“Sulla base dei numeri provenienti da alcune ‘regioni chiave’, dove, e non è certo un caso, la carenza dei professionisti dell’assistenza ha raggiunto il punto di non ritorno, non possiamo che esprimere fondata preoccupazione per quello che, agli occhi dei media e della collettività, ma soprattutto della politica sanitaria, appare come l’ennesimo campanello di allarme”.
Esordisce così Marco Ceccarelli, segretario nazionale del Coina, sindacato delle professioni sanitarie. Tutte le sedi della Regione Piemonte presentano il segno meno, tranne Città di Torino e Città della salute che compensano solo in minima parte la forbice tra fabbisogno e domande di ingresso nel territorio. La Lombardia, primo territorio italiano per carenza di infermieri, ben 10mila, e tallone d’Achille della sanità italiana, presenta, al pari del Piemonte, numeri poco gratificanti. Siamo di fronte ad un palese sintomo di disinteresse, nonché un chiaro segnale delle problematiche strutturali che affliggono la realtà infermieristica: condizioni di lavoro poco gratificanti, che vanno dai salari inadeguati ai turni massacranti, passando per gli organici ridotti all’osso, fino alle scarse opportunità di carriera e all’accesso limitato a percorsi di studio avanzati.
E’ lecito a questo punto chiedersi, allo scopo di non nascondere la testa sotto la sabbia, per trovare, tutti insieme, soluzioni urgenti per arginare la crisi, quale futuro avrà la nostra sanità pubblica, senza gli indispensabili ricambi generazionali. Dovrebbe pensarci la politica, ma a quanto pare l’indispensabile piano capillare di assunzioni non è stato fin qui risolutivo, anche perché, lo dimostrano i bandi dei concorsi che continuano a essere semi deserti, le offerte economiche non sono gratificanti.
Inutile nascondersi: la qualità delle cure, senza un adeguato numero di infermieri, senza un piano risolutivo che copra la voragine oggi arrivata a 150mila unità, continuerà a ritrovarsi minata nel profondo. La soluzione può solo essere quella di investire maggiori risorse nei talenti che abbiamo a disposizione, senza cercare vie traverse e optare per scelte paradossali. Solo così, agli occhi della collettività, agli occhi dei giovani che si trovano a compiere una scelta per il proprio futuro, la professione infermieristica riacquisterà il credito che merita.
Ci stupisce, in questi giorni, l’avanzamento del progetto dell’Assistente Infermiere, che altro non è che un Oss con un corso di formazione base aggiuntivo di 500 ore. Siamo di fronte palesemente ad una figura surrogata che abbassa la qualità delle prestazioni. Le politiche si interroghino fino in fondo, risolvendo, doverosamente, il dramma della carenza infermieristica con un percorso di valorizzazione economica e contrattuale consono alle elevate responsabilità degli infermieri, al talento, alle competenze che essi rappresentano, anziché cercare pericolose scorciatoie che non faranno altro che abbassare la qualità delle cure, minando ulteriormente la stabilità della professione infermieristica».
Così Marco Ceccarelli, segretario nazionale del Coina, sindacato delle professioni sanitarie. (Abstract)