Agriturismi: un settore in crescita dopo la pandemia

Vanessa Pompili
28/11/2022
Tempo di lettura: 9 minuti

Un luogo dove è possibile scoprire sapori, usi e costumi delle tradizioni locali che per molti versi rappresentano l’intelaiatura della storia nazionale. L’agriturismo alimenta, ed è a sua volta alimentato, da uno specifico modello culturale che fa della sicurezza e della sostenibilità due delle parole d’ordine che, ancora di più dopo la crisi sanitaria dovuta alla pandemia, fanno da guida alle strategie degli imprenditori che operano in questo settore. I dati del 2021 danno infatti conto della ripresa di questo settore sia in termini di una positiva dinamica demografica delle aziende, sia in relazione al numero di agrituristi ospitati nelle strutture, sia infine per la crescita del valore economico delle aziende stesse.

È la fotografia scattata dall’Istat nel rapporto “Le aziende agrituristiche in italia – anno 2021 tra pandemia e resilienza” che evidenzia comel’importanza della rete agrituristica all’interno del mondo rurale sia evidente non solo in termini di crescita del numero di strutture, ma anche per la loro diffusione e densità territoriale a livello comunale.

Tra il 2011 e il 2021, le strutture agrituristiche sono aumentate del 24,4 per cento. Rispetto allo scorso anno le nuove aziende sono 330. Se si considerano solo le strutture con alloggio che, per numero e importanza economica, formano l’attività principale di questo settore, la crescita rispetto al 2011 è del 23,2 per cento, con un tasso medio annuo di crescita dell’1,9 per cento. Infine, le aziende agrituristiche che svolgono anche attività di fattoria didattica, una funzione sociopedagogica che nel tempo ha acquisito grande importanza, sono aumentate del 76,6 per cento.

Degli 8.092 comuni del 2011, il 58 per cento di questi ospitava almeno una struttura agrituristica; nel 2021 i comuni si riducono a 7.904 e di questi il 63,3 per cento ne ha almeno una nel proprio territorio. Questa dinamica territoriale interessa tutte le macro-aree geografiche. Nel 2021 i comuni del Centro che ospitano almeno una struttura sono l’84,7 per cento (erano il 77 per cento nel 2011), quelli del Nord-est sono il 78,6 per cento (74,2 per cento nel 2011), seguono le Isole con il 62,6 per cento (58,5 per cento), il Sud con il 56,9 per cento (53,4 per cento) e il Nord-ovest con il 52,5 per cento (46,5 per cento). Nel 54,7 per cento dei comuni si localizzano da 2 a 10 aziende, nell’8,9 per cento da 11 a 50, nel 2 per cento più di 50. I comuni con almeno 100 di queste strutture sono 11 (Appiano sulla strada del vino, Assisi, Caldaro sulla strada del vino, Castelrotto, Cortona, Grosseto, Manciano, Montalcino, Montepulciano, Noto, San Gimignano).

Torna a crescere il valore economico delle aziende agrituristiche – Nel 2021 il valore corrente della produzione agrituristica è di poco superiore a 1.162 milioni di euro e contribuisce per il 3,3 per cento alla formazione del valore economico dell’intero settore agricolo nel quale le aziende agrituristiche incidono per il 2,2 per cento. Rispetto al 2020 il valore economico delle aziende agrituristiche cresce del 44,8 per cento ma rimane ancora sotto il livello pre-pandemia del 2019 (-26 per cento). L’incremento varia dal 51,7 per cento del Nord-est al 44,8 per cento del Nord-ovest, del Sud e delle Isole, fino al 38,3 per cento del Centro. Poco più 50 per cento del valore economico è generato dalle aziende agrituristiche del Nord, in particolare da quelle del Nord-est (39,3 per cento). Il contributo del Centro e del Mezzogiorno è pari rispettivamente al 37,5 per cento e al 12,2 per cento. Fino al 2019 l’andamento del numero di aziende segue, anche se con fluttuazioni più contenute, quello delle presenze e del ciclo economico. Nel 2020, in seguito all’emergenza sanitaria, si registra una differenziazione tra il valore economico, le presenze e il numero di aziende. Il lockdown imposto per contenere la diffusione del Covid-19 ha prodotto effetti gravissimi sulle presenze e quindi sul valore economico, ma, al contempo, non ha inciso sull’articolazione e la solidità della rete agrituristica, che nel 2021 si è trovata pronta ad accogliere i turisti e a innescare una nuova fase di crescita economica che ha superato i livelli pre-pandemia.

Ritornano gli agrituristi stranieri, si consolida la presenza di quelli italiani – Nel 2021 gli arrivi nelle strutture agrituristiche hanno superato i 3 milioni registrando un forte recupero rispetto al 2020 (+36,9 per cento), ma non rispetto al 2019 quando gli arrivi erano stati 3,2 milioni. Gli agrituristi italiani aumentano del 23,6 per cento e quelli stranieri del 68 per cento (669mila nel 2020,1,2 milioni nel 2021). Complessivamente, nello stesso periodo, gli arrivi sono aumentati del 41,2 per cento: l’incremento per gli italiani è del 32,1 per cento, per gli stranieri del 62,9 per cento. Le strutture del Centro e quelle del Nord-est, con il 41,3 per cento e il 31,5 per cento di agrituristi, si confermano le più attrattive; spiccano la Toscana (28,8 per cento) e la provincia autonoma di Bolzano (12,1 per cento). Rispetto al 2020, gli arrivi variano tra il +24,1 per cento del Nord-ovest e il +43,6 per cento delle Isole. In particolare, gli agrituristi dall’estero ospitati nelle strutture del Sud e del Centro sono più del doppio rispetto al 2020 (rispettivamente +109 per cento e +107 per cento). D’altra parte, sul fronte interno, l’aumento più significativo di agrituristi italiani si registra nelle Isole (+31,7 per cento) e nel Sud (+21,9 per cento). Si riduce il divario tra italiani e stranieri ospitati nelle strutture agrituristiche: nel 2021 il rapporto tra agrituristi italiani e stranieri è di 17 a 10 (era di 23 a 10 nell’anno precedente); in particolare di 10 a 1 per il Molise e di 8 a 1 per Lazio e Basilicata, che sono le regioni con le aziende meno selezionate dai clienti. Le presenze superano i 12 milioni (+36,9 per cento rispetto il 2020) e nel 53 per cento dei casi si tratta di italiani (erano il 61 per cento nel 2020). La permanenza media (numero di notte trascorse) è circa 3,4 giorni per gli italiani e 5 giorni per gli stranieri (prima della pandemia 4,6 giorni per gli stranieri e 3 per gli italiani).

Vincenti le strutture con un maggiore numero di servizi offerti – Tra il 2011 e il 2021 le attivazioni sono state 18.547 contro 13.270 cessazioni, con un saldo positivo di oltre 5.200 strutture. Sul territorio le attivazioni variano tra l’1,8 per cento del Sud e l’8,4 per cento delle Isole, le cessazioni tra lo 0,8 per cento delle Isole e il 4,1 per cento del Centro. Il rischio di cessazione dipende anche dalla capacità del conduttore di intercettare e adeguare l’offerta di servizi alla domanda. Oltre all’alloggio, alla ristorazione e alla degustazione, che rappresentano l’offerta base, sono state rilevate altre sette tipologie di servizi (escursionismo, equitazione, fattorie didattiche, mountain bike, osservazioni naturalistiche, sport, trekking). Queste attività, che sono le più diffuse nel mondo delle aziende agrituristiche italiane, sono per molti versi connesse alle peculiarità geografiche e alle tradizioni delle diverse località che ospitano le strutture e, al contempo, ne connotano sia la specificità economico-commerciale che quella socio-culturale. Delle 13.270 aziende agrituristiche cessate negli ultimi 11 anni, circa il 25 per cento aveva una bassa offerta economico-commerciale (nessuno o un solo servizio), oltre il 90 per cento non offriva alloggio, ristorazione e degustazione e poco più dell’80 per cento offriva non più di 3 servizi (offerta medio-bassa). Nel 2021 le aziende agrituristiche che hanno cessato l’attività sono 818 (1.385 nel 2020). Il 91,3 per cento di queste strutture non offriva alloggio, ristorazione e degustazione. La permanenza media sul mercato è di 14 anni e varia tra i 12 anni nel Sud e i 16 nel Nord-est. Le imprese attive nel 2021 hanno una vita media di poco inferiore a 11 anni. Le aziende più longeve sono quelle nel Nord-est, con 12 anni, quelle meno longeve sono invece localizzate nelle Isole, con una vita media di 9 anni.

Multifunzionalità: la “via italiana” alla resilienza delle aziende agrituristiche – La multifunzionalità è innanzitutto una strategia economico-imprenditoriale che ha notevoli ricadute sia in campo sociale (si pensi alle fattorie didattiche), sia in quello ecologiconaturalista. La multifunzionalità sembra quindi caratterizzare questo settore, rendendolo ancora più peculiare nel panorama internazionale e sembra essere una delle “vie italiane” alla modernizzazione dell’intero comparto agricolo. Nel 2021 le aziende agrituristiche che offrono almeno 3 servizi (multifunzionali) sono 9.559 (+21,3 per cento rispetto al 2011) e rappresentano il 37,6 per cento delle strutture attive. Quelle che svolgono almeno due attività (bifunzionali) o una sola attività (monofunzionali) sono rispettivamente il 42,4 per cento e il 19,9 per cento. Nel 2021 l’incidenza maggiore di aziende agrituristiche multifunzionali si registra nelle Isole (51,5 per cento), seguono Nord-ovest (42 per cento), Sud (39,9 per cento), Centro (36,4 per cento) e Nord-est (32,5 per cento). Tra le aziende agrituristiche che offrono alloggio il 48,1 per cento è di tipo multifunzionale, quota che sale al 57 per cento e al 61,5 per cento tra le strutture che fanno servizio di ristorazione e degustazione, arriva oltre l’80 per cento per le fattorie didattiche e supera il 90 per cento per le altre attività. Circa il 38 per cento delle aziende agrituristiche multifunzionali è condotto da donne (il 34,3 per cento nel 2011), con un’età media di 50 anni (era superiore ai 55 nel 2011), circa due anni in meno rispetto alle conduttrici di aziende non multifunzionali. L’età media dei conduttori maschi è invece di poco superiore ai 52 anni, leggermente più bassa di quella dei conduttori di aziende non multifunzionali. Il 37,7 per cento delle aziende a conduzione femminile si localizza nel Centro, il 17,8 per cento nel Nord-est, il 17,5 per cento al Sud, il 16,8 per cento nel Nord-ovest e il 10,2 per cento nelle Isole.

Vanessa Pompili