Inchiesta Covid, tra gli indagati anche Conte e Speranza

Nataliya Bolboka
02/03/2023
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Sono 19 gli indagati dell’inchiesta Covid per le morti del bergamasco. Tra questi anche l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli.
E ancora: l’ex capo della Protezione civile Angelo Borrelli e l’allora direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito, l’ex capo della Prevenzione del ministero della Salute Claudio D’Amario, l’ex segretario generale Giuseppe Ruocco, il responsabile delle Malattie infettive Francesco Maraglino.

Gli avvisi di conclusione delle indagini verranno notificati giovedì. Tra le varie accuse i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio e anche falso.
Per Conte e Speranza gli atti dovranno essere trasmessi al Tribunale dei Ministri.

La chiusura dell’inchiesta arriva a tre anni dall’inizio della pandemia, che tra febbraio e aprile 2020 ha fatto 6.200 morti nella provincia bergamasca, di cui più di 5.100 a marzo. Restano scolpite nella memoria le lunghe file di camion dell’esercito che portavano via le bare delle vittime.
Il procuratore aggiunto Cristina Rota e i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la supervisione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno indagato sulla responsabilità di quelle lunghe file, cercando di capire se quelle morti potevano essere scongiurate.

La Procura di Bergamo è convinta che sì, quelle vittime erano evitabili. Si è sottovalutato il rischio e non sono stati presi i provvedimenti necessari a contenere l’epidemia. A partire del mancato aggiornamento del piano pandemico, fermo al 2006, e dalla mancata applicazione di quello esistente che, per quanto datato, avrebbe risparmiato delle vite.
Non solo. Secondo Andrea Crisanti, consulente dei pm ora senatore del Pd, con la chiusura della Val Seriana dal 27 febbraio si sarebbero risparmiati 4.148 morti, 2.659 dal 3 marzo. Nonostante il 28 febbraio l’Ro, l’indice di trasmissione del virus, avesse superato di molto la soglia gestibile dell’1, arrivando a 1.80 a Bergamo, 1.84 a Codogno e 2.1 in Lombardia, la zona rossa non è stata indetta.

L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte non sembra preoccupato. “Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica”, riporta l’Ansa.

Nataliya Bolboka