Employer branding, una “ricetta” per far crescere l’azienda

Giampiero Castellotti
27/01/2023
Tempo di lettura: 3 minuti
Simposio

Gennaio è considerato un po’ come il lunedì dell’anno dagli imprenditori, un momento in cui tirare le somme di quanto fatto, e mettere in atto le strategie per i mesi a venire. In un momento di crisi economica, l’obiettivo per tutti è ridurre le spese e aumentare le entrate anche quando si tratta delle spese di Comunicazione Corporate o di Brand.

Obiettivi non semplici da raggiungere, soprattutto se non si vuole abbassare il livello delle performance. Secondo un recente studio condotto su un campione di 723 imprenditori dall’Università Popolare degli studi di Milano, in collaborazione con Simposio, agenzia di comunicazione e consulenza commerciale, che realizza piani di sviluppo commerciale e di comunicazione, la soluzione potrebbe essere l’employer branding.

Si tratta di una strategia di comunicazione che punta a rendere l’azienda un vero e proprio brand appetibile all’esterno, vista come un posto di lavoro ottimale al quale aspirare. Questo fa sì che i migliori talenti vogliano entrare a far parte del team, approcciandosi all’azienda con uno spirito di maggior predisposizione, e inviando autocandidature. Questo consente di tagliare il costo della ricerca di personale qualificato di quasi il 50%riducendo anche del 38% il turnover. Questo ultimo aspetto non è assolutamente da sottovalutare, poiché garantisce una maggior continuità lavorativa, con progetti portati a termine più velocemente.

L’86% dei lavoratori di aziende con un forte employer brand si definiscono motivati o fortemente motivati nel proprio lavoro, il 78% sente una forte coesione a livello aziendale e un buon clima tra colleghi. Questo si traduce in una maggior produttività generale, che aumenta di circa il 165%, senza comportare alcun costo ulteriore per l’azienda, se non eventuali bonus di produzione.

Altra voce di costo che viene ridimensionata è quella dello sviluppo new business, che diminuisce del 33%. “Questo perché i propri dipendenti rappresentano sempre un ottimo biglietto da visita, un vero e proprio catalizzatore per trovare nuovi clienti – spiega Emanuele Pecora, Innovation Manager e fondatore di Simposio. “Ad esempio, se in un’impresa informatica lavorano persone che si distinguono per la capacità di essere all’avanguardia nei nuovi processi informatici, per saper individuare le nuove tendenze, prima che queste diventino popolari, è chiaro che più clienti vorranno rivolgersi a quell’azienda”.

Parallelamente, si innesca anche un effetto passaparola positivo che parte non solo dal cliente soddisfatto, ma anche dal dipendente appagato ed orgoglioso di far parte di quell’azienda – prosegue Pecora. “Chi fa parte di una realtà dal forte employer brand, si sente maggiormente parte del gruppo, è più fidelizzato, e più propenso a parlarne positivamente al di fuori dell’ufficio. Una pubblicità positiva e di valore, perché viene fatta da una persona che si conosce sulla base dell’esperienza personale, e che è assolutamente a costo zero”.

Per queste ragioni, ormai da tempo, Simposio integra l’employer branding nelle strategie di comunicazione per i suoi clienti, prevedendo una serie di azioni e strumenti mirati, che vadano a lavorare per prima cosa all’interno dell’azienda, per poi concentrarsi su quanto viene comunicato all’esterno.

Lavorare sull’employer branding vuol dire innanzitutto fare un’analisi della reputazione dell’azienda, e del grado di fiducia che le persone all’esterno nutrono nei suoi confronti, a prescindere dal fatto che queste abbiano o possano avere rapporti diretti con quegli uffici. È, poi, importante agire a livello di comunicazione, che deve essere chiara e trasparente, non autoreferenziale, aperta al dialogo e, soprattutto, deve esserci coerenza tra quella interna e quella esterna. Infine, non dobbiamo sottovalutare il benessere e la gratificazione di chi lavora per noi, anche attraverso piani di welfare aziendale – conclude il fondatore di Simposio.  

Giampiero Castellotti