Il vino Quinario racconta i suoni della campagna romana

Vanessa Pompili
16/09/2022
Tempo di lettura: 3 minuti
Foto: Antonio De Rossi e Daniel e Ciprari (Ciprari e De Rossi)

Da due amici che condividono l’amore per la musica e la terra nasce Quinario, un vino bianco dai vitigni di Malvasia di Candia, Trebbiano Toscano, Malvasia Lunga e Trebbiano Giallo. Fiore all’occhiello dell’azienda agricola Ciprari e De Rossi, nel cuore della campagna romana.

Ottomila metri quadri di vigneto nella zona di Grotti Dama, la culla della DOCG di Frascati, per 1.400 viti allevate a tendone. L’età biologica delle piante è di circa 35/40 anni.

Per Daniele Ciprari e Antonio De Rossi produrre vino non è un lavoro ma una passione che affonda le radici nella famiglia e nelle tradizioni popolari.

“Il vigneto per noi ha un significato antropologico e culturale, come il linguaggio dialettale e la musicalità del nostro territorio – dicono i due giovani imprenditori. “Da sempre siamo legati all’ambiente della campagna. I nostri nonni erano agricoltori, braccianti e vignaroli, che hanno dedicato la loro intera vita alla vigna, la terra e la famiglia. Abbiamo ascoltato insieme a loro i canti popolari di operaie e operai durante tutte le fasi di lavorazione del vigneto, dalla potatura fino alla vendemmia”.

Ed è proprio dall’intreccio di musica e vigna che arriva il nome Quinario, la forma metrica di un verso formato da cinque sillabe che solitamente viene utilizzato per introdurre il canto popolare detto “stornello a saltarello”.

“Lo stornello – spiegano Antonio e Daniele – è un simbolo di identità culturale in quanto espressione del territorio, attraverso il suo essere frivolo e ironico, riesce a comunicare con empatia e sarcasmo tematiche profonde e di grande valore, proprio come il nostro primo vino. Con Quinario, con la musica e il lavoro in vigna, vogliamo comunicare la vita e la cultura popolare della campagna romana, un tesoro prezioso che vogliamo salvaguardare e continuare a tramandare”.

Nel rispetto del potenziale produttivo volto alla qualità, da un terreno vulcanico, una pigiatura soffice e una fermentazione del mosto fiore a temperatura controllata, dopo essere stato illimpidito e affinato con il bâtonnage, con una sosta in acciaio con i propri lieviti per quattro mesi prima di essere imbottigliato a freddo, viene fuori un vino dal colore giallo paglierino, luminoso e giustamente consistente.

All’olfatto si presenta intenso, fruttato con note di mela verde, fragrante, floreale con ricordi di gelsomino e ginestra, minerale con sentori di pietra focaia.

All’assaggio è sapido e fresco, secco con buona alcolicità, morbido, non di grande struttura ma di buon equilibrio, persistente con una bella armonia e piacevole alla beva. Perfetto da abbinare ai piatti della cucina tipica romana, formaggi freschi e pesce.

Vanessa Pompili