Il calcio di rigore della Liguria

Giampiero Castellotti
30/10/2024
Tempo di lettura: 4 minuti
Liguria

Calciare fuori un rigore a porta vuota. Con questa efficace metafora, molti analisi hanno immortalato l’inaspettata sconfitta del centrosinistra in Liguria: i sondaggi erano arrivati a dare dieci punti di vantaggio ad Orlando su Bucci. Perché, in fondo, per le urne liguri è stata più decisiva la condotta rissosa e scombussolata dei partiti del cosiddetto “campo largo” che non la coalizione di governo.

Il centrodestra, infatti, è stato certamente penalizzato dalle inchieste sull’ex governatore, agli arresti domiciliari per mesi. Ma è stato bravo a scegliersi come candidato Marco Bucci, dal 2017 sindaco di Genova, l’uomo della ricostruzione-record del Ponte negli anni di pandemia, “l’uomo del fare”, in una regione dove da decenni si aspettano infrastrutture. A cui, va detto, ha però dato una mano decisiva per il risultato elettorale la famiglia Scajola: il consigliere regionale Marco (figlio di Alessandro, parlamentare Dc dal 1979 al 1987 e per due volte sindaco di Imperia), con oltre 6.300 preferenze, è stato il candidato più votato in Liguria e lo zio Claudio, 78 anni, più volte ministro berlusconiano, attuale sindaco di Imperia, formidabile bacino elettorale per un centrodestra che supera il 60% in provincia. Non a caso proprio da questi territori sono arrivati i 16mila voti di differenza rispetto al centrosinistra che, insieme a quelli di Savona, hanno annullato i vantaggi di Orlando a Genova (17mila voti di differenza in città) e nella sua La Spezia.

Al di là dei numeri, è il dato politico a bruciare per il centrosinistra, la cui sconfitta è pesante e va oltre il valore “locale” di una prova elettorale.

Innanzitutto perché non è riuscito ad incidere sui tantissimi astenuti: ben il 54% dell’elettorato non si è presentato alle urne, evidentemente la credibilità della proposta alternativa non ha fatto breccia.

Poi perché il Pd ha comunque ottenuto un risultato importante, il 28,4%, ma di fatto sta monopolizzando i voti di area e l’incidenza di Avs (6,2%) e M5S (4,6%) è minima per l’eventuale vittoria della coalizione.

Ma il dato politico è principalmente il rapporto del partito di Elly Schlein con gli alleati: se Italia Viva, anziché l’agitato e in caduta libera M5S (con le litigate tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo protrattesi fino alla vigilia delle elezioni), fosse stata in coalizione, le cose sarebbero andate diversamente? E soprattutto qual è l’assetto stabile della coalizione, mutevole a seconda del tipo di elezioni e del contesto regionale con decisioni “volta per volta”? Indubbiamente c’è un “problema centrale”, cioè l’esigenza di avere un soggetto di centro affidabile con cui allearsi, mentre a destra Forza Italia continua a coagulare moderati. Ma per la sconfitta – ennesimo paradosso – hanno inciso anche le liste “a sinistra” della coalizione, che hanno oltrepassato il 3% dei voti complessivo, con l’ex grillino Nicola Morra che ha sfiorato un rilevante – viste le differenze tra i due “blocchi” – 1%. Insomma, il campo largo resta un’ipotesi senza amalgama.

Tanto è vero che le litigate continuano. Se Matteo Renzi ha dichiarato che “aver messo un veto sulla nostra comunità ha portato il centrosinistra alla sconfitta”, Giuseppe Conte gli ha replicato che “lui e i suoi epigoni ci avrebbero fatto perdere ancora più voti”.

Sull’altro fronte, pur evidenziando l’efficacia di una coalizione coesa e vincente nella maggior parte delle prove elettorali (continua a governare 15 regioni su 20), Meloni, Lega e FI – come ben evidenzia Massimo Franco sul Corriere della Sera di oggi – “hanno il compito di resistere alla tentazione di sfruttare la rendita di posizione di un fronte avversario slabbrato e diviso”. Se il governo continua ad avere consensi dopo due anni di attività – fatto abbastanza raro nella storia della repubblica – il principale pericolo viene proprio da quel crescente astensionismo.

Un’ultima osservazione: le elezioni liguri manifestano che i sentieri della magistratura e quelli del consenso popolare possono anche prendere strade diverse. E che incidono poco, specie sul voto locale, le inchieste televisive sul ministero della Cultura o sui migranti in Albania.

Giampiero Castellotti