COMMENTI / La “lezione” della Marmolada

Giampiero Castellotti
04/07/2022
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La Marmolada è la Regina delle Dolomiti. Patrimonio dell’Unesco, questo suggestivo gruppo montuoso si estende tra il Veneto (Belluno) e il Trentino (Trento) con una ventina di vette, dai 2.400-2.500 metri d’altitudine fino ai 3.309 di Punta Rocca (dove c’è stato il distacco, una valanga venuta giù per due chilometri) e ai 3.343 di Punta Penia. È uno dei simboli del turismo d’alta quota, dell’alpinismo, del ciclismo. Ma oggi, all’indomani di una tragedia, diventa anche – amaramente – uno degli emblemi della crisi climatica e del disastro compiuto dall’attività umana.

Il distacco di un blocco di ghiaccio per il troppo caldo, con tante vite travolte, dovrebbe per l’ennesima volta interrogarci sui gravi problemi ambientali, sul clima impazzito e sull’inquinamento, sulle conseguenze economiche e sociali di questo dissesto. Eppure questa emergenza, ormai davanti agli occhi di tutti, non riesce a diventare priorità per la politica, impegnata più ad occuparsi di armamenti che non della salvaguardia del nostro futuro. Di quello delle nuove generazioni.

La pandemia che non scompare, la crisi idrica che presto trasformerà l’acqua nel più importante strumento di geopolitica, un po’ come paradossalmente sta avvenendo per il grano e per l’agricoltura in Ucraina (con le multinazionali del settore che stanno facendo incetta di terreni), gli incendi, l’inquinamento, l’invasione delle specie aliene, la scomparsa della biodiversità, non sono più campanelli d’allarme di cui si parla da decenni. Sono emergenze che rischiano seriamente di diventare endemiche.

Molti testimoni raccontano che la condizione del ghiacciaio della Marmolada era nei giorni scorsi alle stesse condizioni di fine settembre, cioè al termine della stagione estiva. Chi conosce quelle montagne racconta di non aver mai visto uno spettacolo del genere. Le temperature primaverili superiori alla media, ma anche le scarse nevicate dell’inverno, hanno provocato il parziale scioglimento del manto nevoso superficiale. Ha raccontato Reinhold Messner all’Agi: “Sono salito più volte sulla Punta di Rocca, ma non vado lì da tanti anni ormai. Il ghiaccio lì è quasi tutto andato, non c’è più ghiaccio. Questi seracchi cadono, certo, per la gravità, ma la causa vera, originaria, è il caldo globale, che fa sciogliere i ghiacciai e rende più probabile che si stacchi un seracco”.

La Marmolada, purtroppo, non è sola in questo disastro. In tutta Italia, la portata di fiumi e laghi è un bollettino di numeri preoccupanti: i dati sono pericolosamente sotto il livello di guardia. Anche di una decina di metri. E in montagna si parla di “nuovo clima”: le condizioni abituali stanno sparendo, il disequilibrio genera nuovi fenomeni.

Servirà una concreta presa di coscienza collettiva, che dovrà coinvolgere in primis gli amministratori.

Giampiero Castellotti