Un anno e mezzo fa, nella puntata del 29 maggio 2023, la giornalista Giulia Innocenti di Report, con la collaborazione di Greta Orsi e Giulia Sabella, aveva realizzato l’inchiesta “Che porci!” seminando dubbi sul Csqa, l’ente certificatore più grande d’Italia, che controlla anche mangimi destinati ai maiali per i prosciutti di Parma.
In particolare la giornalista riminese, cresciuta nei programmi di Michele Santoro, ricordando che sono circa 3.600 gli allevamenti che fanno parte del circuito Dop del Prosciutto di Parma, spiegava che a verificare che venga rispettato il disciplinare c’è il Csqa che ha assunto l’incarico nel 2020. Report, con la sua inchiesta, ha gettato un ombra sull’imparzialità dell’ente, che secondo le accuse, sarebbe più orientato ad assecondare le esigenze della filiera che preoccupato del rispetto della conformità al disciplinare.
In quell’occasione, rispondendo ad un’email del 25 maggio 2023, cioè di quattro giorni prima la messa in onda della trasmissione, la direzione del Consorzio del Prosciutto di Parma, precisava innanzitutto che “parlare di allevamenti del Consorzio del Prosciutto di Parma non è corretto” in quanto “non esistono allevamenti che fanno parte del nostro Consorzio, esistono invece gli allevamenti del circuito italiano tutelato, che possono fornire la materia prima per tutti i prodotti della salumeria italiana ad Indicazione Geografica (IG)”, aggiungendo che “per legge, al nostro Consorzio non competono le attività di controllo sugli allevamenti, né tanto meno il nostro ente può prendere provvedimenti disciplinari per sanzionare irregolarità o inadempienze… Il benessere animale, nello specifico, è regolamentato da normative europee e nazionali che demandano i relativi controlli al ministero della Salute, che li attua per mezzo dei Servizi Veterinari ufficiali competenti per territorio”. La risposta ricorda, infine, che “i 134 produttori di Prosciutto di Parma non sono mai stati in alcun modo implicati in casi di maltrattamento di animali”.
Il nocciolo della questione, secondo il servizio, è che il Csqa, per controllare la correttezza dei mangimi per i prosciutti si limita a verificare soltanto che in allevamento ci sia ‘un documento’ che attesti l’idoneità del mangime ai fini della produzione Dop. “Praticamente basta un’autodichiarazione per dare luce verde” dichiara la giornalista al giornale Il Salvagente. Ricordando che i mangimi, secondo il disciplinare, dovrebbero provenire integralmente, o almeno al 50%, dalla “zona geografica limitata”.
Ora Giulia Innocenti è tornata sulla materia con una nuova inchiesta intitolata “Il virus e il nemico in casa”, trasmessa domenica 17 novembre 2024. In questo caso ha denunciato la presunta malagestione della peste suina africana in Italia e il maltrattamento degli animali negli allevamenti intensivi. Per smentire le accuse di manipolazione del servizio giornalistico, la giornalista ha realizzato un’appendice trasmessa domenica 24 novembre 2024, intitolata “Fake suini”.
Questa volta le crude immagini si soffermano in particolare sui maltrattamenti al bestiame, con maialini sbattuti a terra con violenza, scrofe circondate da decine di cuccioli morti e verri feriti, oltre ad un ambiente sporco, pieno di topi e di scarafaggi, persino con la presenza di amianto. Immagini che, però, a detta del presidente di Assosuini, Elio Martinelli, si riferirebbero a cinque anni fa, mentre Report insiste sul 2024.
La seconda notizia, come riferito dalla trasmissione di inchiesta “riguarda il direttore del Consorzio del Prosciutto di Parma che, sollecitato sull’escludere allevamenti critici, dice che possono essere radiati soltanto dal ministero della Salute, che lo smentisce e dice che può radiarli soltanto il Consorzio”.
Considerata la bufera alimentata sul settore, tanto che un organo d’informazione ha persino parlato di “Prosciuttopoli”, Infoimpresa ha raggiunto Stefano Fanti, direttore generale del Consorzio del Prosciutto di Parma, per avere chiarimenti.
“Credo possa essere utile iniziare con una brevissima premessa generale sul nostro Consorzio – esordisce Fanti. “Il Consorzio del Prosciutto di Parma è ufficialmente incaricato, con decreto ministeriale (rinnovabile ogni tre anni), della tutela e valorizzazione della Dop Prosciutto di Parma. Il nostro Consorzio non ha fini di lucro e non si occupa di attività di commercializzazione di prosciutto, né tanto meno di suini; siamo interamente finanziati dalle quote contributive dei nostri soci, che sono i prosciuttifici produttori di Prosciutto di Parma ubicati nella zona di produzione (la zona collinare a sud della provincia di Parma): attualmente contiamo 130 prosciuttifici fra i nostri soci. Il Consorzio del Prosciutto di Parma non conta fra i suoi soci gli allevamenti, non è l’associazione che rappresenta gli allevatori, non è l’ente deputato ai controlli negli allevamenti. Mi prendo la piena responsabilità di dire che chi sostiene il contrario, afferma il falso”.
– Quali sono i numeri reali, allora, della “filiera tutelata” delle Dop, di cui fa parte il vostro Consorzio con i suoi 130 soci?
“La filiera tutelata delle Dop è composta da 3.468 allevamenti suinicoli, 88 macelli e laboratori di sezionamento, 21 Prodotti Dop (con i relativi Consorzi e aziende produttrici) della salumeria italiana, fra i quali, oltre al Prosciutto di Parma, il Prosciutto di San Daniele, il Prosciutto Toscano, il Culatello di Zibello, la Coppa Piacentina, etc.”.
– Dottor Fanti, Report però riporta che il ministero smentirebbe le vostre dichiarazioni circa la radiazione delle aziende che maltrattano i suini: secondo lei tale compito spetterebbe al ministero, mentre il ministero ribatte che spetterebbe al Consiglio di amministrazione del Consorzio. Possibile che organi apicali non conoscano le competenze del proprio comparto?
“Questa incongruenza nasce dalla domanda formulata in modo erroneo da Report, che chiede ‘a chi spetti il compito di radiare gli allevamenti soci del Consorzio’, alla quale il ministero ha risposto che spetta al Consiglio di amministrazione del Consorzio. È certamente vero che il Consiglio di amministrazione del Consorzio può radiare i suoi soci, ma ribadisco, senza timore di smentita, che i soci del Consorzio del Prosciutto di Parma sono soltanto i prosciuttifici. Infatti, nessun allevamento è associato al Consorzio, per cui il Consorzio non può radiare né prendere alcun provvedimento nei confronti degli allevatori. In base alla normativa vigente (d.lgs. n. 297/2004) la possibilità di sospendere qualunque operatore inserito nel circuito della filiera tutelata – in caso di gravi irregolarità nel rispetto delle regole dei disciplinari produttivi – compete esclusivamente al Masaf. Al di là dell’eventuale radiazione, è fondamentale evidenziare che gli allevamenti che non rispettano le norme relative al benessere animale sono soggetti ai provvedimenti dell’autorità sanitaria. Infatti, la competenza in materia di sanità animale è esclusivamente in capo al ministero della Salute e alle Ausl/Ats territoriali di riferimento”.
– Può spiegarci meglio la differenza tra aziende che formano il Consorzio e allevamenti che fanno parte del circuito Dop del Prosciutto di Parma? Se nel servizio di Giulia Innocenti si parla di 3.600 allevamenti che fanno parte del circuito Dop del Prosciutto di Parma, ogni azienda avrebbe una media di quasi 30 allevamenti?
“Confermo e ribadisco che i nostri soci sono attualmente 130 e che gli allevamenti – attualmente 3.468 – non sono associati al nostro Consorzio. Preciso che, come specificato in premessa, la filiera tutelata (o circuito) delle Dop non è ad appannaggio del Prosciutto di Parma, bensì il nostro Consorzio è uno dei tanti attori di questa filiera, ma non è né il gestore né il coordinatore della filiera delle Dop. I nostri 130 soci (prosciuttifici) – così come tutti i produttori delle altre Dop – hanno l’obbligo di approvvigionarsi della materia prima solo ed esclusivamente nell’ambito della filiera tutelata delle Dop. Per mera precisione, va specificato che i produttori di Prosciutto di Parma non acquistano suini dagli allevamenti, bensì acquistano solo le cosce fresche da uno (o più) degli 88 macelli della filiera, i quali a loro volta acquistano i suini da uno (o più) dei 3.468 allevamenti, per poi venderne i vari tagli ai produttori di salumi delle diverse Dop. Per il modo in cui è strutturata la filiera, non è corretto dire che ogni azienda ha una media di quasi 30 allevamenti, perché gli allevamenti e i macelli del circuito riforniscono tutti i salumi Dop, non solo i produttori di Prosciutto di Parma, e i nostri produttori (i 130 soci) hanno la libertà di scegliere i loro fornitori fra i vari operatori della filiera Dop”.
– Per concludere, dottor Fanti, ringraziando per la sua collaborazione nel chiarire i tanti dubbi emersi, l’azienda di cui sono state mostrate le raccapriccianti immagini fa parte o no dei fornitori del prosciutto di Parma?
“L’allevamento in questione è parte della filiera tutelata che rifornisce tutti i produttori di salumi Dop, inclusi i produttori di Prosciutto di Parma. Come scritto nella nota pubblicata sul nostro sito, il Consorzio non starà mai dalla parte di chi maltratta gli animali e auspichiamo che le autorità competenti facciano i dovuti controlli e prendano i giusti provvedimenti”.
LA NOTA DEL CONSORZIO DEL PROSCIUTTO DI PARMA
Relativamente a quanto andato in onda domenica 17 novembre all’interno della trasmissione Rai3 Report, dove è stato messo in discussione il sistema dei controlli della nostra Dop e si tenta ancora una volta di associare i produttori di Prosciutto di Parma ai casi di non rispetto del benessere animale che ha visto coinvolti alcuni allevatori, desideriamo puntualizzare quanto segue.
Il nuovo disciplinare del Prosciutto di Parma, entrato in vigore a settembre 2023 con l’obiettivo di migliorare ulteriormente la qualità, la distintività e le garanzie del Prosciutto di Parma, ha comportato regole qualitative più restrittive e un piano di controlli più severo.
I primi 12 mesi di controlli e rilevazioni effettuate dall’Organismo di Certificazione per verificare e garantire l’idoneità al nuovo disciplinare del Prosciutto di Parma, hanno fornito i seguenti risultati:
931.571 suini distolti dal circuito Dop
711.628 cosce fresche distolte dalla lavorazione del Prosciutto di Parma
71.334 prosciutti in stagionatura distolti dalla certificazione del Prosciutto di Parma
Questi risultati sono la testimonianza concreta dell’efficacia e della severità dei controlli effettuati sul comparto del Prosciutto di Parma; sono anche la risposta del Consorzio del Prosciutto di Parma a chi, per ideologia, discredita e delegittima in modo sistematico e pretestuoso il nostro Consorzio con la finalità di attaccare in modo più generale il settore delle carni, arrivando a gettare fango sulla serietà e la professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto, ai quali va tutta la nostra solidarietà.
Solidarietà che invece non possiamo assolutamente avere verso chi commette crimini contro gli animali, come i casi di alcuni allevamenti mostrati nel servizio di Report.
A tal proposito, a tutela dell’immagine e della reputazione delle 130 aziende che formano il Consorzio del Prosciutto di Parma, riteniamo doveroso precisare che gli allevamenti in questione non sono produttori di Prosciutto di Parma e, non essendo associati al nostro Consorzio, non abbiamo la facoltà di poterli radiare né, ovviamente, la titolarità di far chiudere delle aziende provocando anche il licenziamento del loro personale.
Il nostro Consorzio continuerà a garantire il rispetto delle regole della Dop per offrire il massimo della qualità a tutti i nostri clienti.