Inconcepibile ma evidente strategia politica

Domenico Mamone
16/07/2022
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L’inopportunità strategica di reclamare e battere i pugni del Movimento 5 stelle è chiara come l’acqua. Giuseppe Conte, giovane di politica ma ormai veterano per esperienza, ha capito che il partito di cui lui è leader è in picchiata e ogni giorno che passa è sempre più offuscato, ma non per merito degli altri partiti, ma per demerito proprio e ad aggravare maggiormente le difficoltà è stata l’uscita dal partito del ministro Di Maio con al seguito numerosi parlamentari che hanno portato Conte a interrogarsi e a ritenere che o prova adesso a tentare di salvare il partito (M5 stelle) o mai più; infatti, la prova che in Italia spesso funziona la “politica del populismo” è sperimentata, vedi reddito di cittadinanza e quota 100.

Così Conte ha pensato bene a sostituirsi ad un sindacalista con la storia del salario minimo su cui è disposto a lottare per la causa fino a far cadere il Governo Draghi. Sue le parole: “Il salario minimo forse non è nella cultura di alcuni politici se per alcuni politici è normale che si prendano paghe da fame, di 3-4 euro lordi l’ora, allora diciamo che la politica del Movimento 5 stelle non è questa. Non accetteremo mai fino a quando non approveremo il salario minimo. Queste sono paghe da fame”.

Lo ha detto il leader del M5s, Giuseppe Conte, a Capua, in risposta alle affermazioni del ministro Renato Brunetta.

L’obiettivo è quello di rialzare l’attenzione e il voto popolare di quel ceto medio per tenere ancora a galla il partito.

Ma io mi domando: ma prima di Draghi chi era il presidente del consiglio e già allora e anche prima si parlava di salario minimo. Io non discuto Conte Presidente del Consiglio che a mio avviso non ha fatto male soprattutto in relazione alla gestione della pandemia e che giustamente in quel momento come anche questo momento emergenziale non si è posto il problema del salario minimo.

I salari sono un problema che va affrontato sicuramente e in tempi brevi ma certamente non fino al punto di far cadere il governo soprattutto in questo momento storico in cui avremmo una grossa opportunità (PNRR) di rimediare e recuperare in quei settori economici indispensabili per il futuro del Paese e della nuova generazione.

Il mondo imprenditoriale è preoccupato per questi colpi di scena lo era per il “Reddito di cittadinanza“ e lo è per il salario minimo perché noi vogliamo aumentati gli stipendi ai dipendenti che sono l’anima dell’azienda, ma in un impianto di revisione che va coordinato con la riduzione del cuneo fiscale, tale da poter garantire i contratti di lavoro che si sottoscrivono.

Il Presidente Draghi, in questo momento storico particolare lo riterrei indispensabile, toglierlo, significa andare in grosse difficoltà sia di continuità sia di considerazione verso gli altri Paesi europei che ci osservano increduli perché quello che si sta verificando è incomprensibile e l’Italia non sta facendo una bella figura. Ci si sta arrivando alle elezioni naturali tra meno di un anno perché non aspettare? Perché forse fino ad allora avremmo un partito in meno.

Domenico Mamone