Cosa è rimasto di Equal, quindici anni dopo

Maria Di Saverio
19/10/2022
Tempo di lettura: 10 minuti

Gli embrioni della strategia dell’Unione europea per contrastare le disuguaglianze, l’emarginazione sociale e la discriminazione basata in particolare sul sesso o sull’orientamento sessuale, sull’origine etnica, sulla religione, sull’età o su un handicap sono rintracciabili nel cosiddetto “Trattato di Amsterdam”, primo tentativo di riformare le istituzioni comunitarie in vista dell’allargamento dell’Unione europea agli Stati dell’Est. Venne firmato il 2 ottobre 1997 dagli allora quindici Paesi membri dell’Unione europea. È entrato in vigore il 1º maggio 1999.

Animato dal diktat “oltre Maastricht”, anche per l’inefficacia di alcune modifiche istituzionali promosse dal trattato del 1992 denunciate dalle istituzioni europee negli anni precedenti, in particolare in occasione del Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995, i quindici articoli del “Trattato di Amsterdam” hanno apportato diverse novità sia sul fronte dei diritti sia su quello dell’occupazione.

Partendo dalla consapevolezza della crescente interdipendenza delle economie degli Stati membri e con il fine di rafforzare l’unione politica, il trattato ha dato vita, tra l’altro, alla cosiddetta “cooperazione rafforzata”, introducendo nel “primo pilastro” (la capacità di inserimento professionale) sia l’occupazione sia gli accordi di Schengen sulla libera circolazione di cittadini e merci in Europa sia il cosiddetto “Accordo sociale”, sottoscritto da quattordici Paesi.

Nel “Trattato di Amsterdam”, nel dettaglio, è stato inserito un nuovo titolo sull’occupazione (“Titolo VIII”), che prevede l’elaborazione di una strategia europea per l’occupazione e l’adozione annuale di linee di orientamento a beneficio degli Stati membri nella definizione delle rispettive politiche nazionali.

Attuate nei Piani d’azione nazionali di ogni Stato membro, tali linee di orientamento per l’occupazione si basano su quattro punti: la capacità d’inserimento professionale; lo spirito d’impresa; la capacità di adattamento; la parità di opportunità.

In parallelo al rafforzamento dell’occupabilità, il trattato ha attuato importanti principi contro la discriminazione. In particolare l’articolo 12 prevede il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità e l’articolo 13, integrando il precedente articolo, stabilisce che il Consiglio possa prendere le misure necessarie per combattere qualsiasi discriminazione basata sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

Per attuare tale strategia, la Commissione europea, tenendo anche conto dei risultati ottenuti con i programmi “Adapt” (adattamento della forza lavoro ai mutamenti industriali) e “Occupazione”, realizzati nel periodo 1994-1999, ha lanciato quattro nuove iniziative comunitarie per il periodo 2000-2008, presentate nel regolamento generale (CE) n. 1260/1999 sui Fondi strutturali: Equal, Interreg III, Leader+, Urban II.

Di particolare interesse per il carattere fortemente innovativo, l’iniziativa comunitaria Equal si è distinta dai programmi degli Obiettivi 1, 2 e 3 e dei Fondi strutturali in quanto laboratorio permanente di sperimentazione orientato ad elaborare e divulgare nuovi approcci di realizzazione delle politiche per l’occupazione. Essa ha rappresentato un modello che ha consentito di elaborare e di divulgare nuove forme di attuazione della Strategia europea per l’occupazione (Seo). L’obiettivo primario messo in campo è stato quello di contrasto alle diseguaglianze e alle discriminazioni di ogni tipo, comprese quelle di cui sono vittime i richiedenti asilo.

Equal ha, quindi, rappresentato un’esperienza d’avanguardia, innovativa e proficua, che ha spesso attuato soluzioni innovatrici basate sull’estro dei promotori e su buone pratiche. Alcuni progetti efficaci sono stati segnalati alle autorità politiche e di gestione per la loro integrazione (mainstream) negli interventi principali sostenuti nel quadro dei Fondi strutturali.

Le “medaglie” di Equal

Uno degli aspetti più interessanti dell’esperienza di Equal ha riguardato la cooperazione transnazionale, cioè gli scambi di conoscenze e di buone procedure tra Stati membri, una prassi che ha fatto da apripista per pratiche successive.

Un secondo aspetto ha riguardato il forte carattere innovativo, connesso sia ai processi (miglioramento degli approcci esistenti, nuovi metodi e strumenti, ecc.) sia ai fini (obiettivi che fanno affiorare nuove qualifiche e aree di occupazione) sia al contesto (nuove strutture amministrative o politiche, sistemi innovativi di intervento, ecc.).

Una terza “medaglia” è collegata al funzionamento, basato sulla partecipazione attiva. In termini operativi, ogni Stato membro presentava alla Commissione un Programma d’iniziativa comunitaria (Pic) nel quale esponeva la strategia e le modalità di attuazione di Equal. Ogni Pic garantiva un’analisi di contesto sotto forma di un’utile descrizione della situazione in materia di discriminazione e di diseguaglianze sul mercato del lavoro. Gli interventi erano riuniti in settori tematici e attuati nell’ambito di Partnership di sviluppo (Ps) geografiche o settoriali (le prime hanno riunito gli operatori interessati su un territorio geografico definito, le seconde hanno coperto un settore economico o industriale particolare). Queste hanno riunito una pluralità di soggetti interessati e competenti, dalle autorità pubbliche a livello nazionale, regionale o locale alle collettività territoriali, dai servizi pubblici per l’occupazione alle organizzazioni non governative (Ong), dalle imprese, in particolare quelle piccole e medie fino alle parti sociali. Pertanto, un altro carattere meritorio dell’esperienza è stato quello della collaborazione nel raggiungere obiettivi comuni nella lotta contro le diseguaglianze e le discriminazioni.

Altro aspetto centrale ha riguardato i beneficiari finali. Sono state naturalmente privilegiate le fasce più deboli del mercato del lavoro: extracomunitari, giovani disoccupati di lunga durata, ex carcerati o ex tossicodipendenti, portatori di handicap, donne.

Gli Stati membri hanno basato la loro strategia per Equal su settori tematici specifici nell’ambito dei quattro pilastri relativi alle linee di orientamento per l’occupazione (oltre al settore tematico dei “richiedenti asilo”), quindi: la capacità di inserimento professionale (occupabilità), facilitando in particolare l’accesso al mercato del lavoro di coloro i quali incontravano difficoltà a integrarsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro, anche a causa del razzismo e della xenofobia; lo spirito d’impresa, con particolare attenzione al potenziamento dell’economia sociale, del terzo settore e, segnatamente, dei servizi d’interesse pubblico, concentrandosi sul miglioramento della qualità dei posti di lavoro; la capacita di adattamento, anche promuovendo la formazione durante l’intero arco della vita e favorendo l’assunzione e il mantenimento del posto di lavoro per coloro che subiscono discriminazioni o diseguaglianze di trattamento nel mondo del lavoro; la parità di opportunità per le donne e gli uomini.

Per ciascuno dei settori tematici d’intervento, Equal ha sostenuto quattro azioni distinte: la realizzazione di partnership di sviluppo e di cooperazione transnazionale, l’attuazione dei programmi di lavoro delle partnership di sviluppo, la messa in rete tematica di diffusione e di integrazione nelle politiche per l’occupazione e per il mercato del lavoro e l’assistenza tecnica per facilitare la ricerca di partner e il consolidamento di partnership per la cooperazione transnazionale, raccogliere, pubblicare e divulgare l’esperienza acquisita e i risultati ottenuti, sostenere la messa in rete tematica e garantire una cooperazione alla messa in rete a livello europeo, nonché la suddivisione di tutte le informazioni fra gli Stati membri e la Commissione.

Emblematiche esperienze

Le “storie di Equal” hanno gettato luce su iniqui contesti di emarginazione, facendo emergere talenti e potenzialità. Hanno soprattutto dimostrato che le disuguaglianze costituiscono un ingiusto freno alla capacità di liberare risorse. In molti casi, grazie a questi progetti, si è contribuito alla diffusione dei saperi e delle conoscenze, ad esempio attraverso l’istituzione di centri di documentazione, antidoto alla diffidenza basata sull’ignoranza. Il racconto e la contestualizzazione delle storie, anche a distanza di anni, può contribuire a contrastare pregiudizi e preconcetti alla base delle ineguaglianze.

Uno dei tanti elementi emersi nelle molteplici esperienze, ad esempio, è che i cittadini stranieri, messi nella condizione di studiare, possono rendere meglio della media. Ad attestarlo sono stati gli stessi insegnanti. Le persone che vengono da altri contesti hanno più motivazione, maggiore tenacia, ma anche creatività affinata in percorsi umani a volte complicati, che hanno richiesto estro e adattabilità. La persona che studia, prendendo coscienza dei propri diritti, è favorita nell’uscire dalla ghettizzazione e dalla discriminazione. Tra le esperienze di Equal, interessante quella con alcuni cittadini di origine macedone.

Analogamente, anche messi nella condizione di lavorare, i cittadini stranieri emarginati dimostrano serietà e impegno.

Altre proficue esperienze sono quelle che hanno confermato come la musica – ma l’arte in genere – costituisca uno straordinario strumento per abbattere le barriere. Favorire la vocazione musicale o artistica di cittadini emarginati è un ottimo viatico per combattere preclusioni e stupidi tabù. Tra i progetti più interessanti in tal senso, quello riguardante i Sinti in Alto Adige, provenienti per lo più dalla ex Jugoslavia, progetto che ha anche permesso la salvaguardia del loro patrimonio musicale, normalmente non trascritto ma tramandato di padre in figlio. Va ricordato che la popolazione dei Rom/Sinti è la più consistente minoranza etnico-linguistica d’Europa, con non meno di sette milioni di presenze, di cui circa 150mila in Italia.

Questa comunità richiama il tema del nomadismo perduto, frutto della dissoluzione di quello medievale. L’abitare lo spazio con libera soggettività non è più tollerato: “Il Nomade viene guardato con sospetto dai guardiani dell’Occidente, come si trattasse di una spina nel fianco dell’ordinamento sociale che ci accoglie e ci definisce. Non è possibile oggi essere liberi di muoversi nello spazio perché ogni strada ha già una sua provenienza ed una sua meta predefinite: ed in più, tutte le strade sono orientate verso la capitale che è oggi la personificazione del capitale, la città del profitto e della produzione – come hanno scritto Roberto Costa e Raffaele Mantegazza in Le strade del desiderio.

Una risposta allo spinoso tema può venire dalla divulgazione della cultura nomade, sconosciuta ai più. Positiva, ad esempio, l’attivazione di centri stabili di documentazione o di mostre permanenti.

Da ricordare anche i numerosi progetti Equal riguardanti una tematica troppo spesso trascurata: il reinserimento dei detenuti nel contesto lavorativo. In termini concreti l’iniziativa europea ha permesso a centinaia di ex detenuti di fuoriuscire dall’emarginazione, ricostruendo un percorso occupazionale e di vita.

Tanti progetti collegati ad Equal sono nati su iniziativa di cooperative, motori pulsanti del terzo settore, il cui apporto spesso non è adeguatamente riconosciuto. Imprese sociali che, combattendo diseguaglianze, hanno integrato soggetti fragili.

Molteplici i settori economici di intervento, tra cui il recupero degli scarti, come il caso dei rifiuti elettronici al centro dell’attività di un’iniziativa abruzzese. O la sartoria, ambito di facile integrazione e di soddisfazioni personali, e in genere le attività artigianali. Tante anche le cooperative legate alle produzione alimentari biologiche, nate nella logica di un’agricoltura di piccola scala, rispettosa dell’ambiente, naturalmente più sostenibile di un’agricoltura massiva grazie alla rotazione delle coltivazioni e al rispetto della stagionalità e della produzione locale.

L’inserimento socio-lavorativo dei migranti passa per la mediazione linguistico-culturale. Conferma attestata da molteplici ricerche effettuate in ambito Equal, tra cui quella svolta dal Creifos del Dipartimento di Scienze dell’educazione, Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Roma Tre. Il lavoro ha delineato un quadro del settore della mediazione linguistico-culturale in Italia con particolare riferimento ai percorsi formativi seguiti dai mediatori e ai servizi di mediazione attivi nei settori di intervento, presi in considerazione dal progetto (scuola e strutture penitenziarie). L’obiettivo di tale ricerca è stato quello di definire il ruolo del mediatore e la sua formazione, passando da un’analisi delle esperienze recenti e dalla individuazione dei nuovi bisogni formativi emersi, nonché da una prima valutazione del contributo apportato dall’inserimento dei mediatori culturali nei servizi per l’utenza immigrata.

Cosa resta, a distanza di quindici anni, di quel patrimonio? Purtroppo molte di quelle iniziative – non più supportate – hanno chiuso i battenti. Ma i semi hanno continuato a dare frutti, trasferendo quelle esperienze in altri ambiti. Farle riemergere è utile non solo per non disperdere un patrimonio di sapere e di valori acquisito sul campo, ma anche per continuare a combattere mai sopiti atteggiamenti di emarginazione attraverso le strade più idonee verificate grazie all’iniziativa europea.

(Giampiero Castellotti e Maria Di Saverio)

Maria Di Saverio