Gin “No.3”, il segreto è nell’intensità

Giampiero Castellotti
29/05/2023
Tempo di lettura: 4 minuti
Gin

Una seducente bottiglia verde menta. Con una simbolica chiave incorporata nel vetro, copia dell’antica chiave che apriva il caveau nel quale erano custodite le bottiglie più preziose. E soprattutto un contenuto, il gin, che è una preziosità.

Ecco “No. 3”, il London Dry Gin distillato in Olanda presso la DeKuyper Royal Distillers, azienda familiare e maggior produttrice di liquori in tutto il mondo, utilizzando i tradizionali alambicchi Pot Still.

La ricetta è quella di Berry Bros. & Rudd, il più antico “Wine Merchant” di Londra che dal 1760 è responsabile della cantina personale della famiglia reale. Subito, per cominciare, una curiosità legata proprio alla denominazione di questa eccellenza alcolica e al fornitore della ricetta: “No.3” prende il nome dal civico 3 di St James’s Street, a Londra, la casa di Berry Bros. & Rudd fin dal 1698.

Il gin è un “signor distillato”. Di gran pregio. Ed ha un primato invidiabile: è l’unico a vincere per quattro volte l’ambizioso titolo di “Miglior Gin al mondo” all’International Spirits Challenge. Nel 2019 si è affermato all’ISC come “Miglior Spirit al mondo”. L’attesa nell’assaggio è, quindi, particolarmente stimolante.

L’alcol di puro grano è diluito con acqua demineralizzata e aggiunto ai botanicals. Operazione accompagnata dalla mescola e dal riposo di una notte. Segue la distillazione. Dopo un ulteriore periodo di riposo e diverse filtrazioni, ecco l’imbottigliamento alla gradazione pari a 46% per volume.

Una nota prima dell’analisi del prodotto, che effettuiamo nel contesto del cocktail bar romano “Drink Kong” (“World’s 50 Best Bar”) in piazza di San Martino ai Monti a Roma. Siamo di fronte ad uno dei rari angoli medievali della Città Eterna, tra l’altro contemporaneamente all’arrivo del Giro d’Italia, a qualche centinaio di metri di distanza, in via dei Fori Imperiali. Ad accompagnarci in questo “viaggio del gusto e dell’olfatto” è un trio di barladies d’eccezione: Martina Proietti, BrandAmbassador di “No.3” Gin, Giulia Cuccurullo e Kyriaki Dachtyloudi, rispettivamente Bar Manager e Bartender dell’Artesian Bar di Londra.

L’elegante evento, alla vigilia del Roma Bar Show, è promosso dalla Pallini, tra le più antiche e rappresentative aziende romane in quanto fondata da Nicola Pallini nel 1875 ad Antrodoco, ai confini tra Lazio e Abruzzo, quindi approdata nella Capitale negli anni Venti, dove ancora oggi si trovano gli stabilimenti. A guidarla, ai nostri giorni, è Micaela Pallini, quinta generazione di distillatori. Dal 1 maggio 2015, “No.3” fa parte della ricca gamma Pallini.

“No.3” è stato creato ad arte dopo ben due anni anni di ricerche. L’obiettivo primario è quello di essere, con i suoi 46 gradi, il migliore ingrediente al mondo per un Dry Martini. L’esperta Cuccurullo, da dieci anni a Londra con una laurea partenopea di Architettura in tasca e tra i massimi nomi del settore, postilla: “Dopo la pandemia si torna a bere in compagnia e per il Martini si stanno rinnovando i fasti di un tempo a livello internazionale”. Quelli di 007, per intenderci, con l’irraggiungibile carisma di Sean Connery.

Il bouquet del gin anglosassone, decisamente raffinato, è formato da tre tipi di spezie e altrettante tipologie di frutti: il ginepro, di provenienza italiana (Toscana), spicca con il suo profumo e assicura un delicato retrogusto di pino e lavanda. La scorza di arancio spagnolo e di pompelmo, distillati secondo tradizione, garantiscono ovviamente il sapore di agrume e sostengono quella sorta di “fresca intensità” che contribuisce notevolmente alla sensazione complessiva. L’angelica conferisce una punta di terra al gusto e rende il liquido più secco. Il coriandolo marocchino rilascia un sapore di limone e rende il finale delicatamente pepato. I baccelli di cardamomo, infine, aggiungono una nota aromatica e piccante.

Il gin è perfetto per un Dry Martini, appunto, ma anche per un Negroni o per un Gin Tonic. Le tre interessanti creazioni della serata hanno offerto note ricche di caffè (yogurt e soia nella prima), un cordiale molto vegetale e acido con un seducente tocco aspro sulle labbra e un intenso sapore di lemonene e, nell’immancabile Negroni, una leggera nota di funghi, sapientemente non accentuata. Massima attenzione cromatica, come si conviene, e buona cornice scenografica. Insomma, piena promozione.

Che dire? Ormai questo gin è “un classico”, immancabile per gli appassionati che, come noto, sono sempre di più: il gin è anche una moda di questi tempi, un distillato che ha quasi messo alla porta l’alternativa della vodka di matrice sovietica. E la politica, almeno stavolta, non c’entra.

Giampiero Castellotti