Il cosiddetto “lockdown di fatto”

Domenico Mamone
02/02/2022
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Per numerosi giorni, nel mese di gennaio, oltre due milioni e mezzo di persone sono state contemporaneamente chiuse in casa perché colpite dal Covid. Altri milioni di persone si sono autoisolate per avere avuto un contatto con un positivo. A questo enorme numero di individui, si sommano coloro, soprattutto anziani, che hanno preferito ridurre notevolmente le uscite dalle proprie abitazioni per evitare il possibile contagio.

Tale quadro ha determinato il cosiddetto “lockdown di fatto”, cioè lo svuotamento dei nostri centri abitati, con gravi ripercussioni sulle attività economiche. In questi giorni moltissima gente ha preferito ricorrere al commercio elettronico, favorendo per lo più le multinazionali del settore, anziché utilizzare i punti vendita fisici su strada.

Dal momento che a gennaio l’incidenza dei contagiati sulla popolazione è stata molto alta – oggi si stima che almeno una persona su cinque abbia avuto il Covid, ma la percentuale potrebbe essere anche più elevata a causa degli asintomatici – quanto è successo in questo periodo non ha avuto impatto molto differente dal lockdown di due anni fa per molti settori economici. Le conseguenze di questo “lockdown di fatto” sono state rilevanti non soltanto sulla socialità, ma in particolare sul commercio.

I dati di tracciamento di Google Maps, che fotografano gli spostamenti, confermano che nel primo mese del 2022 c’è stata una riduzione superiore al 20 per cento rispetto a gennaio 2020, cioè ad uno stesso mese ma in periodo prepandemico. Confesercenti, attraverso un sondaggio commissionato a Ipsos, rileva che più o meno la metà dei consumatori sta evitando bar e ristoranti per paura di un contagio, uno su tre evita di viaggiare o di fare acquisti nei negozi.

Appare insomma necessario un intervento governativo perlomeno per una riduzione delle tasse e per la proroga degli ammortizzatori sociali Covid.

Domenico Mamone