Fed, verso un atteggiamento di maggiore cautela

Redazione
22/11/2024
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Il “Trump trade” si sta esaurendo. Il dollaro resta sugli scudi ma comincia il tempo in cui si valuta con maggior cura se e come Donald Trump manterrà tutte le sue promesse.

L’opinione prevalente è che Trump seguirà una politica espansiva, il suo obiettivo è rafforzare la crescita e aumentare l’occupazione, sulla politica estera potrebbe prevalere il suo senso per gli affari, la logica del “tit for tat” che abbiamo conosciuto nella sua prima presidenza.

L’abbassamento delle tasse è la misura più festosamente accolta da Corporate America: le aziende potranno utilizzare le risorse risparmiate per finanziare investimenti, buy back, dividendi.

Il rovescio della medaglia è che le promesse di Trump potrebbero far salire l’inflazione. In un contesto di tale incertezza, la Federal Reserve potrebbe assecondare un atteggiamento di maggior cautela, potrebbe tornare l’“higher for longer”, tassi di riferimento più alti per un periodo più lungo. Uno scenario molto diverso da quello prefigurato dai mercati: un diverso atteggiamento della Fed segnerebbe una inversione di tendenza.

“L’economia non sta inviando alcun segnale che indichi che dobbiamo avere fretta di abbassare i tassi”, ha dichiarato Powell la settimana scorsa. Rincarano la dose Alberto Musalem della Fed di St Louis e Susan Collins della Fed di Boston, il primo parla di riduzione “graduale” data la possibilità che l’inflazione si fermi al di sopra del 2%, la seconda ricorda che il taglio di dicembre è tutt’altro che scontato. I banchieri centrali raffreddano le attese, l’economia americana conferma le sue buone condizioni, Trump si appresta a formare la squadra della sua seconda presidenza.

Dal canto suo, la Cina non sta con le mani in mano, Xi Jinping dichiara di essere “pronto a lavorare con Trump” e, nel frattempo, si accinge a gestire il crescente antagonismo con gli Stati Uniti in un contesto di alta imprevedibilità.

Cina e Stati Uniti sono in procinto di giocare una partita complessa, la posta in gioco non è limitata ai rapporti commerciali, il confronto tra le due potenze si dipana nell’intricata rete degli equilibri di potere e di influenza globali.

Sui due piatti della bilancia ci sono, come spesso accade, rischi e opportunità: dipenderà dalla volontà di entrambi i giocatori se peserà di più il piatto delle opportunità e della cooperazione o quello dei rischi.

Come nel gioco degli scacchi, l’abilità è nel saper prevedere le mosse dell’avversario.

Gli Stati Uniti hanno l’arma dei dazi: la promessa di portarli fino al 60% potrebbe danneggiare l’economia cinese mentre attraversa una fase di grande difficoltà. “La guerra commerciale 2.0 potrebbe mettere fine al modello di crescita della Cina, in cui le esportazioni e l’industria manifatturiera sono il principale motore di crescita” si legge in un recente report di Macquarie. Per mantenere la competitività delle proprie merci dirette negli Stati Uniti, la Cina potrebbe rispondere con la svalutazione del renminbi. Un’operazione temeraria e poco probabile: la svalutazione del 2015 causò pesanti deflussi di capitali che costarono miliardi di dollari alla banca centrale. La Cina potrebbe invece approfittare delle possibili conseguenze della politica protezionistica di Trump, ovvero l’allentamento dei vincoli con alleati storici, e rafforzare le relazioni commerciali con l’Europa, possibile destinatario delle ostilità commerciali americane e a sua volta impegnata nel “Tit for Tat”, la strategia preferita da Trump, sulla Nato e sulle spese militari.

Il risoluto sostegno alla crescita dimostrato dal governo cinese e le sue ambizioni globali fanno pensare che, per contrastare l’impatto delle probabili barriere doganali americane, non mancheranno ulteriori stimoli a supporto. È possibile che nel prossimo futuro i mercati azionari della Cina continueranno a beneficiare del trittico favorevole di determinazione governativa, valutazioni a buon mercato, sottorappresentazione negli indici globali. Nei portafogli dei grandi investitori istituzionali la Cina è ancora sottopesata, ai minimi storici nei fondi attivi e negli hedge fund globali.

(A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR – http://www.verinieassociati.com)

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