta tutto onorevole, ma nei fatti è giusto “indebolire” il valore familiare verso altre realtà di cui, spesso, si ignorano i meccanismi operativi? Cioè davvero il mio lascito andrà direttamente al bambino ammalato in Africa e non servirà, invece, a contribuire agli stipendi degli operatori della multinazionale della solidarietà?